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Discutendo su Majorana

 

 

 

DISCUTENDO SU “MAJORANA”

 

1* Il “caso differente” è forse il massimo “giallo” del ’900. Ed è un caso enigmatico, lungi dall’essere stato chiarito. Nessuna delle ipotesi finora affacciate sembra avere senso, eccezion fatta per la fuga segreta in Germania. Otto mesi dopo, Enrico Fermi fuggiva dall’Italia, per rifugiarsi in America con la sua famiglia, dopo aver ricevuto a dicembre il premio Nobel per la fisica a Stoccolma, che gli era stato annunciato con qualche mese di anticipo da Bohr.

Quest’ultima ipotesi non ha però un riscontro diretto, altrimenti il “caso” sarebbe risolto.

Non esiste alcuna prova, certa e indubitabile, sulla presenza di EM in Germania durante gli anni del conflitto, sebbene il permanere del segreto iniziale possa giustificare l’assenza di qualsiasi notizia, tranne due casi: una relazione segreta dell’ambasciatore della R.s.i. a Berlino, Filippo Anfuso, che era nato a Catania, la stessa città natale di Majorana, conservata nell’archivio di Bruno Spampanato, direttore del Messaggero di Roma prima dell’8 settembre 1943, risalente al settembre 1944; due messaggi radio, in codice Enigma, trasmessi dalla centrale “Odessa” di Barcellona, del febbraio 1947, intercettati dai servizi segreti inglesi e poi comunicati ai servizi segreti americani. La pista dell’Argentina del noto saggio di Erasmo Recami, ristampato ancora nel 2011, potrebbe dunque rappresentare l’ulteriore proseguo della misteriosa scomparsa con destinazione segretissima per la Germania di Hitler, in vista un conflitto globale di lungo periodo.

Lungo tale direttrice sembra concentrarsi l’accumulo degli indizi, mentre la militanza “nazista” di Majorana, con iniziali simpatie sorte nel 1933, durante i mesi del soggiorno di studio a Lipsia, potrebbe essere proseguita nei c.d. anni oscuri, che vanno dal suo rientro a Roma nell’agosto di quell’anno fino al conseguimento della cattedra in fisica teorica presso l’Università di Napoli.

Nel periodo che va dal 1934 al 1937, Majorana, ormai al culmine della notorietà internazionale, si era però ritirato a vita domestica, rifiutando contatti. In questo periodo oscuro, ma continuando a muoversi liberamente, si era interessato al calcolo dei rapporti di forza navale tra le più potenti flotte del mondo. Inoltre, aveva più volte presentato un programma d’insegnamento in fisica teorica come libero docente, senza ottenere incarichi. Dal 1928 era vacante a Milano la cattedra di fisica teorica, già ricoperta da Aldo Pontremoli, un collega di Fermi, perito nel disastro del Dirigibile Italia precipitato sul pack polare.

Una testimonianza, resa di pubblico dominio con una lettera al settimanale Epoca il 9 maggio 1965 [n. 763 – anno XVI] da Fiorenza Tebalducci, una giovane e bella ragazza che nel 1935 abitava Firenze, confermerebbe una specie di doppia vita di Majorana, che non appena ritornato da Lipsia, si era distaccato del tutto dal gruppo di fisici in via Panisperna, che guidato da Fermi, di fatto, alla fine del 1934, aveva fissionato l’atomo di uranio, mediante ‘bombardamento’ con neutroni lenti.

Nel 1935, stando alle dichiarazioni della Tebalducci, Majorana avrebbe frequentato a Firenze, presso il circolo universitario, uno strano gruppo di studenti stranieri, che forse parlavano in finnico (studenti danesi). A Firenze, nel 1935, si discuteva già sulla possibilità di sfruttamento dell’energia nucleare [testimonianza di Publio Magini].

Tra le poche carte che sarebbero rimaste di questo strano periodo, anche un articolo sul ruolo delle leggi statistiche anche nelle scienze sociali, pubblicato da Giovanni Gentile jr. nel 1942, che si concludeva con un auspicio sull’arte non facile del buon governo.

