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SAN FRANCESCO E L’ENIGMA DELLE MONETE LUCCHESI

 

 

 

 

SAN FRANCESCO E L’ENIGMA DELLE MONETE LUCCHESI

1* La copertina che vedete riprodotta è quella di una ricca e accurata monografia sugli scavi e i sondaggi stratigrafici condotti nella chiesetta di San Damiano nei dintorni di Assisi, strettamente legata ai primi episodi della conversione di san Francesco. S. Damiano fuori le mura è luogo della Spirito. Qui si stabilirono le “damianite” di santa Chiara, secondo la regola della povertà, e vi restarono fino a quando non si trasferirono nel convento della basilica della Santa. I lavori di scavo archeologico erano iniziati nel 1989. Ma la prima tappa risaliva al 1968, con l’adeguamento della chiesa alle norme liturgiche del Concilio. La seconda tappa (1989 – 1993) consistette nella bonifica generale di San Damiano (pavimenti, solai, tetti, intonaci, pitture, arredi lignei, ecc.). La terza tappa (1995 – 1997) riguardava l’ossatura del santuario anche in previsione di un sisma (ciò era già accaduto nel 1984). La quarta e ultima tappa si concretizzò dopo il terremoto del 1997, e fu questa l’occasione per un esame stratigrafico completo dell’ambiente ecclesiale.1

La zona di San Damiano si trova a meta costa, tra Assisi e Rivotorto. E’ caratterizzata da abbondanza d’acqua proveniente dalle vene del monte Subasio, ed è una zona coltiva tipicamente collinare, con oliveti e campi di grano. L’antropizzazione risale ad età umbro-romana. La stessa chiesetta alto medievale sorse su resti precedenti di non facile qualificazione, riutilizzandone lo spazio e i materiali lapidei (si è pensato anche a un mitreo). L’asse viario antico collegava Assisi est con la bella e irrigua vallata sottostante. Leggende di martiri e di primi vescovi come quella di s. Feliciano e di s. Savino sembrano legarsi a questo luogo.2

All’epoca di s. Francesco (1206) San Damiano era già cadente per vetustà e semi abbandono.3 L’edificio doveva essere antico. Un atto del 1103 registra una donazione alla chiesa di San Damiano di libri, paramenti e campane. In questa chiesa era posto il famoso crocefisso, un Cristo trionfante di fattezze bizantine, che avrebbe parlato al Santo. Poiché, il dato storico francescano appare innegabile, la presenza in quella chiesetta di questo crocifisso,4 oggi conservato nella Basilica di Santa Chiara, sta a significare la sua presumibile provenienza dal duomo di San Rufino, che al momento della nascita di s. Francesco doveva essere pressoché ultimato e ufficiato.5

La zona è molto bella sia dal punto di vista naturale che paesaggistico.6 Non desta meraviglia che qui Francesco abbia composto il Cantico delle Creature.7 Le ricche proprietà terriere della gens Propertia dovevano comprendere anche questa zona, dirigendosi poi verso Bevagna, posta a sud, sul versante opposto della pianura. All’inizio della strada in discesa che porta a San Damiano rimangono i ruderi imponenti del monumento funebre di Paolo Passenno Properziano, amico di Plinio il giovane, municipale e discendente di Sesto Properzio. Si avverte in questi luoghi il lungo respiro della storia.

Due antiche lapidi, rintracciate nella zona di San Damiano, hanno notevole importanza. La prima lapide è un frammento di travertino con dedica sacra in antica lingua umbra: Arentei O… (F)iso sacr… Misura 14 x 34 centimetri. Era stata reimpiegata in un sedile litico nel vano di una finestra del dormitorio di S. Chiara nel convento di San Damiano.8Herentas è Cerere, mentre Fiso Sanco è il custode dei confini tra i campi. La lapide si riporta ai confini sacri dei campi di grano.9 La seconda lapide identifica una Volcacia Hospita, provando le relazioni tra le gens Propertia di Assisi e la gensVolcacia-Velcha di origini etrusche.10

