PROPERTIUS GALLUS
ELEGIE I, 21 – I, 22
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Ho investigato in termini di logica strutturale, ho cercato nel cuore di un’opera immortale. Gallus in I, 21 è il padre di Properzio. Metto in evidenza, da subito, un dato che già da solo parla chiaro.
In NOSTROGEMITU / TURGENTIA LUMINA TORQUES è contenuta, ripetuta due volte, la parola GENITOR.
Gallus è il padre del poeta, e non è – dunque – uno zio paterno o materno, o altro. La verità è questa, tutte le altre ipotesi sono semplicemente false. La conseguenza diretta di questa verità – certa e autentica – è che il “paradigma properziano” è sbagliato.
Non è, questa, la sola prova di cui possiamo disporre: nel sigillo o sphragìs del Monobiblos c’è una ampia serie di prove, congegnate tra loro ad arte, ovviamente riguardanti sia l’identità di Gallus, sia l’identità della misteriosa soror – appunto “sorella di chi?” -, e sia pure la prova derivata circa l’anonimo transfuga etrusco, che si era potuto salvare nella guerra di Perugia del 41 – 40 a.C.
Le ignotae manus e i Perusina sepulcra fanno parte di un intensissimo “giallo” letterario, molto più denso del “giallo” politico della relegatio al Ponto Eusino di Ovidio, un tempo amico e frequentatore di Properzio. Ovidio era nato il 20 marzo del 43 a Sulmona. Tra Properzio e Ovidio correva una differenza di età di appena 4 anni di età.
La soror– che è la sorella di Gallus : e “Properzio segreto” dice di nascosto la verità, essendo stato costretto a mentire nel testo poetico, e cioè a inventare una vicenda di copertura, per poter così introdurre il morto parlante, che era suo padre! – in realtà è una Propertia, ed è – costei – la madre di Tullo Volcacio, il rampollo di un’importante famiglia etrusca, di origine perugina, i Velcha, divenuta a Roma di rango consolare nel 66 a.C. e poi di nuovo nel 33.
Il transfuga etrusco è ugualmente un Volcacio di Perugia, parente del console del 33, L. Tullo Volcacio, che era un discendente del primo console del 66, ricordato da Orazio in un’ode per Mecenate, il cui ramo – come dicevamo – proveniva da Perugia [attestazione anche in Massimo Pallottino, Etruscologia].
Per il resto, va bene quanto detto da Giorgio Bonamente, in un suo ben noto articolo del 2002, “Properzio, un esponente della aristocrazia municipale di Asisium nella Roma di Augusto”: ma, in pratica, poco resta in piedi di questo famoso articolo. Bonamente – come tutti gli Studiosi di Properzio – è rimasto condizionato e incantato dalla magnifica veste Coa di Cinzia, senza riflettere a fondo sul fatto che le Elegie sono dichiaratamente fallax opus.
Quanto a Cynthia-Hostia da Tivoli, è stato – più di recente – il grande properzianista Paolo Fedeli – nel 2008, con “Killing Cynthia” – a fare purtroppo piazza pulita della ‘favola’, sempre creduta, di una Cinzia amata da Properzio, esistente come donna reale, in contrasto con la testimonianza di Apuleio e con quanto asserito da Filippo Coarelli sempre nel 2002.
Chiaramente, nessuna donna infamata, riconoscibile pubblicamente a Roma –matrona o meretrice che fosse – poteva essere accostata sul serio ai nomi altisonanti di Mecenate e di Caio Ottaviano Augusto. La favola degli “Amanti del Tevere” è tramontata. A questa favola prestò fede l’Accademia Properziana del Subasio.
Il Gallus di I, 21 – e tanti i “Gallus” nel Monobiblos: tutto fatto apposta! – non poteva penetrare nelle Elegie [destinate a Cynthia], se non parlando in prima persona; ma, a questo punto, occorrevano almeno altri due personaggi, che ciò gli consentissero, appunto per poter arrivare fino a Tullus Volcacius e a Sextus Propertius – quest’ultimo come congiunto stretto: cioè propinquus [un rapporto di parentela non specificato, così come non ci si firmava, a differenza degli altri libri, nel “sigillo” del Monobibos, e qui non si riferiva nemmeno il nome della città natale, però posta nel cuore dell'Umbria antica].
L’amico Tulllo Volcacio, che nel 29 aveva già raggiunto l’Asia minore, lì accompagnando lo zio, a sua volta fratello del console del 33, è il dedicatario della Cynthia, uscita a Roma nella tarda estate del 29. Nel 29, Properzio, di anni ne aveva 19. Era al suo esordio poetico, trasferitosi da piccolo da Assisi a Roma con la madre, dopo aver perduto il padre quando ci furono gli espropri.