Ed è questo il presupposto minimo1 che possa giustificare l’ipotesi della fuga segreta in Germania, sparendo da Napoli in circostanze misteriose, alla fine di marzo del 1938, parlando di lutto.

Si trattava di una scomparsa per lettera, definita improvvisa, che si presentava a danno esclusivo dei suoi familiari. Il mare lo aveva rifiutato, e dunque sarebbe di nuovo tornato a Napoli, sempre via mare! Ed è da questo momento che si perdono le tracce dello scomparso, ma la mancanza del cadavere rendeva impossibile il lutto, espressamente di soli tre giorni. Perché voleva buttarsi dalla nave, durante l’andata: ma aveva in tasca soldi e passaporto. Da Palermo, la mattina dopo, fa sapere che sarebbe tornato subito, partendo la sera stessa. Quindi l’arrivo a Napoli la mattina all’alba di domenica 27 marzo, avrebbe preceduto il recapito della sua ultima lettera ad Antonio Carrelli, il tramite, mentre rimaneva un brevissima lettera d’addio per i suoi cari, lasciata nella stanza dell’albergo Bologna dove si era stabilito da più di un mese e dove affermava che avrebbe fatto ritorno, spiegando i dettagli.

Non ricomparve, ma sembra pure che abbia bussato inutilmente presso due conventi di gesuiti a Napoli, e che sia stato visto e riconosciuto da un’infermiera, in giro nel centro della città vestito come quando aveva lasciato l’albergo Bologna verso le ore 17 di quel venerdì 25 marzo (cappello marrone e soprabito grigio).

Dati contradditori, forse artificiali, e persino dolosi.

Le altre ipotesi finora affacciate hanno dei limiti oggettivi evidenti. E si tratterebbe: di una fuga successiva per la vergogna di un gesto insano per il quale gli mancò il coraggio; il suicidio durante il viaggio di ritorno in nave; il ritiro conventuale; una fuga dal mondo, preordinata e volontaria, fingendo il suicidio; la fuga deliberata in un paese lontano; il vagabondaggio e quant’altro. Compresi i casi esterni del rapimento e/o l’assassinio per un oscuro e inspiegabile “affare di Stato”, oppure una morte precoce, che sarebbe avvenuta nel 1939.

Queste ipotesi non hanno alcun senso oppure non trovano alcun aggancio con ultime lettere del 1938, prima della scomparsa.

EM si sarebbe imbarcato per Palermo con adombrati ma ambigui propositi di suicidio, munito tuttavia di denaro e di passaporto, per scrivere – la mattina dopo – che sarebbe subito ritornato all’albergo Bologna, ed è invece la volta sparisce, salvo alcune riapparizioni a Napoli, per sentito dire, sprovviste di ragionevolezza e di riscontri.  Tutto ciò a danno esclusivo dei suoi familiari, ai quali era affezionatissimo.

E’ sparito (forse si uccise) l’uomo in crisi, oppure lo scienziato? Il cadavere non è stato mai trovato. Inoltre non sappiamo “dove”, “come”, “quando” e soprattutto “perché” sia “scomparso” in quella maniera, che tuttavia non può essere destrutturata e revocata in dubbio’, falsificando lo strano caso, differente da quello di una volubile e incerta ragazzaibseniana.

Con una lettera “espresso”, fa sapere – da Palermo – che sarebbe tornato subito, riprendendo il traghetto la notte stessa. Con un telegramma afferma invece che tornerà lunedì (parola già impiegata nella lettera del 19 marzo, insieme a telegramma!).

In una scomparsa avvenuta per lettera, sono quelle stesse “lettere” il documento imprescindibile. Non interrogarle a dovere significa eludere l’argomento di sana pianta ed evadere arbitrariamente dal thema decidendum posto e ritagliato razionalmente ‘per lettera’.

In questo grave errore sono caduti tutti gli Autori su Majorana, a cominciare da Edoardo Amaldi, che quelle lettere finse di non conoscere, con l’appoggio della famiglia evidentemente interessata alla non chiarezza.

