PROPERZIO SEGRETO – PARTE SECONDA
1* Nei giorni30 maggio – primo giugno2016si terrà ad Assisi il XXI Convegno Internazionale di Studi Properziani organizzato dall’Accademia Properziana del Subasio che celebra il Mezzo millennio di vita essendo stata fondata nel 1516.
In vista di tale occasione informo gli Studiosi che esiste un doppio Properzio, in conformità allo sdoppiamento necessario tra Propertius e Horos nella prima elegia del quarto libro che riportandosi indietro al “sigillo” anonimo del Monobiblos concerne strettamente il significato dell’opera accanto ai veri dati biografici essenziali e caratterizzanti di Propertius.
Le Elegie sono “opera ingannevole” – fallax opus – e al tempo stesso “opera unitaria”, cioè unum opus. Non c’è da meravigliarsene: il “labirinto” della parola [cfr. II, 14, 8: Daedalium iter] è Sacra via [più volte citata] ed è un medesimo percorso segreto: natalis tui sic peragamusiter [vero compleanno astronomico di Cinzia: - cfr. elegia III, 10 verso finale].
Chi si “meraviglierà” di queste affermazioni, non prestandovi fede, sulla base di una fallace concezione secolare che finora ha colto soltanto la veste Coa di Cinzia lasciandosi ingannare dalle apparenze, deve però fare i conti con la presenza di cifre segrete parlanti e con gli stessi suggerimenti ironici del poeta: quid mirare per l’immagine cangiante di Vertumnus [cfr. IV, 2, 1], quid mirare per l’elegia politica III, 11 [da cui prese le mosse Ettore paratore nel 1936 per elaborare il paradigma dell’integrazione difficile di Properzio in ambito augusteo], mirabar in III, 10, 1 che è un eccellente acrostico d’autore, ripetuto per tre volte quale signum autentico di Cynthia.
MIRABAR, QUIDNAM VISISSSENT MANE CAMENAE
ANTE MEUM STANTES SOLE RUBENTE TORUM.
NATALIS NOSTRAE SIGNUM MISERE PUELLAE
ET MANIBUS FAUSTOS TER CREPUERE SONOS.
Properzio ha avvertito i suoi lettori del presente e del futuro. Le Elegie sono un’opera doppia, eppure si tratta pur sempre di un’opera unitaria, di cui ci si è serviti – nella illusione della “veste” elegiaca di Cinzia – per dire di più e per significare altro. Dire ahi-ahi, pulvis Etrusca dolor!
L’acrostico MANE è una chiave. Ed è anche uno strumento di autenticazione. Il signum vero è contenuto nel sigillo anonimo del primo libro. Gallus di I, 21 è il protagonista occulto delle Elegie. I vari Gallus del Monobilos servivano a mettere sull’avviso che Propertius non era il nuovo Cornelio Gallo degli Amores in 4 libri e che l’opera è unum opus, sebbene operi non datur unus honos. [In bocca a Vertumnus, il verso finale di IV, 2 completa il significato di fallax opus già in bocca a Horos : cfr. IV, 1, 135 at tu fingeelegos].
2*Gallus e Lupercus – i due gemelli figli dell’avida Arria e morti in guerra – rappresentano, rispettivamente, il padre del poeta ucciso non da ignote mani ma per segno di mano al termine del bellum Perusinum [idi di marzo dell’anno 40], e Marco Antonio morto suicida nell’estate del 30 in Egitto.
Le Elegie sono un’opera enigmatica, la veste Coa di Cinzia cela il segreto della identità reale e della vera morte di Gallus [epigramma funerario I, 21].
Per non cadere in inganno era necessario comprendere i segni, la cui autenticità è garantita. Signa paterna dei, s’intende. Horos e Vertumnus si integrano. A non essersi mai integrato fu Propertius.
QUID IUVAT ORNATO PROCEDERE, VITA, CAPILLO,
ET TENUIS COA VESTE MOVERE SINUS?
La ripetizione di questo meraviglioso distico di I, 2, 1-2 in IV, 5, versi 55-56 [elegia della lena Acantide] suggerisce che l’orrenda e rugosa vecchia Acantide – cioè la Spinosa, che prostituisce Cinzia ormai ridotta pelle e ossa – nasconde l’allegoria nefasta di Augusto. Anche il rozzo Pretore dell’Illiria [elegie speculari I, 8 e II, 16 ] e l’ossimoro del “nano Magno” [IV, 8, 41: ritorno trionfale di Cinzia sull’Esquilino adesso più viva che mai] rappresentano Augusto, Magnus Caesar.
Più “grande” è l’Amore, quello vero. “Cinzia” è immortale, la sua ombra ha vinto “il pallido rogo”[IV, 7].
Se prendiamo il distico finale dell’elegia III, 11 ci dovremo “meravigliare”! Così pure per l’elegia IV, 5 [falsa celebrazione della ricorrenza, ormai, dei 15 anni della battaglia navale di Azio sotto la protezione di Apollo]. In quest’ultima composizione, ironica e volutamente rigonfia, la chiave di lettura segreta è ISIS, epiteto ufficiale di Cleopatra – Iside, mentre per la III, 11 la chiave nascosta è il dativo dedicatorio ANTONIO.
Isidis – al genitivo – era stato suggerito nella IV, 5 [verso 34, falso compleanno di Cinzia prostituita da lena Acantide]. Il dativo segreto ANTONIO attiene alla III, 11 [Quid mirare], in cui era già presente Cleopatra regina meretrix.
L’arte della finzione nel “labirinto della parola” [vedi copertina sopra riprodotta del bel saggio di Simone Beta che però non ha sospettato l’esistenza di Properzio segreto] s’è espressa marcando opportunamente la IV, 5 con acrostici, telestici e continue ripetizioni del tema vocale IS-IS. In III, 11 Properzio ha utilizzato l’immagine concettuale dei naviganti, che entrano o lasciano i porti dello Ionio, ripetendo – a coppie – le lettere alfabetiche che formano la parola ANTONIO – OINOTNA [al rovescio].
AT TU SIVE PETES PORTUS SEU, NAVITA, LINQUES,
CAESARIS INTOTO SI MEMOR IONIO.
L’effetto risultante da queste singolari ripetizioni selettive di caratteri alfabetici a coppie è quello di trasformare Caesaris al genitivo [di Cesare sii memore intutto lo Ionio] in una dedica ad ANTONIO – cioè Marco Antonio – nei due direzioni opposte [sia che si entri o si lascino i porti].
Con l’acrostico MANE in III, 10 è stata dimostrata l’intenzionalità della cifra, vale a dire l’autenticità certa. Il criterio di autenticità è trasportabile per tutte le altre numerose cifre segrete delle Elegie, che aldilà della pura veste Coa di Cinzia, esprimono il significato occulto dell’opera.
In III, 10 e in IV, 5 sono presenti quadrati magici [vedi pezzo a parte]; e in IV, 5 e 6 figurano – rispettivamente – i telestici OSSA [parola chiave delle Elegie] e ISIS [OSSA in IV, 5, 55-59 comprendendo il famoso distico ripetuto da I, 2; ISIS – OSSA in IV, 6 incipit, per doppio telestico].
Mi sto limitando ad alcuni casi, in realtà le numerose cifre diffusamente presenti, compongono un quadro molto più articolato e penetrante. Quanto finora gli Studiosi non hanno mai visto è invece una presenza non casuale, assolutamente coerente e del resto profondamente significativa. Non c’era ragione alcuna per cifre ornamentali in Properzio, come invece in Virgilio [Bucoliche, Georgiche ed Eneide] e in Orazio [acrostico disce discernunt in Carmina I, 18]. La presenza di crittografie autentiche nelle Elegie è una scoperta fondamentale da cui deriva la rivoluzione radicale dell’incertissimo e contrastato ‘paradigma properziano’.