Tullo Volcacio, in realtà suo cugino di primo grado, non poteva essere console nel 30-29, a meno che non avesse qualche in più del poeta esordiente, che era nato ad Assisi, nel 48. Si badi bene: questi dati, che si possono leggere qua e là, sebbene non da tutti seguiti e accettati, sono invece i dati veri della biografia di Properzio, affidata [in IV, 1] all’indovino Horos, quale alter ego.
Si deve alle mie scoperte la possibilità attuale di poter fissare i punti fermi della vita del poeta, nato ad Assisi nel 48, e che sicuramente non morì nel 15 o nel 14, per cui è stato abbastanza ridicolo celebrarne nel 1985 il “Bimillenario”.
Ecco il testo accolto dai Filologi delle due elegie o epigrammi brevi del sigillo anonimo del Monobiblos, composti di 10 versi ciascuno: e composizioni tra loro separate e distinte, per un numero complessivo di 22 elegie in totale.
Elegia I, 21
<< TU, QUI CONSORTEMPRO-PER-ASEVADERE CASUM, Tu che t’affretti a sfuggire alla mia sorte,
MILES AB ETRUSCIS SAUCIUS AGGERIBUS, o guerriero ferito delle trincee etrusche,
QUID NOSTRO GEMITU TURGENTIA LUMINA TORQUES? perché al nostro gemito torci lo sguardo?
PARS EGO SUM VESTRAE *PROXIMA MILITIAE, Parte io sono vicina alle vostre milizie,
SIC TE SERVATO POSSINT GAUDERE PARENTES, così che te in salvo ne possano gioire i parenti,
NE *SOROR ACTA TUIS SENTIAT E LACRIMIS: ma non sappia (mia) sorella dalle tue parole la mia sorte:
GALLUMPER MEDIOS EREPTUM CAESARIS ENSIS Gallo, scampato alla mischia delle spade di Ottaviano,
EFFUGERE IGNOTAS NON POTUISSE MANUS; non poté sfuggire a ignote mani;
ET QUAECUMQUE SUPER DISPERSA INVENERIT OSSA e quali ossa siano state ritrovate sopra
MONTIBUS ETRUSCIS HAEC SCIAT ESSE MEA >>. i monti dell’Etruria, queste le si considerino mie.
Elegia I, 22
QUALIS ET UNDE GENUS, QUI SINT MIHI, TULLE, PENATES Chi io sia, da dove venga, e quali i miei Penati, Tullo,
QUAERIS PRONOSTRASEMPERAMICITIA.tumi domandi per la nostra amicizia di sempre.
SI PERUSINA TIBI PATRIAE SUNT NOTA SEPULCRA, Se ti sono noti della patria i perugini sepolcri,
ITALIAE DURIS FUNERA TEMPORIBUS, funerali d’Italia in tempi feroci,
CUM ROMANA SUOS EGIT DISCORDIA CIVIS, allorché la Romana Discordia sconvolse i cittadini,
(SIC MIHI PRAECIPUE, PULVIS ETRUSCA, DOLOR, (così a me, speciale dolore, o polvere Etrusca,
TU PROIECTA MEI PERPESSA ES MEMBRA *PROPINQUI, tu che lasciasti del mio propinquo disperse le membra,
TU NULLO MISERI CONTEGIS OSSA SOLO), tu che non concedi al misero nemmeno un pugno di terra),
*PROXIMA SUPPOSITO CONTINGENS UMBRIA CAMPO l’Umbria prossima, che tocca la valle sottostante,
ME GENUIT TERRIS FERTILIS UBERIBUS mi generò da terre fertili ed ubertose.
Abbiamo il fascino oscuro di un rapporto internotriangolare, che attingendo ai vertici assoluti della Poesia, si espande all’esterno, fino al giovane Tullus, comprendendo – nel libro secondo – anche Mecenate ed Augusto, insieme ai lettori del Foro, ma il rapporto plurimo coinvolgeva segretamente Mecenate già nel sigillo del primo libro, il suo nome nascosto nel verso 7 di I, 22 – che è poi speculare a I, 21, 7 in cui compaiono Gallus e Cesare Ottaviano Augusto.
Nel verso 7 di I, 22 Properzio ha seppellito — da genio qual era! — un eccezionale anagramma: MAECENAS ESQUE SPEM PROPITIA UMBRI PROPERTI. E sempre da genio – forse il più grande poeta di tutti i tempi! – Propezio in I, 22 – versi 3 – 5 – ha posto l’acrostico SIC che fa da raccordo tra i sic testuali di I, 21 e I, 22!