Non ha alcun senso il ritiro in convento, all’insaputa della famiglia. Non ne ha in modo assoluto, proprio dopo le atomiche sul Giappone (6 e 9 agosto 1945). Né Majorana poteva raggiungere l’Argentina, nel 1938, senza un passaporto valido, di cui difatti non disponeva.

Giocare a nascondino è un perfetto non senso. Mentre l’ipotesi esterna di un delitto per un presunto affare internazionale è altrettanto assurda: Majorana chiese la parte liquida dell’eredità paterna il 22 gennaio, mentre il 26 marzo mattina fu lui a revocare la decisione del giorno prima.

Rimangono in piedi le ipotesi della fuga dolosa e del suicidio. Il themadecidendum è questo.

L’ipotesi del suicidio durante il viaggio di ritorno è altrettanto assurda. Non solo è stata esclusa nella lettera del 26 marzo, se la si legge nel senso giusto, ma si sarebbe dovuto buttare dalla nave con tutto il cappello marrone.

Rimane l’ipotesi della fuga dolosa. Ma, per quale ragione? Infine: per dove, se il passaporto era valido soltanto per i paesi europei?

Erasmo Recami si è contraddetto su un punto essenziale. L’ipotesi conventuale di Sciascia è un non senso ex post. Il caso dell’affare di Stato è sonoramente smentito dalle lettere e dal comportamento di Majorana.

2* Dopo la pubblicazione su Repubblica della fotografia presa nel luglio del 1950 a bordo della nave italiana “Giovanna C.” diretta in Argentina, è emersa la versione strampalata della morte precoce di Majorana nel 1939, più di un anno dopo la sua scomparsa, che si fonderebbe su una lettera del 22 settembre del 1939, da parte di Padre Ettore Caselli ai familiari dello scomparso, che avevano deciso di istituire una pia borsa di studio di 20 mila lire. In questa lettera si parlava di “caro estinto”. Senza esibire la lettera di richiesta della famiglia, che l’aveva originata, e sul presupposto ovviamente infondato che il Padre Caselli fosse anche un ufficiale dell’anagrafe, abilitato alla certificazione di morte.

Il primo a sostenere tardivamente, nel 2012, questa evidente assurdità è stato il Prof. Francesco Guerra, fisico teorico presso La Sapienza di Roma. In precedenza, con identica ‘credibilità’, il Prof. Guerra aveva affermato che il terzo passeggero su quella nave diretta in Argentina, l’uomo con gli occhiali scuri e i capelli neri, di corporatura minuta e alto esattamente un metro e 68 centimetri, fosse Gustav Wagner (che era un gigante biondo), oppure Alois Brunner (per nulla rassomigliante). Quei due profughi, ex nazisti in fuga, non solo non erano presenti sulla nave “Giovanna C.”, ma non andarono mai in Argentina.

La prova di morte non ammette mere ipotesi, ma solo fatti certi. Manca il certificato di morte. Manca anche il cadavere, nel senso che nessuno sa indicare la tomba in cui Majorana sarebbe stato sepolto in tutta segretezza. Se poi venisse un giorno indicata la sepoltura, occorrerebbe allora riesumare la salma per verificarne la data di morte. La famiglia non gli avrebbe riservato alcuna pietà funebre, alcun culto di memoria per la salma. La madre di Majorana e la sorella non ne avrebbero saputo nulla, giacché la madre, nel 1965, prima di morire, lo nominò per testamento, per quando sarebbe tornato. Mentre la sorella Maria, negli anni ’80, parteciperà in prima persona alle ricerche di Recami in Argentina.

Il Prof. Guerra pretende di essere creduto. Su che basi?

Non si sa nemmeno se abbia avuto la disponibilità materiale della lettera originale del Padre Caselli, non di una fotocopia, e come se la sia procacciata. Stefano Roncoroni, autore nel 2013 della stessa pseudo rivelazione-verità, aveva lui in mano l’originale? Dove di trova questa lettera? E perché manca la lettera precedente che l’ha originata? Con la conclusione, pressoché certa, che la lettera di Padre Caselli era già in possesso di Amaldi, che nel 1966 la omise, pronunciandosi nel senso che, dopo la sua scomparsa, di Majorana non si era saputo nulla.