Finalmente si può dire l’opera è una, ed è adesso comprensibile in tutti i suoi elementi, che in precedenza erano incertissimi e pressoché privi di senso.
3* Nel sigillo anonimo del Monobiblos- elegie epigrammatiche I, 21 e 22 – c’è il massimo accumulo di cifre segrete. L’acrostico SIC in I, 22, versi 3-5, corrisponde al segno autentico ripetuto ancora tre volte.
SIC TE SERVATO POSSINT GAUDERE PARENTES [I, 21, 5]
SI PERUSINA TIBI PATRIAE SUNT NOTA SEPUCRA
ITALIAE DURIS FUNERA TEMPORIBUS,
CUM ROMANA SUOS EGIT DISCRODIA CIVIS
SIC MIHI PRAECIPUE, PULVIS ETRUSCA DOLOR
Due SIC a testo, e un SIC per acrostico. I SIC incidono come una spada sui punti dolenti di un’opera misteriosa e trasformista. I Perusinasepulcra di Properzio equivalgono in tutto e per tutto alle famigerate arae Perusinae di un passo del De clementia di Seneca. Abbiamo una ragnatela di cifre, che s’innestano in un quadro d’insieme. Riusciamo a sapere chi sia Gallus, il morto di Perugia; chi sia la soror [sorella di chi], chi il transfuga etrusco, quali relazioni intercorrano tra il poeta e il giovane Tullo Volcacio, e persino le relazioni [occultate nel verso 7 di I, 22] tra il giovane Properzio e l’espertissimo e navigato Mecenate.
Gallus è il padre del poeta. La semitrasparente veste Coa di Cinzia è servita da schermo. Altro è il significato vero dell’opera unica.
Questa serie di crittografie – che tuttavia non è l’unica nel primo libro – rende trasparente il mistero altrimenti insolubile del sigillo anonimo del Monobilos.
Elegia I, 21
<< TU, QUI CONSORTEMPRO-PER-ASEVADERE CASUM, Tu che t’affretti a sfuggire alla mia sorte,
MILES AB ETRUSCIS SAUCIUS AGGERIBUS, o guerriero ferito delle trincee etrusche,
QUID NOSTRO GEMITU TURGENTIA LUMINA TORQUES? perché al nostro gemito torci lo sguardo?
PARS EGO SUM VESTRAE *PROXIMA MILITIAE, Parte io sono vicina alle vostre milizie,
SIC TE SERVATO POSSINT GAUDERE PARENTES, così che te in salvo ne possano gioire i parenti,
NE *SOROR ACTA TUIS SENTIAT E LACRIMIS: ma non sappia (mia) sorella dalle tue parole la (mia) sorte:
GALLUMPER MEDIOS EREPTUM CAESARIS ENSIS Gallo, scampato alla mischia alle spade di Ottaviano,
EFFUGERE IGNOTAS NON POTUISSE MANUS; non poté sfuggire a ignote mani;
ET QUAECUMQUE SUPER DISPERSA INVENERIT OSSA e quali ossa siano state ritrovate sopra
MONTIBUS ETRUSCIS HAEC SCIAT ESSE MEA >>. i monti dell’Etruria, queste le si considerino mie.
Elegia I, 22
QUALIS ET UNDE GENUS, QUI SINT MIHI, TULLE, PENATES Chi io sia, da dove venga, e quali i miei Penati, Tullo
QUAERIS PRONOSTRASEMPERAMICITIA.tumi domandi, per la nostra amicizia di sempre.
SI PERUSINA TIBI PATRIAE SUNT NOTA SEPULCRA, Se ti sono noti della Patria i Perugini sepolcri,
ITALIAE DURIS FUNERA TEMPORIBUS, funerali d’Italia in tempi feroci,
CUM ROMANA SUOS EGIT DISCORDIA CIVIS, allorché la Romana Discordia sconvolse i cittadini,
(SIC MIHI PRAECIPUE, PULVIS ETRUSCA, DOLOR, (così a me, speciale dolore, o polvere Etrusca,
TU PROIECTA MEI PERPESSA ES MEMBRA *PROPINQUI, tu che lasciasti del mio propinquo disperse le membra,
TU NULLO MISERI CONTEGIS OSSA SOLO), tu che non concedi al misero nemmeno un pugno di terra),
*PROXIMA SUPPOSITO CONTINGENS UMBRIA CAMPO l’Umbria prossima che tocca la valle sottostante,
ME GENUIT TERRIS FERTILIS UBERIBUS mi generò da fertili terre ubertose.
Il primo verso di I, 21 contiene tre segnali a rovescio: Musa, Cadaver, Morte.
Il verso due di I, 21 contiene due volte la parola GENITOR.
I primi tre versi di I, 21 identificato con certezza il mesostico PROPERTIUS [si veda, per properas come verbo, l’epitaffio di Pacuvio riportato da Aulo Gellio e il verso 4 di I, 5: infelix, properas ultima nosse mala / et miser ignotos vestigia ferre per ignis, seguito dal telestico ASIS].
Gli ignes di Propertius sono per Gallus, cioè suo padre. Il primo Gallus enigmatico della serie compariva in I, 5. PROPERASè un acronimo che sta per PROPERTIUS ASISIENSIS. Il PROPINQUUS di I, 22, 7 è il PADRE di SextusPropertius [in questo senso vanno emendati, e necessariamente accolti, i rilievi parziali affacciati nel 1974 dal filologo portoghese Custòdio Magueijo, invano negati da Sigmar Dopp].
Ma c’è molto di più. Nel verso 2 di I, 22: PRO NOSTRA SEMPER AMICITIA, è stata nascosta – tramite anagramma – l’identità della soror [vedi I, 21, 6]. Costei è PROPERTIA NOSTRA S.E.M. AMICI, cioè “sorella” di Gallus Propertius e “madre” dell’amico Tullo Volcacio.
Sappiamo ora [in base alla serie sonora tu – tu – tu – Tulle] che il transfuga etrusco di I, 21 ,1 è un Volcacio di Perugia. Siamo in grado afferrare che Gallus Propertius – il padre di Sesto – non fu ucciso da ignote mani sui monti Etruschi intorno a Perugia, ma per un comando con la mano. IGNOTAS MANUS = AT SIGNO MANUS. Assassino spietato di Gallus fu Ottaviano Cesare: “Moriendum esse” [Svetonio, Vita di Augusto].
Erano le idi di marzo dell’anno 40 a. C., dopo la caduta di Perugia per fame. Le ossa di Gallus non sono rimaste “sparpagliate” sui monti intorno a Perugia, cioè rovistate e “disperse” da animali selvatici; ma il suo crudele sacrificio attiene ai “sepolcri” e alle “are perugine”. Il poeta di Assisi non potrà mai schierasi dalla parte di Caio Ottaviano Augusto. Il paradigma corrente è falso.
4* La luttuosa de tragica vicenda ovviamente era nota al cugino stretto Tullo Volcacio, che nel 29 si trovava ormai a Cizico, in Asia Minore. Era nota anche a Mecenate, protettore segreto del giovanissimo Sesto Properzio. Il verso 7 di I, 22 – speculare al verso 7 di I, 21 – contiene anch’esso due nomi: quello di Mecenate e quello del poeta esordiente che non si firmava espressamente.
TU PROIECTA MEI PERPESSA ES MEBRA PROPINQUI
si trasforma in
MAECENAS EQUES SPEM PROPITIA UMBRI PROPERTI
Il passaggio dal Monobiblos al secondo libro delle Elegie, avviene attraverso il raccordo tra il quaeris personale di Tullo Volcacio e il quaeritis dei lettori romani per i versi d’amore su Cinzia: questi versi non li dettano Apollo o Calliope, bensì è la stessa “puella” a provocarli [forma potens – verba levis come la Luna].