La zona di San Damiano era salubre e ricca di presenze antropiche in età umbro-romana. Qui fiorì in età cristiana (dopo il IV secolo) il culto dei santi martiri Cosma e Damiano che erano dei medici. La chiesetta di San Damiano, a una sola navata, dovrebbe risalire al VII -VIII secolo. In precedenza era stata un complesso insediativo umbro-romano, forse con un tempietto cultuale o addirittura un “mitreo”.11La fertile costa di Assisi, che d’alto monte pende,12 contempla in primis la zona di San Damiano, che dolcemente declina a valle tra gli uliveti e il grano. Il monte Subasio è prodigo di vene idriche, addirittura pregiate.13

La chiesetta di San Damiano, antica parrocchia rurale, era in stato di semi abbandono quando Francesco vi trovò rifugio. L’episodio dovrebbe risalire al 1206. Preferiamo seguire la narrazione del Fortini.14 Francesco si fa oblato. Aveva venduto a Foligno i panni e il cavallo. Tonando ad Assisi piedi, offrì a Pietro15 – così si chiamava il vecchio sacerdote di San Damiano – il ricavato. Il prete non volle accettare l’offerta. Allora Francesco gettò il denaro da una finestra che si apriva nel muro della chiesa. In seguito si mise a riparare le chiesette cadenti, il che significa una situazione di parziale abbandono dei campi passati ad altri proprietari, e un quadro sociale mutato rimpolpando la città e le sue attività economiche entro le mura. La desuetudine del luogo sacro di San Damiano è un dato storico antropologico. La presenza del Crocefisso bizantino ricordava altri tempi. Va Francesco e ripara la mia casa. La narrazione è leggendaria ma è anche significativa. E’ il cuore a parlare. Francesco oblato è solo, ma ha già fatto la sua scelta. Prima di tutto vengono i lebbrosi, gli ultimi.

Il movimento sorgerà di lì a poco, e l’atto di fondazione avvenne nella chiesa del mercato e dei mercanti, a San Nicolò de pede plateae. I primi tre compagni: Francesco, Bernardo e Pietro Cattani.16

2* Tornandoal punto di partenza,il ricco resoconto dei lavori archeologici e stratigrafici a San Damiano, ha permesso di localizzare con sicurezza lo strato francescano del 1206, con una straordinaria sorpresa. In questo strato furono rintracciate 9 monete identiche d’argento: il tesoretto era stato deposto in una fossa praticata intenzionalmente nella pavimentazione al di sotto della struttura identificata come ambone, accanto all’altare. L’ambone è il rialzo che funge da leggio per il Vangelo. Lo strato rivelava i lavori di restauro eseguiti da s. Francesco, e la sorprendente scoperta delle 9 monete in questo strato è stata interpretata dagli studiosi come deposito devozionale, come rito di consacrazione. Se non che, 11 monete dello steso tipo, tutte uguali una all’altra, erano state rinvenute il 12 dicembre 1818 nel sepolcro del Santo sotto l’altare maggiore della chiesa inferiore della Basilica di San Francesco (tomba).17

I dati sono due: le 9 monete recuperate dagli archeologi nell’ultima tappa, in corrispondenza dello strato del 1206, e le 11 monete identiche ritrovate nel 1818 all’interno del sepolcro originario del Santo. Ciò che non è avvenuto per la sepoltura di s. Chiara, riportata in luce nel 1850.

Prima di affrontare il tema specifico delle monete, di conio lucchese come si chiarirà, è bene riprodurne l’immagine fotografica, insieme con quella del misterioso anello di Minerva, una corniola antica, che giaceva anch’esso nella tomba di s. Francesco *[quest’anello, certificato e descritto negli atti e fedelmente riprodotto in due disegni, è misteriosamente sparito non molto tempo dopo il ritrovamento]. E’ illogico appellarsi a vecchie usanze. Qui la faccenda è assolutamente anomala ed è del tutto singolare. Ha un suo preciso significato, che non si può fare a meno di indagare in sé e per sé, senza doversi riportare a paragoni impropri o ipotesi incongrue. Qui i fatti parlano da soli. La prima riproduzione concerne le 11 monete lucchesi recuperate nella tomba di s. Francesco nel 1818. La seconda riproduzione concerne l’anello col simbolo di Minerva. Furono ritrovati anche dei grani d’osso intarsiati, che si suppone formassero una collana di filo di refe.