Infine, l’antefatto storico e materiale della misteriosa sparizione dell’affezionatissimo Ettore Majorana, oggettivato nelle sue ultime lettere, in una scomparsa per lettera, non coincide in nulla con l’ipotesi di una inspiegabile e inspiegata morte precoce nel 1939, prima dello scoppio della seconda guerra mondiale (3 settembre 1939). Per raggiungere lo scopo di ritiro, e cioè di una sottrazione definitiva, c’erano mille maniere diverse.

Guerra e Roncoroni chiedono ai lettori di avallare un assurdo gioco a nascondino, dopo che Ettore Majorana aveva provocato, lui da solo, le ricerche del ‘vivo’, coinvolgendo anche l’operato istituzionale della Polizia!

Questa strampalata ipotesi del “caro estinto”, uscita fuori 74 anni dopo la scomparsa (perché non prima?), ha la stessa identica credibilità zero dell’ipotesi contraria del complotto, sostenuta dal Prof. Umberto Bartocci violando ogni criterio di aderenza ai fatti certi, lettere e comportamenti di Majorana in primis.

Non è con gratuite invenzioni, costruite arbitrariamente a cascata sul fatto da spiegare, e cioè che manca sempre il cadavere, che si può pretendere di argomentare secondo logica. Tanto peggio, come appunto in questi due casi, benché tra loro opposti, in cui si però si pretende ugualmente di disarticolare i fatti e di evitare le parole e i comportamenti dello scomparso che lo escludono in partenza.

3* Soltanto una perizia scientifica potrà appurare se l’uomo sulla nave sia o non sia Ettore Majorana diretto in Argentina; ma è cosa certa che questo individuo gli assomiglia assai, mentre non gli rassomiglia in nulla la foto di certo signor Bini, esibita nel 2008 da un certo Francesco Fasani, oggi deceduto (con Majorana forse in Venezuela).

Roncoroni e Guerra, ma anche Bartocci (quest’ultimo ha supposto che Ettore Majorana sia stato fatto fuori da un qualche servizio segreto avversario della Germania, forse dall’Irgun) si mettano pure l’anima in pace: della questione è stato investito un nucleo del R.i.s. di Roma, che si è recato in Argentina, e che nel dicembre 2013 ha consegnato atti e documenti alla Procura della Repubblica di Roma, che nell’aprile 2011 avviò un’indagine penale conoscitiva sulla scomparsa di Majorana.

Non è avvenuto prima, ma tutto ciò è occorso soltanto ‘dopo’ la pubblicazione su Repubblica (17 ottobre 2010) di quella fotografia a bordo della nave “Giovanna C.” diretta in Argentina. Come mai?

Le dichiarazioni del Fasani a “Chi l’ha visto?”, su Rai 3, risalivano al 2008.

Chiunque legga le lettere di Majorana del 1938 è in grado d’ intendere che egli mentiva. Quando iniziò a farlo e sopratutto per quale motivo?

Era il “caso” personale dell’individuo ormai in crisi, oppure il caso “differente” dello scienziato? La trama o vicenda della scomparsa è effettivamente spezzata in due – cioè una volontà del prima e quindi il ‘dopo’, almeno nel senso che erano sincere le intenzioni iniziali di suicidio – oppure contro le apparenze è una trama unitaria, dolosa e fraudolenta, ma sempre consumata a danno degli affetti familiari?

Sono contento degli studenti (2 marzo). Non è questa la ragione della crisi personale. Ettore era contento di andare a Napoli e di insegnare. Volle fortemente la cattedra, e difatti la ottenne: ma, di sicuro, non per andare a insegnare a Palermo, insieme a Segrè.

Era savio ed equilibrato. Sono parole della madre.

A uccidersi non ci pensava proprio. E sono queste le parole di Gilda Senatore, la bella allieva alla quale Majorana, la mattina del 25 marzo, prima di sparire, consegnò una cartella di manoscritti con il testo delle lezioni, dicendole: Poi ne parleremo, poi neparleremo.