Il poeta di Cinzia, che adesso immediatamente parte da Mecenate – richiamando che il grande protettore etrusco è spesinvidiosa iuventae e ricordandogli la tragedia di Perugia: eversosfocos antiquae gentis Etruscae –, non canterà mai l’epica [non sarà mai complice del principe crudele di Roma, Augusto, cantato dall’Eneide, grande poema estorto a Virgilio e da lui sconfessato in punto di morte, nel 19, dopo dieci anni di immani fatiche].
Properzio segreto è il mutante dell’elegia latina; “genio” solitario di un amore più grande: Deus Amor. Potrà essere scambiato per un ammiratore dell’Eneide, ma è illusorio. In realtà l’elegia II, 34 è una polemica sottile contro il Virgilio dell’Eneide, a favore delle Bucoliche, mentre Linceus non può esser altri che Mecenate camuffato. Properzio segreto – di nascosto – è l’irriducibile avversario di Augusto. Fu un’integrazione impossibile con tanto di marchio di garanzia.
La presenza occulta di Mecenate nel “sigillo” del Monobiblos non significa che il grande etrusco dissimulatore fosse in segreto un altro avversario del Principe,che egli pure aveva servito, ma rivela che tra lui patrono delle lettere – che poi perderà l’incarico nell’anno 23 con la congiura di Murena che era il fratellastro di sua moglie Terenzia – e Properzio, esisteva un vincolo particolare, forse una blanda parentela [questa ipotesi rivoluzionaria si appoggia coerentemente su due composizioni di Orazio, che fu amico intimo di Mecenate, e sul fatto che i Maecenates erano una famiglia originaria di Perugia, come i Cilnii materni lo erano di Arezzo]. Mecenate non sarà nominato nell’Eneide, scomparirà dal IV libro delle Elegie di Properzio. Non era più nelle grazie di Augusto, che difatti lo rimosse. Nell’anno 12 a.C. Mecenate sarà disonorato in pubblico in occasione di un processo per adulterio. Chi ha sentito sui banchi di scuola le meraviglie del regno letterario sull’Esquilino, è stato preso in giro. Erano stati e continuarono a essere “tempi duri”, anche in pace, una volta sedate le guerre civili dal vincitore solitario. Augusto fu un’anima nera, parola di Properzio [l’incredibile è vero].
5* Strano a dirsi,dopo due millenni: ma è questa la verità. Lo provano decine di crittografie, disposte ad arte nei passi cruciali, quelli profondamente significanti. Essendo ogni volta cifre autentiche, è impossibile dubitarne. Il giudizio occulto di Properzio segreto su Augusto è trinciante. Del resto è questa la ragione per cui queste crittografie esistono e sono verificabili come tali. E’ irrilevante sul piano della realtà oggettiva la sorprendete scoperta. Lì si trovano, e così significano, con totale certezza, che effettivamente l’opera era ingannevole. Una validissima riprova è fornita dall’elegia II, 26. Il modello di questa composizione – Cinzia che in sogno appare come naufraga, si salverà, e lei e il poeta potranno riposare uno sull’altro, sani salvi su una spiaggia, sotto il purissimo segno del Capretto e di Orione – deriva dall’egloga IX di Virgilio, da Galatea in undis. Il presupposto è dato dalle requisizioni delle terre [patite da Virgilio e rimediate a suo favore da Asinio Pollione], dall’acrostico HAEDO [la costellazione del Capretto al dativo]. Ed è la prova provata che Properzio conosceva la presenza di crittografie in Virgilio, poi piegandole a suo uso e consumo. In II, 26 sono presenti diverse crittografie, la più evidente è il telestico iniziale e finale ASIS STAT.
Nel medesimo contesto della IX bucolica, compare anche l’allusione alla “stella di Giulio Cesare”, il sidusIulium celebrato nell’estate del 44 a favore di Caio Ottaviano. Virgilio parla di un’età nuova: è comparso in cielo il Dionaiei Caesarisastrum. Le terre espropriate per risarcire i soldati di Caio Ottaviano e di Marco Antonio che avevano battuto a Filippi i “cesaricidi” [con Bruto a Filippi aveva combattuto Orazio, salvatosi come il poeta greco Alceo, gettando via lo scudo o nascondendosi miracolosamente nella nebbia] sono per Virgilio un’esperienza fortunatamente superata in bene, mentre rimanevano un crudele dramma per Properzio, che all’epoca era ancora un bambino. L’astro Cesare era una cometa rosso fuoco, che ricordava il sangue versato nella Curia, cioè l’assassinio di Giulio Cesare avviato al potere assoluto. Properzio lo chiama “astro di Venere”: at paterIdalio miratur Caesar ab astro, nel contesto già ricordato della elegia IV, 6 [15 anni dopo la battaglia navale di Azio che permise a Ottaviano di trionfare su Marco Antonio e Cleopatra nel 31]. Ciò che per Virgilio nel 38-39 sembrava già annunciare un’età nuova, appunto quella di Caio Ottaviano, per il poeta di Assisi fu invece un’epoca nefasta. Properzio segreto, in questo verso, ha rovesciato il caso celeste: ADIT PATER AB ALIO ASTRO CAESAR MIRATUR. Properzio segreto ha contraffatto quanto già d’insincero e retorico si coglieva dai suoi versi in metrica elegiaca. Dovevano passare attraverso la “porta” misteriosa di I, 16 altrimenti saremmo rimasti esclusi, come un amante rifiutato: e sono questi i “nuovi versi” – rotta la metrica – che il poeta ha seppellito nella sua opera, queste le ossa dipersa di Gallus.
6* Nelle elegie III, 10 e IV, 6 le cifre crittografiche ivi presenti danno infine luogo a due quadrati magici di 16 caratteri ciascuno [formato 4 x 4].
Dalla elegia III, 10 – vero compleanno astronomico di Cinzia – si può ricavare un triplice quadrato magico, in base all’acrostico MANE e ai telestici in serie EMES – DIEI – ROSA [ASOR finale].
In questa elegia – come in molte altre – abbiamo cifre allusive ulteriori, anche di ordine concettuale rispetto al testo poetico, che è poi la “veste Coa” di Cinzia.
A M O R
E N I M
E S S E
I D E A
ESSE e AMOR sono palindromi.
E’ possibile comporre un secondo e un terzo quadrato magico con gli stessi identici termini originari a lettere
R O M A
A E N I
I D E M
E S S E
R O M A
S A N E
I D E M
E N S I
[con “ensi” dativo di paragone]
I due falsi compleanni di Cinzia in IV, 5, vv. 15-16 – elegia della “Lena Acantide” – sono caratterizzati dal telestico EMAS. Isidis è presente nel verso precedente [v. 14]. ISIS - Iside: appellativo sacro e ufficiale di Cleopatra, come abbiamo già detto è cifra autentica di lettura della elegia IV, 6 – apparentemente elogiativa di Augusto per il quindicennale della decisiva battaglia navale di Azio [31 a. C.].
OSSA è il telestico presente nel passo iniziale del famoso distico della “veste coa” di Cinzia, ripetuto in IV, 5 dalla I, 2. ISIS – OSSA introducono la falsa celebrazione rituale dell’anniversario di Azio [elegia IV, 6].
Esiste un “filo” di Arianna nel “labirinto” delle Elegie
Dalla IV, 5 citata si può ricavare un altro quadrato magico:
ASIS ESSE TU ME VOCA
A T UE
VSSC
OSI A
EM ES
C’è il ritorno del telestico EMES di III, 10 – posto a fronte dell’acrostico MANE, tre volte certificato da Properzio, quale fausto “signum”.
Si notino le diagonali ESSE ASIS
TU ME VOCA si legge ordinatamente ai bordi del quadrato.
Le cifre autentiche di questo altro quadrato magico – nell’ordine EMAS – OSSA – EVEC – IUST di cui si può dare perfetta giustificazione di risalto – formano a loro volta due anagrammi:
SIC OSSA SUME ET AVE
MUSA ES SI VESTE COA
OSSA SUME è il telesticoche caratterizza in modo alternatol’elegia I, 2. In I, 4 – incipit – è presente il telestico alternato ROSA – ASOR.