Ciò che ci riguarda è la perfetta identità di genere delle 9 monete lucchesi recuperate nella fossa accanto all’altare, a San Damiano. In tutto 20 monete. Gli autori della monografia del 2005 ne riproducono 7, a recto e a verso. In realtà sono 9. Il dato è certificato nello specifico articolo di Andrea Saccocci.18

Si tratta dello stesso gruppo della classificazione Maztke, inerente ai c.d. “enriciani” di Lucca, giacché questo privilegio di battere moneta, risale agli imperatori Enrico III, IV e V di Franconia, nel periodo compreso tra il 1039 e il 1125.

Le monete lucchesi, con scarso quantitativo d’argento, ebbero lungo corso, costituendo la moneta corrente all’età di s. Francesco anche in Umbria. Il gruppo Maztke risale al 1180 -1200. Si può affermare che nel 1206 erano in circolazione. Questi “enriciani” lucchesi erano la moneta di Assisi al tempo del Santo.

Secondo Saccocci, le 9 monete lucchesi dello strato 1206 di San Damiano corrisponderebbero al salario giornaliero di un operaio medio.

Ciò che rileva è che le monete di San Damiano e quelle della tomba del Santo sono dello stesso tipo e dello stesso gruppo. Lo studioso si riservava di approfondire la questione, fermo restando che le 9 monete di San Damiano, rivenute sotto la struttura identificata come ambone (leggio dei Vangeli), erano state deposte in una piccola fossa sotto la pavimentazione dell’edificio romanico, riempita e sigillata dall’argilla che in questa stratigrafia o fase si riporta con certezza al periodo francescano, vale a dire ai lavori di restauro e di bonifica del 1206 eseguiti personalmente da Francesco. Aggiungiamo noi, coadiuvato dai primi compagni del posto. Il tesoretto è composto da monete lucchesi pertinenti alla stessa tipologia di quella recuperate nel 1818 all’interno del sarcofago di s. Francesco. Tale identità non è casuale e non corrisponde ad alcun rito che non abbia riguardo direttamente al Vangelo. Riteniamo di aver trovato la soluzione.

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3* L’evangelista Luca, che era un medico, è quello della mansuetudine di Gesù.19 Il Vangelo di Luca riporta un episodio, in cui i sommi sacerdoti domandano a Gesù con quale autorità egli facesse quelle cose. Gesù pone l’argomento se il battesimo di Giovanni venisse da Dio o dagli uomini. Nel promo caso, allora perché Giovanni non fu creduto? Nel caso opposto, i sommi sacerdoti avrebbero avuto contro il popolo che a Giovanni aveva creduto.20 Seguono 3 parabole: quella dei vignaioli omicidi, il tributo a Cesare,21 la resurrezione dei morti. Nella parabola dei vignaioli figura il versetto biblico22 della pietra d’angolo, scartata dai costruttori. La parabola della resurrezione riguardava il caso ‘giuridico’ della moglie successiva di 7 fratelli. Di chi sarà moglie, se i corpi risorgono? In precedenza Luca aveva riportato la parabola delle mine.23 E prima ancora aveva riportato l’episodio dei 10 lebbrosi.24 In cammino verso Gerusalemme, Cristo incontra e guarisce 10 lebbrosi, di cui uno soltanto, dopo essersi accorto del miracolo, torna indietro a ringraziare Gesù. Costui era un samaritano.