Le lettere del 1938 e i comportamenti di Majorana sono irti di contraddizioni volute. Le lettere contengono una serie di segnali su due livelli testuali, indicando due parole chiave per la comprensione del terzo e ultimo livello. I due livelli testuali sono necessari e sufficienti (e lo sono anche in modo costringente) per risolvere il paradosso del mentitore. Per capire quando e perché iniziò a mentire. Il terzo livello ipo-testuale dà ragione anche degli ulteriori dettagli promessi, secondo le ultime parole (per Carrelli): Sono a tua disposizione per ulteriori dettagli.

Carrelli-cartelli era il tramite necessario della scomparsa per lettera.

Le lettere del 1938 contengono, nelle loro pieghe, in modo costringente, la soluzione autentica del caso differente. Espressione decisiva Il mare mi harifiutatoe

Di tutto ciò ho dato ampia e documentata dimostrazione nei pezzi precedenti. Il che vale, però, fino a domenica 27 marzo del 1938, che effettivamente era il “giorno del sole”. Quella mattina alle 11 giunse ad Antonio Carrelli l’ultimo espresso da Palermo, sabato 26 un telegramma aveva preceduto le lettere e aveva spiegato tutto: per capirlo, occorreva conoscere anche le altre lettere del 1938 a far data dell’11 gennaio. Carrelli, lo strumento o tramite di cui si era servito Majorana per la sua scomparsa dolosa e preordinata, certamente non era in grado di comprenderlo, ma sì potevano e dovevano capirlo i familiari dell’affezionatissimo Ettore.

Non è detto che le indagini in corso riescano a far luce sul caso Majorana. Ettore Majorana delineò il thema decidendum della sua scomparsa senza ambiguità, mentendo.

Le lettere che realizzavano la scomparsa, così creando l’enigma, contengono parimenti la soluzione autentica del caso, per quanto era dato di poter sapere ai suoi, ma ex post, a sparizione avvenuta. Sfido chiunque a dimostrare il contrario.

Il giorno 25 marzo abbiamo un poi e due dopo, preceduti da altri rinvii nelle lettere precedenti. Il poi e il dopo di Ettore rimangono incerti, non le sue vere intenzioni di fuga, per un dato scopo, rivelato adesso dalle lettere.

Nel 1972 erano morti ancora giovani i due fratelli di Ettore, Luciano e Salvatore, e anche la sorella maggiore Rosina. Nel 1973, Maria, che era rimasta sola (la madre era morta nel 1965), consegnò copia delle lettere di Ettore al giovane fisico Erasmo Recami, che le girò a Sciascia. Nel 1975 uscì il saggio dello scrittore siciliano sul caso Majorana, inizialmente a puntate su La Stampa di Torino. Nel 1966 Edoardo Amaldi aveva pubblicato un profilo biografico sotto il patrocinio dell’Accademia dei Lincei, Prima ancora, nel 1963, Antonio Zichichi aveva intitolato a Majorana il Centro di Erice. Giulio Racah morì a Firenze il 28 agosto 1965. Ciò spiega molte cose. Anche ‘perché’ le carte di Majorana finirono nel 1966 (lista Liotta) alla “Domus” di Pisa (qui si era laureato Enrico Fermi, il 7 luglio 1922). Fermi alla fine del 1938 fuggirà in America.

* E’ Lui, FERMI, l’infermiera della lettera del 22 gennaio 1938.2

4* Dieci anni prima, l’unico vero e sincero amico di Ettore Majorana, Giovannino Gentile (che era figlio del Senatore Giovanni Gentile, e pure lui valentissimo fisico nucleare teorico), così aveva scritto da Roma, a Delio Cantimori, che diventerà un grande storico: All’Istituto [di Fisica di Roma, in via Panisperna], dove finisco per stare tutto il giorno, sento un po’ di freddo nelle relazioni con gli altri, ebrei e quasi tutti atei: annullano l’umanità nel culto della logica e dell’egoismo. Così diversi da noi!