In I, 5 – ove compare il primo Gallus della serie – è presente il telestico ASIS subito dopo il distico Infelix, properas ultima nosse mala / et miser ignotosvestigia ferre per ignis.
- Sfido chiunque a provare che le cifre presenti nelle Elegie siano casuali o che non siano significative.
- Il vero Properzio non è stato ancora compreso dagli Studiosi.
Il problema della riconoscibilità delle crittografie presenti in testi antichi è stato già sopra abbondantemente risolto. Si tratta di cifre intenzionali dovute al “genio” di Properzio. Fa parte del sistema la parola ASIS, presente poeticamente a testo e più volte per telestico. Questa la prova autentica che il poeta nacque ad Assisi [la radice di Asisium non può che essere il tema ASIS- ASIS, nominativo e genitivo conformi].
7* Ecco adesso una serie di presenze di cifre autentiche su ASIS:
Parla Propertius:
MI FOLIA EX HEDERA PORRIGE, BACCHE, TUA, A
UT NOSTRIS TUMEFACTA SUPERBIAT UMBRIA LIBRIS, S
UMBRIA ROMANI PATRIA CALLIMACHI! I
SCANDENTIS QUISQUIS CERNIT DE VALLIBUS ARCES S
Telestico ASIS. Con un anagramma guidato, che falsifica il riferimento letterario a Callimaco: HINC UMBRA PATRIA ILLAC IMA ROMA!
Parla ora l’alter ego di Propertius, l’indovino verace Horos, figura mai compresa dagli Studiosi, come del resto la sphragìs o “sigillo” non firmato del Monobiblos, che si lega strettamente alla IV, 1 in relazione al dato autobiografico essenziale.
SCANDENTISQUE ASIS CONSURGIT VERTICE MURUS,
MURUS AB INGENIO NOTIOR ILLE TUO!
OSSAQUE LEGISTI NON ILLA AETATE LEGENDA A
PATRIS ET IN TENUIS COGERIS LARES: S
NAM TUA CUM MULTI VERSARENT IUVENCI, I
ABSTULIT EXCULTAS PERTICA TRISTIS OPES. S
Telestico ASIS. NOTIOR ILLE MURUS significa il riferimento al grande muro del tempio di Minerva ad Assisi, dea lunare delle nascite e delle crescite, di cui nessuna fonte classica pervenutaci ha mai parlato, Strabone addirittura saltando il nome di Assisi. Ossa è la parola, di gran lunga più frequente nel fallax opus.
C’è con Horos un altro riferimento a Gallus nell’episodio assai misterioso di Arria, avida madre di due gemelli, appunto Gallus e Lupercus, ambedue morti in guerra. Lupercus sta per Marco Antonio, mentre Gallus è il padre di Properzio. Non c’è spazio per altra possibilità di soluzione. Anche l’episodio altrettanto oscuro di Cinara, salvata da un voto impetrabile fatto a “Giunone” per una grave crisi di parto tardivo – lenta mora – corrisponde a Properzio segreto. Horos sta dicendo che i suoi “libri” sono veritieri. Illa parit: libris est data palma meis!
Un filo nascosto collega, dunque, i libri di Propertius ,grande poeta dell’Umbria, alla sua gloria: cioè la palma della vittoria circa la fama poetica per Cinzia. Horos dirà poi [verso 140 di IV, 1] che una sola “fanciulla” – vale a dire “Cinzia” – rende vani tutti i trofei: eludit palmas una puella tuas. Appenadue versi dopo, sempre l’indovino Horos aggiunge che il poeta non potrà mai liberarsi da Cinzia, che lo tiene saldo per il becco, come un amo: nil erit hoc: rostro te premet ansa tuo.
E’ sembrato agli Studiosi che la spiegazione consistesse in questo: anche se Propertius cambierà genere, difatti comporrebbe anche alcune elegie antiquarie a misura di un nuovo Callimaco romano [“Aitìa”, cioè Le Cause], tuttavia non si staccherà mai dall’elegia erotica. Falso, perché Properzio servendosi del pretesto di Cinzia, ha cantato una dolorosa passione patriottica, altrimenti indicibile.
Eludit palmas una puella tuas significa < Astu lupa lunae mala eludit S.P. >: con astuzia la lupa della luna – Cinzia – rende vani, annulla i mali di Sesto Properzio.
Nil erit hoc: rostro te premet ansa tuo [ed è un verso molto particolare], significa: < Ceasarem terret Horos: potiti nolunt > [ricompare Horos di nascosto].
Il falso Callimaco Romano è nato in Umbria, ad Assisi. Suo padre Gallus fu ucciso a Perugia, nella strage dei capi locali della rivolta contro Ottaviano, a difesa delle terre che si volevano espropriare per i veterani di Filippi. In ballo c’era la libertà: Ottaviano era visto come un nemico, ambizioso emulo di suo zio Giulio Cesare. Il contenuto segreto delle Elegie riguarda direttamente la vicende esistenziali del poeta. L’oroscopo formulato da Horos è una maledizione contro Caio Ottaviano. La prima elegia del quarto libro è sicuramente quella scritta per ultima: essa serve a dare un senso definitivo a tutta l’opera. L’opera è ingannevole.
La maledizione di Horos integra la fatalis pagina del falso discidium da Cinzia. Has tibi fatalis cecinit mae pagina diras: / eventum formae disce timere tuae! Tramite l’alter ego dell’indovino Horos è stato possibile a Propertius maledire l’assassino di suo padre, le cui ossa però verranno infine portate in cielo, tra gli avi gloriosi [elegia di Cornelia, ultima del quarto libro]. L’elegia proemiale del quarto e ultimo libro, Propertius – Horos, è anche quella del ritorno definitivo del poeta nella sua patria di Assisi.
8* Ecco che il significato del terribile oroscopo di Horos si concentra nell’utimo verso di IV, 1: OCTIPEDIS CANCRI TERGASINISTRATIME! = OCT.avianus C.aius IRRITA SEDE SIGNA CRIMINIS PETAT! Letteralmente: del Cancro dagli otto piedi le terga sinistre temi!, che utilizzando come chiave di anagramma il soggetto Octavianus Caius [o Gaius], si trasforma in una maledizione: Ottaviano Caio nella usurpata sede [di “Augusto”] domandi al cielo i segni del suo crimine!
Il verso finale di Propertius–Horos [enigmatica elegia IV, 1 ]sembrava concludere un oscurissimo oroscopo nel segno del Cancro [il Cancro è la casa della Luna al solstizio estivo]. L’oroscopo di Horos, accostato a quello di Orazio per Mecenate, non è stato mai decifrato [così pure i richiami ad Arria e a Cinara che sono parsi incomprensibili].
La grandiosa elegia che finge da proemio al quarto libro suona ambiguamente, ed è fatalmente contraddittoria. Propertius vorrebbe cantare i destini di Roma, ma è trattenuto da Horos – personaggio apparentemente non inquadrabile – che gli ricorderebbe un’altra vocazione: restare poeta d’amore e forse emulare le Cause di Callimaco [carmen mixti generis, secondo una formula convenzionale]. Però è anche sembrato che il quarto e ultimo libro delle Elegie fosse una raccolta disomogenea, oppure che l’unità intenzionale di questo libro nascesse da un compromesso letterario, per cui la diversità dei componimenti – undici in tutto, la metà di quelli del Monobiblos – sarebbe un ventaglio di esperimenti di genere vario: poesia d’amore, poesia celebrativa, poesia antiquaria [nonostante l’unità dell’opera reclamata da Vertumnus a sua somiglianza].