In Luca 15, sono riportate le 3 parabole della misericordia.Va ricordato che nel Testamento di s. Francesco leggiamo che agli inizi della conversione una volta fece “misericordia” con i lebbrosi, e che ciò che prima gli sembrava amaro e ripugnate gli si fece dolce e grato. Francesco era a cavallo quando ebbe il primo incontro.

La prima parabola della misericordia è la pecora smarrita. La seconda parabola è quella della dracma perduta. La terza è il figliol prodigo. La parabola della dracma perduta, e poi ritrovata, è presente nel solo Vangelo di Luca. Il legame è evidente. Il Vangelo di Cristo permette e promette che ognuno ritrovi se stesso. Al figlio che obiettava sulla condotta scriteriata del fratello, rispose il padre: Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo, ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato.

Questi passi evangelici riportano, in sintesi, la “metanoia” di Francesco, mercante e figlio di mercante, che si converte. E’ gaudio al cospetto degli angeli di Dio per un solo peccatore che si penta.

4* Francescosi era domandato il senso delle cose, che significasse per lui la ‘sua’ vita, il desiderio di nobiltà e d’avventura, l’affanno quotidiano, il tesoro che è nel Regno, dove non c’è né muffa, né tignola. E la povertà, con la condizione degli ultimi e degli afflitti. Si aggirava a cavallo, tra città e pianura, tra San Damiano e i campi a valle, e vedeva i fiori, i ruscelli, gli olivi, le messi rigolgiose, la gente piegata al lavoro: e i poveri, e i lebbrosi. Il cervello è una mosca che ronza, la natura stessa è ronzante, le mosche del suo cavallo, i pensieri, le speranze. Tutto ciò che si contrappone tra vita e morte: ciò che è vita, e che seguita dunque a ronzare. O una carogna, che si decompone da sola, tra i vermi e l’ammoniaca forte. E le stagioni che cambiano, e il tempo che va. Ed ecco i lebbrosi: era l’inizio dell’estate.

Non conosciamo – pari pari – le parole autentiche del Santo, tranne il Cantico, composto a San Damiano, nell’ultimo periodo della sua vita. Era l’inizio dell’estate quando per caso incontrò i lebbrosi. Qui è scattata la molla. Giacché tutto è nel tutto. Il Signore così diede a me, fratello Francesco, di iniziare a fare penitenza, poiché essendo nei peccati, troppo mi sembrava amaro vedere i lebbrosi. E lo stesso Signore mi condusse inmezzo a loro e feci misericordia con loro. E allontanandomi da loro, ciò che mi sembrava amaro mi si trasformò in dolcezza d’animo e di corpo. E poi un poco stetti e uscii dal secolo.

E dopo che il Signore mi diede dei fratelli, nessuno mi mostrava che cosa dovessi fare; ma lo stesso Altissimo mi rivelò che dovevo vivere secondo il modello del santo vangelo. E io con poche parole e semplicemente lo feci scrivere e il signor papa ma lo confermò.

In queste poche righe del Testamento, la cui lineare potenza rivela parole autentiche,25 è compendiata la conversione del giovane inquieto e l’inizio dell’avventura francescana. Il restauro di San Damiano si colloca dopo i lebbrosi e dopo la regola evangelica primitiva. Francesco ormai ha i primi due compagni, che lo aiutano nei lavori. Nessuno m’indicava cosa dovessi fare, ma fecimisericordia con i lebbrosi (facere misericordiam è il primo intuito cristiano). L’anima è stata restaurata. Le mosche sono divenute api. E s’è fatto pure l’inverno. Nove monete lucchesi furono sepolte accanto all’altare. Bernardo era testimone. C’era ancora una moneta da guadagnare per farne dieci. La moneta mancante sarebbe stata la vita futura. Fino alla salvezza. Quella moneta mancante fu aggiunta in tutto segreto, il giorno della tumulazione dell’arca nel pozzo approntato da frate Elia per ricevere il corpo del Santo. Ecco perché 9 monete lucchesi sono riaffiorate a San Damiano, e altre 11 ricomparvero il 12 dicembre del 1818 nella tomba ritrovata. Pretium vitae aeternae.