Majorana, in quegli anni successivi, sapeva che sarebbe scoppiato un conflitto di grande portata, mentre Hitler predicava un Reich millenario e l’egemonia mondiale.

Fortunatamente la bomba atomica non poté essere impiegata in Europa. L’8 maggio del 1945 la Germania nazista si era arresa senza condizioni. Fu il Giappone a conoscere il nuovo Olocausto.

Se ci si domandasse com’è la storia, la risposta non può che essere questa: purtroppo, la Storia è falsa.3

Gilberto Bernardini parlò nel 1984, in una lettera a Recami, delle grandi doti umane di Majorana.

Bruno Pontevorvo, fisico ‘ebreo’ di via Panisperna, come Emilio Segrè (che nel 1938 aveva avuto l’accortezza di costituire un fondo in Svizzera e poi anche di rimanere negli Stati Uniti, prima della promulgazione in Italia delle famigerate leggi razziali),4 nell’agosto del 1950 sparì misteriosamente da Roma, dove allora si trovava in vacanza con i suoi cari, per recarsi di nascosto in Russia.

Qualche anno dopo ricevette il premio Stalin.

Pontevorvo, il 17 marzo 1990, a Firenze, al teatro dell’Oriuolo, presente in sala anche Gilberto Bernardini, alla domanda secondo lui che fine avesse fatto Majorana, così rispose: E’ finito all’Ovest [testimonianza di Piero Batignani].

Si attendono smentite serie, non fumosità congetturali.

*(Avv. Arcangelo Papi, 10 marzo 2014)

 

 

1 A 17 anni, da studente liceale dell’ultimo anno, adesso presso il Torquato Tasso di Roma, dopo aver abbandonato l’Istituto Massimo dei Gesuiti, Ettore Majorana faceva parte di un movimento ultra di destra, le “Camicie azzurre”. Nel 1933 chiese e ottenne l’iscrizione al P.n.f. Non sembra che fosse praticante, per quanto avesse avuto un’ottima educazione religiosa. Antonio Zichichi farebbe violare il segreto confessionale al presunto confessore di Majorana, monsignor Riccieri, attribuendogli “crisi mistiche”. Stefano Roncoroni lo trasforma, nel 2013, in un caso di sindrome di Asperger, affine all’autismo. In una lettera del periodo giovanile Ettore si descrive come un genio di natura, però immaturo.

 

2 Il nuovo istituto romano di Fermi nel 1938 era controllato da “cimici” telefoniche. Fermi se ne era accorto. Chi controllava Fermi, se poté fuggire in America, a dicembre? Non gli agenti servizi dell’Ovra, la polizia segreta dl regime di Mussolini, che non erano ancora attrezzati per queste sofisticate forme di controllo, sebbene una velina anonima del 6 agosto 1938 accennasse a una congiura ai danni dell’ormai scomparso Ettore Majorana, che era sparito per conto suo, facendo tutto da solo, com’è di palmare evidenza.

 

3 E’ in parte falsa la storia della bomba atomica, mentre è vero che fu Otto Hahn, da Berlino, la causa prima della rivelazione della fissione dell’uranio bombardato con neutroni lenti, con il residuo del bario e la produzione di 2, 3 neutroni liberi per la reazione a catena. Ciò avvenne subito dopo la consegna a Fermi del premio Nobel a Stoccolma, e prima che Fermi e la sua famiglia s’imbarcassero per l’America. Il KWI di Berlino, dove lavoravano Hahn e Strasmann, chimici valentissimi, era sorvegliato dai nazisti. Lise Meitner, la fisica teorica ebrea stretta collaboratrice di Hahn, era da poco fuggita in Olanda, con un passaporto scaduto. Le guardie tedesche di frontiera la fermarono, ma da Berlino giunse telefonicamente la disposizione di lasciarla passare.

 

4 Era ebrea anche la moglie di Fermi, Laura Capon, figlia di un ammiraglio. Il suocero di Fermi e la madre di Segrè rimasero vittime dei nazisti, a Roma, nel 1944.

 

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