L’elegia IV, 1 sembra contenere anche l’idea di un ritorno in Patria, ad Assisi: sono stato il primo a notarlo, giacché dal centro antico di Roma si risale in Umbria sull’asse geografico sud – nord che allinea Roma, Bevagna, il lacus Umber ed Assisi. Se ci si fa caso, le parole in sequenza del verso 150 terga – sinistra – time si rintracciano, nello stesso ordine, nelle due elegie del discidium da Cinzia che concludono il terzo libro.
Properzio parlava di fatalis pagina nell’abbandonare Cinzia, che invece riapparirà ancora tre volte: prostituita dalla lena Acantide, in sogno da morta, infine più viva che mai sull’Esquilino ricco d’acque. La pagina fatale delle recriminazioni del poeta verso Cinzia – non eri poi così bella – contiene delle dirae, letteralmente contumelie o cattivi presagi. In realtà la fatalis pagina di Properzio segreto è rivolta contro Roma e contro Augusto. La spiegazione consiste in una serie di anagrammi che dipendono dai singoli versi cui rinviano ciascuna delle tre parole del verso finale di Propertius – Horos .
* TERGA = III, 24, 14 - VINCTUS ERAM VERSAS IN MEA TERGA MANUS.
Anagramma: VERUS VINCAM IN MEA TARGA TERSAS MANUS.
* SINISTRA = III, 25, 32 – ET VENIAT FORMAE RUGA SINISTRA TUAE!
Anagramma: EVENIAT FINIS AUGUSTA ROMA TERREAT!
* TIME = III, 25, 38 – timere - EVENTUM FORMAE DISCE TIMERE TUAE!
Anagramma: E FATU DISCERE TIME EVENTUM ROMAE.
Sono tre maledizioni o dirae che Properzio segreto rivolge al suo tempo, mentre Cinzia era un pretesto. La riprova consiste nell’anagramma del verso 142 di IV, 1: NIL ERIT HOC : ROSTRO TE PREMET ANSA TUO. Il giro ad anello si chiudeva con lo stesso indovino Horos. Cioè che HOROSTERRETCAESAREM: POTITI NOLUNT. Pertanto possiamo affermare che il verso HAS TIBI FATALIS CECINIT MEAPAGINA DIRAS rivolto apparentemente a Cinzia [vedi elegia III, 25, v. 37 che chiudeva il terzo libro] contiene in sé il preannunzio delle dirae relative al misterioso ed altrimenti inesplicabile oroscopo dell’indovino Horos quale alter ego necessario di Propertius.
Abbandonando Cinzia – il che è falso, ma è vero che Cinzia era un pretesto – il poeta di Assisi e dell’Umbria vinta da Ottaviano nel 40, avrebbe riacquistato quella perduta sanità mentale – mens bona – che il furor, l’insania e la nequitia passionale avevano obnubilato nella passione sensuale.
Ma anche il verso 19 di III, 24 – Mens Bona, si qua dea es, tua me in sacraria dono! – contiene un trucco, per cui così va letto:MENS BONA, DEAQUE ASIS, TUA ME IN SACRARIA DONO! La formula “si qua dea es” è stata imitata da usi antichi. Mens Bona è una divinità collegata alla radice –mens [mente, mese]. Mens Bona è “Mnerva”, l’antica dea di Assisi che Horos aveva evocato nel mito prima di passare ai dati biografici di Propertius.
CONCLUSIONI INEVITABILI
Properzio segreto ha mille sfaccettature, dipendendo da una ragnatela di parole indicative, o parole chiave, che tendono a ripetersi da un’elegia all’altra e da libro a libro in una sorta di “labirinto”. La parola ossa è la costante dell’opera.
La comprensione delle Elegie dipende da due fattori, essenziali e determinanti: l’irrealtà di Cinzia – donna mai esistita – e l’identità del propinquus nel “sigillo” anonimo del Monobiblos. Ho dimostrato che nell’opera unica sono diffusamente presenti crittografie intenzionali, sicuramente autentiche, che indicano altro.
Per esempio in I, 21, 3: QUID NOSTRO GEMITU TURGENTIA LUMINA TORQUES [perché al mio gemito torci altrove gli occhi lacrimanti], è contenuta due volte la parola GENITOR.
Questa scoperta s’inserisce in un quadro concentrato, molto più ampio e articolato, che concerne il “sigillo” anonimo del Monobiblos [elegie epigrammatiche I, 21 e 22]. Non c’è dubbio che Properzio vi abbia immesso di nascosto l’identità del propinquus e della soror. Gallus era il padre del poeta.
Horos ha proseguito sulla medesima traccia: i telestici ASIS confermano la verità assoluta di “Properzio segreto”.
C’è molto altro, ma riteniamo di aver già fornito la piena dimostrazione della verità nascosta. Pertanto il paradigma corrente riguarda la veste Coa di Cinzia – le apparenze o sembianze formali dell’opera – ma non la sua vera sostanza.
In realtà il significato delle Elegie dipende dalla sostanza e non dalla forma apparente. La presenza autentica di “Properzio segreto” trasforma un capolavoro letterario in un fenomeno assoluto, più unico che raro, a riprova che l’ingegno del poeta era veramente sovrastante. Le Elegie sono – e restano – UNUM OPUS – FALLAX OPUS.
Horos smentiva chiunque prestasse fede alle apparenze, Vertumnus [dio elegante e mutevole] faceva presente il trucco. L’elegia romana d’amore terminava con Cornelio Gallo. Properzio ruppe lo schema, piegandolo a sé.
Varrone cantò Leucadia, Catullo cantò Clodia-Lesbia, Calvo cantò Quintilia, Cornelio Gallo morto da poco cantò Citeride Volumnia [amante di Marco Antonio in Gallia]. Propezio cantò Cinzia [nome della Luna], ritenuta una Hostia di Tivoli [Apuleio] o una Roscia di Lanuvio [Boucher]. Ma il vero significato nascosto di II, 34 – elegia “meta poetica” conclusiva del secondo libro giuntoci frammentario e tormentato – è l’opposto di quanto sembrerebbe. Ed è una recondita accusa al Virgilio dell’Eneide, non l’esaltazione nel poema nascente sull’Esquilino di Mecenate. Per altre due volte Properzio ha giocato sul nome di Virgilio, autore di famosi acrostici nelle sue opere principali: Bucoliche, Georgiche, ed Eneide. Il Pretore dell’Illiria [I, 8 e II, 16] allude ironicamente ad Augusto, ricoperto di vituperi per anagrammi guidati. Che una presunta matrona stolata, per quanto vidua infamata, potesse essere prostituita dalla vecchia lena Acantide, si spiega con l’identica allegoria. A Roma non è mai esistita una donna riconoscibile, corrispondente a Cynthia. Ancora Augusto – magnus Caesar – è quel “nano” Magnus dalle “corte braccine” [IV, 8, 41] nel trionfo di Cinzia sull’Esquilino.
La II, 34 – che è il “sigillo” del secondo libro – contiene una miniera di dati occulti che tratterò in un’altra occasione. E’ singolare tuttavia che l’unum opus termini con la parolaossa[e con un portentoso telestico serpentino mascherato, però disposto in modo da poter ricostruito in ordine].
Ossa è parola chiave delle Elegie. Le ossa di Gallo e le ossa di Azio[cfr. II, 15, 44]. Ossa tibi iuro per matris et ossa parentis [II, 20, 15]. Opus fallax. Il paradigma corrente non sta in piedi. La sua contraddittorietà era già evidente di per sé.
Il problema filologico Assisi – Asis trova soluzione autentica in Properzio segreto.
In antico, l’oppidum poteva essere chiamato anche con due esse: Assisium. In realtà la radice umbra è Asis-Asis [con nominativo e genitivo identici]. Asis umbra aveva il capitolium nella zona di san Lorenzo, guardando a sud est. Qui il tempio di Giano, un bosco sacro, e due sorgenti. Antichi reperti lo dimostrano.