La firma segreta del Monobiblos è garantita – anche e non solo – dai contenuti espliciti della II, 1 – ove a proposito di Mecenate si ripete la parola spes.
Le due brevi elegie I, 21 e 22 sono il polo d’attrazione dell’opera intera.
E’ un vero giallo, in cui il “parente stretto” della “vittima” “scagionerebbe” forse il suo probabile assassino? Stando a Giorgio Bonamente qui avremmo un’accusa velata, una chiamata a correo di Caio Ottaviano Augusto, nonostante le ignote mani, che avrebbero ucciso “Gallus” sui monti etruschi mentre ormai si sentiva già in salvo.
Peccato che Bonamente, e tutti gli altri Studiosi properziani, non si siano mai accorti dei vari segnali in serie, che caratterizzano I, 21 e I, 22 in modo diretto e guidato: per cui, io che ne ho fatto la grande scoperta, sono oggetto di cortese silenzio, per non dover essere ufficialmente dichiarato visionario.
Il segreto è durato per due millenni, e vi sto rivelando la verità per i Cinque secoli di vita dalla fondazione dell’Accademia Properziana del Subasio avente sede ad Assisi, una delle più antiche d’Italia, che dovrebbe essere retta in modo libero e autonomo da un suo statuto, e non condizionata – per esempio – da Unipg.
Assisi- Asis è la città natale di Properzio. E ancora una volta la prova autentica del luogo di nascita viene fuori indiscutibilmente da cifre mai viste prima da nessuno, tuttavia ben presenti nell’opera.
Scriveva W. Heubner [nel 2002] che in passato si è assunto senza plausibilità che quel propinquus sia il padre di Properzio [Rothstein nel 1898]. Sarebbe invece plausibile [P. Fedeli, ripreso nel 2002 da Giorgio Bonamente] che la soror [s’intende di Gallo] sia la madre di Properzio.
Esattissimo, però, anche l’interrogativo di Ettore Paratore, che pur senza prove, nel 1936 disse quanto ora vi sto provando. Paratore – giustamente – si domandava: Sorella di chi? Dipende – infatti – da chi è Gallus.
Gallus ovvero il morto parlante del bellum Perusinum, può essere il marito o il fidanzato della “sorella” del transfuga etrusco, può essere viceversa uno zio paterno o materno del poeta, può essere anche un fratello maggiore, e può essere il padre di Sesto Properzio. Anzi, è proprio suo padre.
Si doveva già comprenderlo dai riferimenti fatti dall’indovino Horos: lo aveva capito il Bonazzi nell’800, poi lo dissero il Paratore e la sua allieva Maria Luisa Angrisani. Aveva ragione il Rothstein. Ha invece torto chi ha pensato a uno zio materno: Fedeli e Bonamente hanno torto. Loro, però, le anime dei Convegni Internazionali Properziani, che ogni due anni si tengono ad Assisi. Senza nulla togliere al loro grande e giustamente riconosciuto valore, sia a livello nazionale che internazionale, essi semplicemente si sono sbagliati. Con loro due, tutti quanti; e per ben due millenni.
Properzio ha costruito in modo ingannevole degli “insolubilia” apparenti, ma di nascosto vi ha immesso tutte le chiavi risolutorie. In Properzio segreto tutto quanto ritorna a galla in modo chiaro e perfetto. Per duemila anni nessuno ci avrebbe fatto caso: incredibile ma vero. Ma il dotto grammatico cristiano Fulgenzio Planciade riportava un verso non elegiaco di Properzio, il nostro Francesco Frondini scrisse nel ‘700, sotto l’anno 1641, che presso il Padre Franchi c’era un bellissimo esemplare in pergamena del Monobiblos di Properzio, ove eran versi non dati alla luce. Forse i duemila anni trascorsi ci nascondono altri segreti, ma io li ho ritrovati.
La soror di Gallus è la madre di Tullo, il transfuga etrusco era un Volcacio -Velcha di Perugia, Gallus era il padre di Properzio. Ed è fatto, in segreto, anche il nome di Mecenate, accanto a quello dell’Autore: vedi sopra.
E’ questa la verità autentica. I cinque secoli di vita dell’Accademia Properziana del Subasio sono stati celebrati, a marzo del 2016, da un ricercatore solitario di verità nascoste. Erano le Idi di marzo del 40 a.C. quando Gallo Properzio fu mandato a morte a Perugia, dopo aver combattuto tra gli assediati. La città cadde per fame.
