PROPERZIO SEGRETO
ovvero
SESTO PROPERZIO, L’ANTICA UMBRIA E IL BELLUM PERUSINUM
Il logo o riassunto di una moderna ‘copertina’ delle Elegie di Sesto Properzio – opera poetica in distici elegiaci unica e solitaria – potrebbe essere Amore è un Dio di Pace [III, 5, 1]. Giovane poeta umbro militante nel famoso Circolo filo-augusteo del grande e bizzarro etrusco Gaio Cilnio Mecenate, Properzio era un contemporaneo di Tibullo del Circolo di Messalla. Di qualche anno appena più vecchio di Ovidio, che era nato nel 43 a.C., Properzio , ultimo arrivato sull’Esquilino, era più giovane di una generazione rispetto a Virgilio e ad Orazio, i grandi celebratori di Caio Ottaviano, proclamato Augusto nel gennaio dell’anno 27. Il paradigma ovviamente inquadra Properzio nell’ambito degli elegiaci romani d’amore discendenti da Catullo e Cinzia-Hostia – donna contraddittoria e paradossale celebrata dal giovane poeta umbro – farebbe il paio con la precedente Lesbia – Clodia. Solo che Cinzia non è mai esistita come matrona e tanto meno come meretrice riconoscibile e individuabile a Roma, poiché non poteva essere accostata a Mecenate e ad Augusto. Pertanto è destituita di fondamento anche la notizia che ci proviene da Apuleio che Cinzia – suo pseudonimo poetico – fosse una Ostia, come Lesbia era sta una Clodia, donna dai liberi costumi, rimasta vedova e sorella di un famoso tribuno della plebe, Clodio Pulcro.
Nelle Elegie di Properzio convivono troppi enigmi per dover prestar fede al paradigma letterario dell’elegia erotica, del cantore di Cinzia e del nuovo Callimaco romano altresì seguace di Filita di Cos. Piuttosto, si dovrebbe parlare di un nuovo Omero, più che di Mimnermo: nominato più volte, fin dal Monobiblos o primo libro delle elegie, numerosi i riferimenti di Properzio al cavallo di Troia e alla infinita tela di Penelope: cioè l’Iliade e l’Odissea.
Properzio dice di sé come poeta d’amore, rivendica la sua natura, non si piega all’epica, celebra Cinzia, scrive elegie politiche ed elegie antiquarie, ma rimane misterioso anche nella sua biografia essenziale, messa in bocca all’indovino Horos. Un giallo caratterizza il finale del primo libro. Altri enigmi si susseguono.
Non è provato che l’umbro Properzio sia nato ad Assisi, di lui sappiamo appena quel poco che egli racconta: non la data di nascita, non quella di morte, non con chiarezza sufficiente le stesse vicende familiari. Sappiamo però che era una famiglia di rango senatoriale, con un ramo già trapiantato a Roma.
Giorgio Bonamente – storico professionista di riconosciuto valore – ha pubblicato nel 2002 un importante e diffuso articolo su Properzio, Assisi e l’Umbria, ma vi dirò subito che tale articolo è affetto da errori sostanziali, da salti logici e da un fraintendimento radicale della reale figura del Nostro. Non a causa di Giorgio Bonamente, tranne un piccolo errore. Ma a ragione dei limiti stessi del corrente paradigma. Quanto metterò in luce nella ricorrenza del mezzo millennio di vita dell’Accademia Properziana del Subasio, una delle prime sorte in Italia, ha il valore e l’importanza di una scoperta sensazionale, non importa se dopo due millenni. Non potrò spiegare tutto per evidenti limiti di tempo, ma essenzialmente la questione si può ridurre al segreto del sigillo anonimo del primo libro e al mistero della parole di Horos.
Properzio segreto non è un’invenzione, la sua esistenza condiziona in radice il significato della sua opera: opera unitaria ed ingannevole [unum opus – fallax opus]. Così che Caesar Deus è sconfessato, e Amor Deus è il sublime omaggio occulto al padre del poeta, Gallus Propertius, le cui ossa sono state occultate nell’opera unica che in forma elegiaca – dire ahi ahi . Gallus fu vittima della atroce strage di Perugia – le terribili arae perusinae di un passo di Seneca – consumata per vendetta da Ottaviano: Perusina sepulcra – eversos focos.