Le medesima legge delle sei “esse” tra i corrispondenti distici di IV, 1 65 – 66 e 125 –126 dimostra che ASIS figurava originariamente a testo [è perciò sbagliata l’osservazione contrario di P. Fedeli: vedi sotto].
L’elegia funeraria I, 21 – Gallus il morto parlante del bellum Perusinum – non solo è un epigramma di rara potenza poetica, ma è un capolavoro criptico di valore eccelso. Ho dimostrato che Gallus è il padre di Properzio. Questo dato, ormai acquisito in modo assolutamente certo, è di per sé sufficiente a conferire una nuova immagine all’opera unica. Chi pretendesse di negare questa eccezionale scoperta violerebbe i parametri testuali oltre che la logica d’insieme nell’ambito del raccordo stretto tra il “sigillo” del Monobiblos e l’elegia biografico- letteraria di Propertius-Horos. Tuttavia, incoraggiato dalla efficacia dei segnali presenti, ho cercato di ricostruire, aldilà del vincolo metrico, il possibile contenuto effettivo dell’epigramma, ovviamente sfidando la sorte:
Elegia I, 21 – “novo versu” [cfr. I, 16, 42]
MUSA, PROPERTIUM SERVA ET QUOS CONCADERE,
AGGER SIT EIS CAUSA MELI SIC BUBUS RUS,
QUO AGIT GENITOR RESTAT, QUIN URIT LUMEN DOMUS?
<< MILES EGO SUM PRO PATRIA VERA MIXTA EIS,
PERII UT SERVARE POSSENT CADENTES TOGAS:
SI E TOTO RELATU CRIMINA SACRA SENTIS,
GALLO PROPERTIUS ME IDEM MENSE CAESARIS
EFFUGERE NON POTUI; SIGNET OSSA MANUS
OSSAQUE CUM INVENIRE PUTES ET DISPERSA QUARE
HABET SITUS: ECCE, AMICE, MONS ET RUS ASIS >>.
O MUSA, SALVA GALLO E COLORO CHE STANNO CADENDO,
LA TRINCEA DI PERUGIA SIA AD ESSI RAGIONE DI CANTO COSI’ AI BUOI I CAMPI.
DOVE MIO PADRE SI RECO’ QUI RIMASE: A CHE SCOPO ARDE ANCORA IL LUME DELLA CASA, LA LUCE DEL NOSTRA GENTE?
<< IO, SONO UN SOLDATO CHE S’E’ BATTUTO PER LA PATRIA VERA CONDIVISA,
SONO MORTO PERCHE’ MOLTI POTESSERO CONSERVARE LA TOGA CADENTE:
SE DA TUTTO IL RACCONTO HAI APPRESO DI CRIMINI SACRI,
EBBENE, IO, GALLO PROPERZIO, UGUALMENTE IN QUEL MESE DI CESARE,
NON POTEI SCAMPARE; UNA MANO ORA INDICHERA’ LE MIE OSSA,
E QUANDO RITERRAI DI AVERLE TROVATE E DISPERSE QUALE SIA LA RAGIONE PERCHE’ UN CERTO LUOGO LE CONTIENE: ECCO, O AMICO MIO,
QUESTO E’ IL MONTE E QUESTA E’ LA CAMPAGNA DI ASSISI >>.
-
Una ricostruzione del genere può sembrare o essere incredibile, ma ho seguito i segnali, e come si può notare, gli incastri sono tutti rispecchiati.
La domanda è quale accoglienza abbiano riservato gli Studiosi a questa scoperta rivoluzionaria.
Nel 2013 fu dato grande risalto all’annuncio che uno studioso dell’Università di Friburgo aveva scoperto una crittografia bustrofedica nella protasi dell’Eneide di Virgilio. In effetti si può leggere: A STILO MAR VIR
ARMA VIRUMQUE CANO, TROIAE QUI PRIMUS AB ORIS
ITALIAM FATO PROFUGUS LAVINIAQUE VENIT
LITORA MULTUM ILLE ET TERRIS IACTATUS ET ALTO
VI SUPERUM , SAEVAE MEMOREM IONONIS OB IRAM
Cioè, “Dalla penna [stilo] di Virgilio Marone”: ma nessuno ha messo in dubbio che l’Eneide non fosse di Virgilio. Se mai, l’acrostico ad andamento bustrofedico, è la prova che l’Eneide fu rimaneggiata per ordine di Augusto da Plozio Tucca e da Vario Rufo, per essere pubblicata nel 17, due anni dopo la morte [sospetta] di Virgilio.
La scoperta è stata fatta duemila anni dopo. Come difatti la scoperta da me fatta su “Properzio segreto” che però è incomparabilmente più importante ed è assolutamente documentata.
Come si sono comportati gli Studiosi con l’annuncio della mia scoperta? Qual è stata l’accoglienza da parte dell’Accademia Properziana del Subasio? Quale atteggiamento ha tenuto l’Accademia nella ricorrenza del suo quinto centenario dalla fondazione? Posso sinceramente affermare di aver riscontrato una totale indifferenza, anzitutto da parte di chi, dagli ambienti universitari di Perugia, si rifiuta, in silenzio, di prendere atto della verità provata. L’isolamento equivale a una condanna a morte, per cui sorge il legittimo sospetto, dinanzi alla comunità locale, che lo scrivente sia un visionario.
In realtà, nel 2006, feci un primo annuncio generico, davanti alla comunità internazionale degli Studiosi riuniti ad Assisi per un Congresso Properziano, allora limitandomi alla pura e semplice affermazione dell’esistenza di “Properzio segreto” nel “sigillo” del Monobiblos. Il Relatore del Convegno, Prof. Giovanni Polara della Università Federico II di Napoli, ne diede atto con le seguenti parole: edi apprezzare come meritano le stimolanti ricerche dell’avv. Papi, appassionato di quegli anagrammi che dopo De Saussure fanno parte del bagaglio d’ordinanza richiesto ad ogni critico letterario. Gliene sono grato. In seguito, il Prof. Polara mi ha dato atto della validità della mia ricerca, non scorgendo contro indicazioni dirimenti. E’ poi ovvio che ho provveduto ad avvertire il massimo Studioso di Properzio, il Prof. Paolo Fedeli dell’Università di Bari, riconosciuta autorità a livello mondiale. Il Prof. Fedeli, al quale avevo comunicato appena qualche risultato [e nemmeno i più importanti], mi ha gentilmente risposto con tre messaggi che qui di seguito riporto.
Primo messaggio del Prof. Paolo Fedeli:
Gent.mo Avv. Papi,
mi scusi se non le ho risposto prima; ma la forzata sospensione dell’attività per un paio di settimane mi ha lasciato uno strascico di lavori da completare, di articoli da leggere e da valutare, di libri da recensire.
Su Properzio, ora che è uscita in Germania la nuova edizione in due volumi – curata oltrechè da me, dalla Dimundo e dalla Ciccarelli – del commento al IV libro (la prima, del 1965, era la mia tesi di laurea!), non penso di avere molto di nuovo da dire. Fra poco uscirà anche un mio lungo articolo sulla tradizione manoscritta, e con questo considero chiusa la partita. Se avessi tempo e voglia mi dedicherei a una nuova edizione critica; per ora, tuttavia, mi limiterò alle necessarie presenze nei “Colloquia” di Assisi. Attualmente ho ripreso ad occuparmi di Orazio a tempo pieno: debbo allestire una nuova edizione del commento al IV libro delle odi, che verrà tradotta in inglese e stampata in Inghilterra. Non si tratta di fatica lieve: per questo vorrà perdonarmi se mi soffermerò solo su qualche particolare degli scritti che ha avuto la cortesia di inviarmi.