Ed è perciò necessario che ciascuno di noi ritrovi la propria moneta d’argento, corrispondente al salario di chi lavora col sudore della fronte, per il pane quotidiano.

Può bastare così, il racconto appartiene ai Vangeli e alla testimonianza di un uomo vero come fu Francesco di Assisi.26

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Non intendo fare pubblicità indebita alle mie idee riportando un passo del video messaggio di Papa Francesco del 30 marzo 2013, in occasione dell’ostensione straordinaria della Sindone: << Contemplando l’Uomo della Sindone, faccio mia – ha detto il Papa – la preghiera che san Francesco d’Assisi pronunciò davanti al Crocifisso:

Altissimo e glorioso Dio,

illumina le tenebre del cuore mio.

E dammi fede retta, speranza certa, carità perfetta,

senno e conoscimento, Signore,

che faccia il tuo santo e verace comandamento.

Amen >>.

 

1 Il volume, a cura di Letizia Ermini Pani, Maria Grazia Fichera e Maria Letizia Mancinelli, descrive le fasi stratigrafiche e le indagini archeologiche, insieme all’analisi dei materiali. E’ corredato da un intervento di Andrea Saccocci sulle monete lucchesi rivenute in una buchetta nell’area presbiteriale e da un altro intervento di Domenico Mancinelli sui resti sepolcrali. Il volume di 146 pagine di testo e di altrettante pagine di figure e rilievi stratigrafici, è stato prodotto dalle Edizioni Porziuncola nel 2005.

 

2 Vedi A. Fortini, Assisi nel Medioevo, Carocci Editore, ristampa anastatica, pagg. 29 segg. Per l’epoca medievale sempre Fortini, Nova vita di San Francesco, vol. III, pagg. 85 segg., 1959. Il primo ricordo della chiesetta di san Damiano è contenuto in un atto del 1030 in relazione ad un’affrancazione servile. La chiesa rustica doveva appartenere all’antico duomo di San Rufino, prima dell’edificazione dell’attuale duomo romanico iniziato nel 1140.

 

3 Su San Damiano si veda P. Marino Bigaroni, in Piccoli conventi nella francescana Custodia Assisiensis, Assisi 1983, pagg. 49 ss.; idem, S. Maria in San Damiano d’Assisi, Assisi 1997.

 

4 Sul Crocifisso di San Damiano si veda P. Leone Bracaloni o.f.m., 1958.

 

5 Su questa importante e delicata questione, che è stata oggetto negli anni ’50 di un vivace dibattito tra Arnaldo Fortini e Padre Giuseppe Abate, in relazione ai tempi di sostituzione del duomo vecchio (la c.d. basilica Ugoniana) al duomo nuovo, iniziato con certezza nel 1140, vedi nostro pezzo di prossima pubblicazione. L’argomento del duomo nuovo avrebbe importanti ripercussioni sulla storia francescana e sulla storia dell’arte, nonostante la certezza storica che l’opera nel 1210 non era stata ancora ultimata. L‘imperatore Federico II sarebbe stato battezzato nel duomo nuovo.

 

6 Un passo di D’Annunzio descrive il fascino novecentesco degli oliveti di S. Damiano.

 

7 Si vedano P. Leone Bracaloni, Il cantico di frate Sole, Milano, 1927; A. Fortini, Infondatezza di una recente critica che vorrebbe contestare al luogo di San Damiano la gloria del cantico del sole, Assisi 1955.

 

8 Vedi Epigrafi romane di Assisi, lapide n. 1, Electa 1987.

 

9 La scritta frammentaria significa in pratica ‘sotto la protezione di Cerere e la custodia di Fiso’. Dovrebbe essere coinvolta la parola oht, presente nella famosa lapide confinaria Vetter 236. In tal caso oht avrebbe il significato sostanziale di ‘consacrazione ufficiale’. Vedi nostro pezzo di prossima pubblicazione.