La parola ossa – che si ripete ovunque – è la cifra dominante. L’etrusco Mecenate, il cui ramo paterno era originario di Perugia, compare segretamente già nel primo libro, scomparendo nel quarto, che è l’ultimo. Mecenate sarà ignorato da Virgilio nell’Eneide. Vi sto dicendo che un formidabile giallo attraversa uno dei punti di svolta della storia mondiale: lo scontro all’ultimo sangue tra Caio Ottaviano Augusto e Marco Antonio [e Cleopatra]. Vi dimostrerò che Properzio, pur militando nel circolo di Mecenate sull’Esquilino [sorto su una antica zona cimiteriale], era filo antoniano per quanto il suo esordio poetico a Roma – all’età di 19 anni – sia avvenuto nella tarda estate del 29, caratterizzata da un eclisse totale di sole ricordato dai Fasti Siculi. Cynthia è il nome della Luna. Nel settembre del 31 Marco Antonio fu sconfitto ad Azio in un decisivo scontro navale; si suicidò nell’estate del 30, e forse Cleopatra, anziché avvelenarsi, fu eliminata da Ottaviano. Il poeta elegiaco Cornelio Gallo, autore degli Amores e importante generale di Ottaviano, si trovava proprio a Canopo, quando qui morì l’ultima regina egiziana, discendente dei Tolomei.
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L’indovino egiziano caldeo pitagorico Horos, verace alter ego di Propertius nella misteriosa elegia inaugurale del quarto libro, definisce fallax l’opera intera: letteralmente ‘ingannevole’. At tu finge elegos, fallax opus (haec tua castra!). Ma tu ‘fingi’ elegie, opera fallace: qui i tuoi eserciti.
Properzio è polisemico. E’ un genio della ambiguità, oltre che un grandissimo poeta d’amore. La veste Coa di Ciinzia è uno schermo. C’è un faccia nascosta. L’amore e la morte sono la voce . L’opera è contrapposta alla rinunciataria carriera politica nel Foro delirante, dopo i primi tentativi poetici, uscito dall’adolescenza con la dismissione della toga pretesta e l’aurea bulla dal collo in un rito davanti agli dei materni giacché orfano di padre. L’aurea bulla dei minorenni romani rappresentava nella pienezza della luna delle crescite il brillante cratere Tycho. Nella luna piena scorgiamo il volto di una fanciulla dai grandi occhi neri o l’immagine d’un teschio. Ossa e lacrime. Picchi eccelsi di poesia modernissima, psicanalitica o da poeta maledetto, in realtà sublime e incomparabile: più viva che mai come Cinzia morta che come se nulla fosse stato riappare subito dopo più viva che mai sull’Esquilino. E il pretore dell’Illiria, la lena Acantide che prostituisce Cinzia e il nano Magno che sono altrettante allegorie nefaste del Principe di Roma, il fondatore dell’Impero criminale di Tiberio, di Caligola, di Nerone… anche se Cristo nacque sotto Augusto e morì sotto Tiberio nel quindicesimo anno del suo regno.
La mia lettura delle Elegie di Properzio differisce radicalmente dai canoni, in realtà nulla gli viene tolto, mentre tantissimo gli aggiunto, e finalmente riconosciuto a questo genio perfettamente consapevole fin dall’esordio.
Elevarne la data di nascita all’anno 50 non s’accorda con quella confidenza poetica che Ovidio dichiara di aver avuto con lui. Pochi anni li dividevano. Che Properzio sia morto ancor giovane, nel 15-14 a.C., è ipotesi scarsamente attendibile, sebbene diffusa. Il successivo silenzio poetico prova – solo e soltanto – che le Elegie erano un’opera unica e definitiva. Il resto è improbabile congettura. Anzi, è un equivoco. Ebbe discendenti, come attesta la lapide frammentaria, scoperta nel 1949 da Fioravante Caldari (il nostro dotto farmacista) nella c.d. domus Musae (da lui scavata per primo e sue spese), ricomposta nel 2005 da Luigi Sensi e infine interpretata. Paolo Passenno Properziano, amico stretto di Plinio il Giovane, era discendente oltre che municipale di Properzio.