Debbo dirle che ammiro il suo vivo e vivace entusiasmo e le sue convinte certezze nell’individuazione di acrostici, telestici, anagrammi. Che gli antichi autori se ne siano serviti, è certo, ma non è facile capire entro quali limiti, anche perché le testimonianze in materia si limitano a casi eclatanti. C’è il rischio, quindi, che per amor di tesi si vada al di là di quello che gli autori stessi avevano in mente. Ricerche del genere hanno interessato anche le odi oraziane, ma non si è andati al di là dell’individuazione del nome PINDARVS all’inizio della prima ode pindarica del IV libro (IV 2). Per quanto riguarda Properzio credo che, ad esempio, i casi che implicano SIC o il prefisso PRO ben difficilmente possano essere significativi e che la loro frequenza consenta associazioni e giochi di parole analoghi anche in autori che con Properzio e i problemi che lo agitavano non hanno molto in comune.
In merito, poi, all’atteggiamento antiaugusteo di Properzio (o addirittura filoantoniano: il che mi sembra improbabile, almeno alla luce di IV 9), posso ammettere una legittima reazione nei due carmi conclusivi del I libro; ma continuo a credere che dal II in poi il suo atteggiamento di adesione alla politica del principe sia chiaro e culmini proprio nel IV libro, con l’elogio della politica edilizia del principe e della sua opera di restaurazione dei valori del ‘mos maiorum’. Atteggiamenti antiaugustei sono stati attribuiti anche all’Orazio del IV libro, ma ci si arrampica sugli specchi: la domanda da porsi è questa: sotto l’influsso di quali patroni scrivevano Orazio e Properzio e a quali lettori si rivolgevano? E ancora: è mai possibile che i loro lettori comprendessero nascosti e criptici messaggi cifrati di carattere sovversivo e che il solo Augusto fosse incapace di rendersene conto? Questo è il problema di fondo, a parer mio. Una polemica che solo due o tre lettori riescono a cogliere fallisce miseramente il suo scopo e risulta priva di senso.
Sull’elegia in quanto ‘opus fallax’, nel monito di Apollo a Properzio giovane che Horos ricorda al poeta in IV 1, molto ci sarebbe da dire e all’interpretazione della ‘iunctura’ ho dedicato varie pagine del mio nuovo commento: in breve, l’elegia è un ‘opus fallax’ – secondo Apollo – per i suoi contenuti, perché la sua materia è costituita dagli inganni, tanto da quelli architettati quanto da quelli subiti.
Fra le sue ipotesi una mi ha colpito in modo particolare: si tratta del telestico ‘asis’ nei due contesti di IV 1 in cui Properzio, prima, e Horos, poi, descrivono la terra natia. Certo, si può obiettare che desinenze latine in -a o in -s sono a tal punto ovvie e frequenti da favorire simili telestici (e non mi stupirei se lo stesso telestico comparisse in autori diversi da Properzio). Però quei due casi mi sembrano significativi proprio perché in quei due contesti sia Properzio sia Horos descrivono la terra che ha dato i natali al poeta, ma non ne fanno il nome. Certo, resta il problema ancora aperto della forma ‘Asis’: però, se si ammette l’intenzionalità dei due telestici, bisogna anche ammettere che la loro presenza ha senso solo se nel v. 125 non compare esplicitamente ‘Asis’. Personalmente ciò mi va bene, perché nel recente commento al IV ho sostenuto che i vv. 125-6 – caratterizzati da una serie di stranezze e di irregolarità – sono stati interpolati da qualcuno che ha voluto individuare proprio in Assisi la patria di Properzio. Di contro debbo confessarle che non vedo la necessità di una presenza intenzionale del telestico ‘asis’ nell’elegia II 26.
Ma su tutto si potrebbe discutere a lungo, specie sullo sfondo politico della vicenda properziana e sulle scelte del poeta. Ecco, a questo proposito, poiché si è accennato al contesto storico, mi permetta di farle presente che il suo atteggiamento critico nei confronti di uno storico serio come Giorgio Bonamente mi sembra a dir poco ingeneroso. Si possono avere opinioni diverse, si può discutere e ci si può confrontare, ma esiste sempre un modo di presentare le proprie obiezioni pacatamente – nella consapevolezza che anch’esse possono essere opinabili – e di manifestarle senza eccedere negli attacchi immotivati: specie se ci si confronta con studiosi che molto hanno contribuito al progresso degli studi. In una materia dai contorni incerti, trattata da secoli dalle voci più diverse, è necessario procedere con una cauta prudenza ed è difficile nutrire convinte certezze.
Quello che mi sembra molto positivo è l’ardore di conoscenza e l’amore per i testi antichi che alimenta le sue ricerche. Il nostro è un cammino ricco di ostacoli, sempre aperto ai dubbi e ai ripensamenti, in cui – ‘expertus dico’ – si è spesso portati a riconoscere la necessità di ritornare sui propri passi, di rivedere le proprie opinioni, di ricominciare. Per parte mia non credo che si tratti di un atteggiamento da sconfitti e personalmente lo preferisco alla fiducia totale nei risultati raggiunti, nella scoperta di novità che sarebbero sfuggite a generazioni intere di studiosi. Per questi motivi il dialogo è sempre aperto, purché sia ragionevole e pacato.
Le sono grato dei suoi scritti e, nell’augurarle buon lavoro, le invio i miei più cordiali saluti.
Paolo Fedeli
In seguito il Prof. Fedeli si convinceva di poter essere più possibilista:
Da: Paolo Fedeli <paolo.fedeli@uniba.it>
Data: 13 ottobre 2015 11:13:29 GMT+02:00
A: Arcangelo Papi <arcangelo.papi@gmail.com>
Oggetto: Re: Ultima nota
Caro Avvocato,
La ringrazio del materiale che mi ha inviato e delle Sue manifestazioni di stima nei miei confronti. Credo, però, che sia opportuno che i risultati delle Sue ricerche non restino confinati al pubblico ristretto degli habitués dei convegni di Assisi, ma diventino di pubblico dominio in modo da essere sottoposti al vaglio di una più ampia platea di esperti. Ad Assisi si può pensare a un dibattito, al di fuori del Convegno, fra Lei e un interlocutore ben informato sulle tematiche da Lei trattate (ne potrebbe parlare, per l’organizzazione, con Carlo Santini, che è persona molto saggia ed equilibrata); per il resto, l’unico mezzo è una pubblicazione da parte sua, alla quale credo che, inevitabilmente, prima o poi dovrà provvedere. Con i miei più cordiali saluti e auguri di buon lavoro.
Paolo Fedeli
Il giorno successivo il Prof. Fedeli tornava a scrivere:
Il giorno 14/ott/15, alle ore 09:38, Paolo Fedeli ha scritto:
Gent.mo Avv. Papi,
non esiste rivista qualificata il cui direttore decida personalmente quali articoli pubblicare. Nell’era della valutazione ogni articolo va sottoposto al giudizio di due “referee”, possibilmente uno italiano e l’altro straniero. Da tale vaglio giungono molto spesso – lo dico per esperienza – non solo giudizi sui contenuti, ma anche suggerimenti molto utili per gli autori, che servono a stabilire un confronto sempre salutare per il progresso delle ricerche. Era questo cui alludevo col mio invito a concepire un primo articolo da sottoporre a una rivista specialistica, nel rispetto dell’iter sopra descritto. Le auguro buon lavoro e molto cordialmente La saluto. Paolo Fedeli
Così replicavo:
Non c’è “referee” al mondo che possa onestamente rifiutare le appena 16 pagine che allego, di per sé bastevoli per stabilire la verità. Una è l’opera ed è ingannevole.
Nonostante la cordiale disponibilità e l’estrema gentilezza del Prof. Paolo Fedeli, confermate anche dall’accoglienza favorevole da parte del Prof. Giovanni Polara, “Properzio segreto” è rimasto ignoto, anche perché l’Accademia Properziana del Subasio sembra che abbia preferito evitarlo in termini ufficiali per il quinto centenario, non conferendo pubblico risalto alla “scoperta” di cui si evita dunque di giudicare il merito. Forse perché è meglio impedire che diversi articoli scritti in passato su Properzio rischino adesso di mostrare crepe insanabili?