 

10 La lapide fu segnalata negli anni ’70 da Padre Marino Bigaroni a J. P. Boucher, grande studioso di Properzio. Si trova ancora incastrata nel muro di cinta del grande giardino interno di San Damiano. L’arteria che conduceva a S. Damiano e da qui verso Foligno e Bevagna, aveva ai lati un sepolcreto. Le epigrafi qui rinvenute si riportano ai proprietari dei terreni coltivi e di residenze suburbane, favoriti da abbondanza d’acque.

 

11 Il culto solare indoiranico di Mitra era molto diffuso in età romana imperiale. L’aspettativa dell’immortalità dopo la fine del mondo era una componente essenziale del mitraismo. I “mitrei” era in origine delle grotte naturali.

 

12 Dante Alighieri, canto undicesimo del Paradiso, verso 45.

 

13 Il monte è una spugna carsica, con acque minerali di qualità: il toponimo “Santureggio” si richiama al culto di Fiso Sanco Rex, sanctus et regius. Ed è il Marte arvale delle semine, con terme italiche del III-II secolo a.C. Il che richiama salubrità e crescita.

 

14 Vita nova, op. cit, I, pagg. 274 ss.

 

15 Le fonti francescane hanno uno scarso grado credibilità storica, costituendo un artificio: il nome del sacerdote è convenzionale, significando la chiesa di Pietro apostolo.

 

16 Il Cattani maneggiava il denaro come amministratore del Duomo di San Rufino. La moneta corrente ad Assisi in quell’epoca era il soldo lucchese, con scarsa base d’argento. L’argento si ossidava facilmente: Francesco chiamava quelle monete annerite le mosche del diavolo. La metanoia francescana sta nella scoperta della libertà e del valore, umano e divino, del Vangelo come regola di vita. La prima regola francescana ‘non scritta’, ma già trascritta, si fondava su tre precetti evangelici essenziali. La povertà, nel senso del non accumulo e nel senso della condivisione, rappresentava il cardine essenziale, dal quale santa Chiara mai volle distaccarsi resistendo al papato. La monacazione comportava l’ozio religioso e il cibo assicurato. Le clarisse invece erano socialmente attive e si mantenevano col proprio lavoro, al limitare della sopravvivenza materiale.

 

17 Vedi pagina 14 e pagina 120 del volume presentato in copertina. Vedi inoltre Isidoro Gatti, La tomba di S. Francesco nei secoli, Casa Editrice Francescana, Assisi, 1983. Quest’ultimo lavoro è una splendida monografia di oltre 600 pagine con ricco corredo illustrativo.

 

18 Andrea Saccocci, op. cit., pagg. 119 ss. La classificazione Matzke, gruppo H.5a, è recente, risalendo al 1993.

 

19 La definizione è di Dante Alighieri.

 

20 Luca, 20

 

21 E’ la famosa parabola della moneta con l’effige dell’imperatore romano, in relazione all’ ardua questione del pagamento dei tributi, invisi al popolo ebraico sotto dominazione.

 

22 Salmo 118, 22

 

23 Una mina equivaleva a 100 dracme.

 

24 Luca, 17.

 

25 E’ tutt’altro che chiaro se autentico sia tutto intero il Testamento, in cui la viva memoria del santo sembra accostata a voce altrui; ma certamente autentici, quasi alla lettera, sono i due passaggi cruciali sopra riportati, in cui si coglie anche il rapporto dell’uomo Francesco, reso fratello, con l’Altissimo Onnipotente Bon Signore. Si veda, in ogni caso, G. G. Merlo, Frate Francesco, il Mulino 2013, libro esemplare e di eccelso livello storiografico.

 

26 Non ho indugiato nella ricostruzione biografica dell’avventura di Francesco in quest’ottica, bastando lo spunto. Certamente vi fu intenzione simbolica di grande profilo, e vi fu infine adeguata risposta. Il caso non ammette regole così altamente configurate. Il significato è tutto. Il figlio del mercante ha ritrovato in cielo il suo giorno di salario: un giorno senza fine.

 

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