Ecco lo schema triangolare, palese a testo:
G = Gallus
T = Transfuga estrusco
S = Soror
G ========= T
= =
= =
S
Relazione GS = relazione GT [Soror di chi?]. La relazione reciproca GT = TG è quella tra i due commilitoni – un umbro e un etrusco – oppure è qualcosa di più, un rapporto speciale aggiuntivo? I rapporti interni – e poi anche esterni – richiedono un esame pertinente. Infatti, si vede subito che cambiano i risultati possibili se la soror è “sorella” di G oppure di T [sono possibili indifferentemente le due ipotesi].
Si è voluto preferire dagli Studiosi il rapporto “S sorella di G“, ma non è detto che ne consegua necessariamente che S sia la “madre” di Sesto: difatti, fermo restando S su G, è ugualmente possibile che G sia invece il “padre” di Sesto. Sono – cioè – plausibilità opposte, il che è piuttosto illogico. Quale sarebbe, allora, il caso maggiormente plausibile?
Non è possibile stabilirlo in base al testo poetico, quindi non c’è – a testo – alcun grado di plausibilità.
G. Bonamente nel 2002 non ha svolto correttamente l’argomento: questo è il primo dato, rigorosamente logico.
Dove mai porterebbe la relazione S su T? C’è perfetta equivalenza. Sarebbe coinvolta la relazione qualificata tra G e T, per arrivare poi a Sesto. In questo triangolo, tutto è equivalente ed è speculare: non c’è via d’uscita in base al testo poetico. Il caso, apparentemente insolubile, ha invece una soluzione interna per segnali e chiavi progressive.
La soluzione autentica dell’enigma è stata inserita di nascosto, così cessando ogni apparente equivalenza. CHE GENIO PROPERZIO!
Le cifre utilizzate da Properzio sono di vario tipo. L’una aiuta l’altra, e tutte s’integrano, e si completano, aldilà di ogni dubbio. Suoni indicativi, martellati e ripetuti: pro – per – pro / tu, tu, tu, Tulle. Un mesostico, accompagnato in parallelo da un acronimo; un acrostico; tre anagrammi; e la versione unitaria di Horos, fornita in chiusura nel quarto libro, e siglata da un eccezionale telestico. Altri eccezionali giochi di parole. Il sigillo del Monobiblos e la prima elegia del quarto scritta per ultima, sono strettamente legati: una è l’opera – unum opus.
Ecco dunque la ragione del perché vengono i brividi leggendo il “sigillo” del Monobiblos, cosa che non avviene sempre e in maniera così forte leggendo di “Cinzia”, tranne quando questa donna immaginaria [Fedeli 2008], in sé rifletta segretamente Gallus. Ed è un vero effetto domino, fondato sulla parola ossa, che è la più frequente nelle Elegie: ovunque presente.
Il lettore che ha scoperto il segreto delle Elegie non può più accettare le ipotesi W. Heubner [La vita, la patria, l'oroscopo di Properzio]; non può accettare la Montanari Caldini [Horos e l'ispirazione necessaria]; non può accettare nemmeno Paolo Fedeli o Giorgio Bonamente; non può accontentarsi delle bellissime pagine di Paratore [molto più belle di quelle di Antonio La Penna, 1977], perché quanto gli Studiosi affermano sulla vita del poeta, è purtroppo sfornito di prova. Le prove stanno direttamente dentro la I, 21 e la I, 22: due sommi capolavori criptici, d’immensa Poesia dell’Anima.
Il paradigma corrente è erroneo in relazione anche allo mistero o questione dell’opera “ingannevole”. Chi più grande di Properzio? In I, 21 e 22 si colloca il massimo concentrato di cifre. Gli esiti del percorso che vi sto mostrando sono, infatti, voce autentica della verità.
Nonignote le mani che uccisero Gallus, il padre del poeta, come indicava al termine dell’opera – unum opus / fallaxopus – anche il verace indovino Horos, ‘alter ego’ di Propertius: da Roma ad Assisi, passando per Bevagna, poste sul medesimo asse geografico sud – nord. Ed è il ritorno!
L’assassino di Gallus fu Caio Ottaviano, alle idi di marzo dell’anno 40 a.C., nella crudelissima strage di Perugia. Le Elegie – opera unica – contengono le ossa di Gallus fino a condurle alla meta astrale della loro glorificazione celeste. Il cielo si è spalancato. Per questa ragione la parola ossa è presente anche nell’ultimo verso dell’opera, che è dichiaratamente illusoria e fallace.