I lettori del sito web misteridiassisi potranno stabilire un parallelo tra i pezzi da me pubblicati a miei mezzi e quanto si può leggere su Properzio nel sito ufficiale dell’Accademia Properziana a firma di un importante Studioso professionista.
E’ chiaro che i dati salienti derivanti da “Properzio segreto” – assolutamente autentici! – pongono in non cale tutto un insieme d’ipotesi artificiali e fittizie, unitamente a presunti argomenti biografici non dimostrati.
La domanda sollevata pubblicamente erga omnes attraverso il mio sito web è chi abbia ragione.
ADDENDA
Mi sono principalmente giovato delle seguenti pubblicazioni:
1) Atti dei “Colloquia” dal 1976 in poi, oltre il volume monografico del 1955 su Properzio, a cura dall’Accademia Properziana del Subasio;
2) Le elegie di Properzio di E. Paratore, Roma, corso accademico 1970-71;
3) Antonio La Penna, L’integrazione difficile, 1977;
4) Elio Pasoli, Tre poeti latini espressionisti, Roma 1982;
5) Paul Veyne, L’elegia erotica romana, Bologna 1985;
6) I commentari del Fedeli ai quattro libri delle Elegie;
7) Roberta Montanari Caldini, Horos e Properzio, Firenze 1979;
8) Patrizio Domenicucci, Astra Caesarum, Pisa 1986;
9) A. La Penna, La cultura letteraria a Roma, Bari 1996;
10) J-M. André, Mecenate;
11) E. Pound, Omaggio a Properzio, 1917;
12) M. Luisa Angrisani, Properzio tra politica e mitolologia, Roma 1974;
13) Rosa M. Lucifora, Voci politiche in Properzio ‘erotico’, Bari 1999;
14) R. Syme, La rivoluzione romana e L’aristocrazia augustea;
15) A. Levi, Augusto
16) J.P. Boucher Studi su Poperzio.
17) M. Bettini, Il dio elegante – Vertumnus [2015]
17) Articoli vari, tra cui quello di C. Monteleone su I, 20 – mito efebico di Ila.
Verso su verso, ho analizzato tutta l’opera. Che letteralmente “una” e “ingannevole”.
C’è pure un dotto articolo di U. Pizzani, inserito nel bel volume sugli Umbri curato da G.Bonamente nel 1996, a proposito di un verso non elegiaco attribuito dal grammatico Fulgenzio Planciade a Properzio. Ho fatto una raccolta di chicche divertenti, compreso il “giallo” di Sicco Polenton [e dei vari codici properziani], insieme con le sorprendenti notizie riportate dal nostro F. Frondini sotto l’anno 1641.
“Killing Cynthia” di Paolo Fedeli 2008, pone in non cale la testimonianza di Apuleio su Cinzia Hostia e l’ipotesi di P. Boucher che Cinzia fosse invece una Roscia. Cioè matrone stolate, vedove e infamate. F. Coarelli ha preteso che Cinzia da Tivoli fosse figlia dell’infame Ostio Quadra ricordato in un passo delle Questioni Naturali di Seneca.
E’ evidente che nessuna “Cynthia” – in realtà nome della Luna – poteva essere riconoscibile e di pubblico dominio a Roma, sia come matrona, che a maggior ragione come feretri. Cinzia non poteva essere accostata in nessuna maniera a Mecenate e ad Augusto. Su Cinzia sono state scritte molte belle favole: per esempio gli articoli di S. Vivona e di G. Catanzaro sugli Atti dell’Accademia. Per far morire il Poeta nel 15 [ridicolo].
Sapevo che le Elegie erano un’opera criptica, un’anomalia nell’ambito della letteratura latina. L’articolo di Giorgo Bonamente 2002 – un ottimo riassunto dello status questionis – è purtroppo affetto da contraddizioni interne e da salti logici, proprio perché è adeguato al paradigma che difatti non sta in piedi. Ciò è talmente evidente che si nota molto bene la serie di vuoti logici nello stesso procedimento di esposizione della materia storico-biografica e di quella poetica.
Faccio un altro esempio non trascurabile. Se dobbiamo accogliere la ricostruzione e l’interpretazione di L. Sensi sulla lapide frammentaria della gens Propertia reperita in tempi diversi e lontani tra loro all’interno della domus musae di Asissi [gran bel pasticcio], stranamente considerati come materiale di riporto insieme alla scritta theatrum, sorgono subito enormi problemi di però cui nessuno si è mai occupato. Per esempio, la morte del Poeta: dove e quando.
C’è una sorta di ‘schizofrenia’ per cui non si riesce mai a collocare al loro posto le singole tessere. Ne è un chiaro esempio anche il caso del “togato”, statua emersa durante gli scavi ottocenteschi del Famin nelle vicinanze del tempio romano esastilo di stile corinzio che sicuramente è di Minerva. Perché, da chi, e quando quella statua – che rappresentava Augusto come pontefice massimo [marzo del 12 a.C.] – fu presa a randellate e sconciata, quindi gettata tra le rovine del Foro [= problema del piano di calpestio al tempo di San Francesco e prima ancora].
Problemi importanti e decisivi, di cui mi sono già occupato [e ci ritornerò sopra], elusi e contrabbandati con articoli di dottrina astratti o superficiali [ci siamo oramai abituati alla illogicità?].
Fedeli – che non si accorgerebbe dei limiti delle brevi osservazioni a me rivolte – dà però atto dei telestici ASIS [che hanno senso solo e soltanto se collegati a I, 21 e 22]. “Asis” a testo è giustificata dalla ricorrenza speculare delle 6 esse tra i due passi affini in IV, 1 [nessuno se n’era accorto], e questo è già un elemento molto importante.
Non è possibile ricavare conclusioni coerenti su Properzio se prima non si risolvono gli enigmi di I, 21 e 22.
Nel “sigillo” del Monobiblos Properzio esordiente ha genialmente concentrato tutti gli elementi necessari per la risoluzione dei relativi problemi testuali. Negarlo apparirebbe piuttosto infantile, violando la logica strutturale di tali composizioni. Quanto di misterioso è poi contenuto in Propertius-Horos [elegia IV,1] è strettamente connesso col “sigillo” anonimo del Monobiblos.
Ho dimostrato l’esistenza delle chiavi di accesso a Properzio segreto. Questa è indubbiamente una grandissima scoperta, di risonanza internazionale, tuttavia accolta con la massima indifferenza,a quanto pare, dalla preposta Accademia Properziana, che evidentemente ritiene che si tratti di mie fantasie, per quanto oggettivamente presenti a testo. Tale atteggiamento di chiusura ovvero di silenzio dimostra una sorta di prevenzione, nonostante l’invito di Paolo Fedeli a discuterne pubblicamente. Difatti non si riesce a comprendere quali siano le ragioni dell’ostracismo, a meno che non si tratti di valutazion personali, inerenti un giudizio negativo circa le mie scarse qualità di interprete.
Intanto, gli acrostici SIC in I, 22 e MANE in III, 10 sono assolutamente autentici, come pure i telestici ASIS presenti in luoghi assolutamente sensibili.
Si dia perciò un’occhiata al sito web < misteridiassisi > che si arricchirà di altri pezzi in omaggio ai 500 anni dell’Accademia e a vantaggio della collettività.
Vorrei inoltre ricordare che le scoperte archeologiche da me fatte sono tutte quante ben documentate.
Ringrazio – infine – vivamente il Prof. Giovanni Polara per la fiducia che mi ha generosamente accordato e il Prof. Paolo Fedeli per la sua estrema cortesia, invitando il Prof. Giorgio Bonamente a un dibattito su Properzio e il significato delle Elegie. Le scoperte da me fatte sono a disposizione della collettività.
ArcangeloPapi – Aprile 2016