Proviene direttamente da “Properzio segreto” il completamento razionale della sua autobiografia, affidata a Horos, con la notizia della nascita in Assisi, probabilmente nel giugno dell’anno 48 a.C.
Con ogni probabilità il nostro grandissimo poeta – forse il più grande di tutti – morì ad Assisi, prima del 2 d. C. [e non nel 15-14 a.C.]. E qui sarebbe forse stato sepolto: cfr. II, 13 – 14 – 15 in relazione al sepolcro romano di san Rufino in Assisi, col mito lunare di Endimione [la risepoltura “eroica” di Sesto Properzio potrebbe derivare dal suo discendente e municipale Paolo Passenno, di cui conosciamo il sepolcro, lunga la via antica che va verso San Damiano.
Il sepolcro di Properzio potrebbe, dunque, essere stato il grande sacello del c.d. Torrione, mentre l’urna marmorea - erroneamente riportata al terzo secolo - sarebbe d’età traianea. Questione sottile, quando sul Torrione c’è uno studio di Bonamente che ha buon fondamento. Ma potrebbe non essere completo, e per varie ragioni.
Le cifre che consentono di stabilire in forma autentica le identità di Gallus e della soror – che è sorella di Gallo e madre di Tullo Volcacio – sono chiare.
Gallus è un Propertius.Lo provano insiemel’acronimo properas – impiegato con infinita malizia letteraria da un genio che ha modulato epitaffio di Pacuvio e un epigramma autobiografico di Callimaco in aggiunta al properas di I, 5 ove compare il primo Gallus della strana serie –, il mesostico Proper t ius, accortamente inserito in I, 21, 1 - 3, e infine il doppio Genitor contenuto in I, 21, 3. Il propinquus non poteva non essere un PROPERTIUS.
Il transfuga etrusco – in realtà graziato a Perugia nelle fatali idi di marzo dell’anno 40 con “un segno della mano” – era un Volcacio, parente di Tullo.
Qui Bonamente ha la riposta alla sua ‘domanda’ su che ruolo avessero avuto i Volcacii – Velcha nel bellum Perusinum.
Ignotas manus significa at signo manus. Non “mani ignote” – di predoni, di militari comandati ad agire nelle retrovie – bensì fu col segno della mano!
Ed era la strage dei 300, a Perugia, alle idi di marzo dell’anno 40: le arae Perusinae di un passo di Seneca, i Perusina sepulcra di Properzio dolente, rivolto a suo cugino Tullo. Vinse Ottaviano.
Ho fornito prove certe in “Properzio segreto” della sua nostalgia per la figura di Marco Antonio. Esistono riscontri testuali indubitabili.
Propertia nostra sem amici – cioè soror et mater di Tullo – è l’altra chiave. Piena conferma che la soror di Gallus Propertius è Propertia, madre di Tullo.
Pronostra semperamicitia – clausola corrispondente a pro continuo te, Galle,amore in I, 20, 1 [mito efebico di Ila ed Ercole, con richiamo a Cornelio Gallo poeta degli Amores, ma anche importante generale romano, che nel 26 verrà fatto eliminare da Augusto], è la prova certissima del genio di Properzio.
Le prove sono ancora di più, e appartengono alla relazione reciproca tra I, 21 e I, 22. Una prova evidentissima – mai notata prima! – è l’acrostico SIC che marca tre versi importanti di I, 22:
SI PERUSINA TIBI PATRIAE SUNT NOTA SEPULCRA,
ITALIAE DURIS FUNERA TEMPORIBUS
CUM ROMANA SUO EFIT DISCORDAI CIVIS
L’acrostico SIC fa ponte sul sic di I, 21, 5: sic te servato e sul sic di I, 22, 6: sic mihi praecipue. Ed è la verità drammatica di un figlio, a quel tempo ancora un bambino: “così, a me, specialmente, o polvere etrusca, o dolore”!
Le Elegie sono un autentico “labirinto” – cfr. II, 14, 8 – con parole chiave che si ripetono da una composizione all’altra e da un libro all’altro.
Properzio “allusivo” è lo strato superficiale di “Properzio segreto”: l’uno rinvia all’altro, integrandosi. Finalmente esiste un vero paradigma properziano.
Ne discuta l’Accademia al proprio interno, e poi con i suoi Soci. Non è stata intitolata a Metastasio.
Se ne celebri il quinto centenario, come in III, 10: Natalis nostraesignum misere puellae – mane Camenae. *Et caelum patuit.
Arcangelo Papi – Assisi, 4 marzo 2016