Il duplice suffragio lascia intendere che il Nostro ebbe una vita normale. Che sia nato ad Assisi era una solida congettura, la vera prova è una delle cifre segrete delle Elegie: ASIS è presente nei punti critici dei brani più enigmatici.
Quel poco che sappiamo, Properzio lo racconta lui stesso, in due luoghi speciali: al termine del primo libro, in due brevi epigrammi; poi nella misteriosissima elegia proemiale del quarto libro, Propertius-Horos. Ci ne occupiamo in questa occasione colloquiale, ringraziando il Circolo Arnaldo Fortini – Fortini e sua figlia Gemma furono astudiosi properziani – e tutto il mio ricordo va anche alla figura altrettanto indimenticabile di Carlo Angeletti, assisiate vero, nel senso ‘fortiniano’ più nobile e puro.
La relegatio di Ovidio al Ponto Eusino [8 d.C] è un giallo storico. Per Properzio si deve parlare in termini ancor di più nascosti e tempestosi. I luoghi dell’anima del Nostro si celano dolorosamente nelle pieghe oscure dell’opera ingannevole, che ho recuperato dopo 2 millenni di silenzio.
Ma il grammatico cristiano Fulgenzio Planciade conosceva un verso non elegiaco di Properzio e l’assisiate Francesco Frondini così annotava nel suo diario di cose dotte sotto l’anno 1641, con riguardo all’Egidi e allo Jacobilli: Presso il Padre Franchi esisteva il Monobiblos bellissimo in pergamena, ove eran versi di Properzio non dati alla luce.
Vi mostro un’immagine misteriosa (immagine 1), qui da tutti ignorata, perché il bassorilievo fu ricollocato a rovescio. Questa pietra si trova a Santa Rosa. Risale probabilmente al III-II secolo a.C., ad età preromana. Si coglie una storia doppia, con un’epifania di fuoco in un bosco sacro e una maschera celeste che sarebbe il volto di Giano bifronte. Allo stesso modo le Elegie sono un’opera ambigua e doppia. Il “doppio” di Propertius è Horos. L’enigma fondamentale è Gallus nel sigillo del Monobiblos.
I due brevi epigrammi di sphragìs o sigillo del Monobilos, unico libro non firmato, ben interrogati rispondono secondo verità.
- Gallus, il morto della guerra di Perugia [ anno 41 – marzo 40] era il padre del poeta;
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la misteriosa “sorella” era la madre di Tullo Volcacio;
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il transfuga etrusco che poté salvarsi e raccontare, era un Volcacio di Perugia;
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nel verso 7 di I, 22 si nasconde il nome di Mecenate.
Ettore Paratore Paratore lo aveva intuito. Paolo Fedeli, massima autorità vivente su Properzio, e Giorgio Bonamente, si ostinano nelle contraddizioni inerenti a questo enigma decisivo. Ed è vero: per quanto possa apparire incredibile.
Nel 1982 uscì un articolo di Thomas N. Habinek, professore dell’Università della California, Los Angeles, su Properzio, Cinzia e l’anno lunare. Il tema riguardava la struttura interna del Monobiblos o “Cynthia”, il cui numero complessivo di versi atterrebbe a un biennio lunare secondo l’antico calendario numano (due volte 354 giorni), rispetto al biennio solare (due volte 365 giorni). La differenza a intercalare di 22 giorni darebbe quindi ragione del numero delle elegie del primo libro, appunto 22, se consideriamo distinti e separati i due epigrammi di 10 versi ciascuno, in cui in modo speculare compaiono una misteriosa soror e un propinquus (o parente stretto) del poeta, di cui non si era mai riusciti a stabilire l’identità, quindi il grado di relazione, ciò costituendo il massimo enigma dell’opera.
Poiché Gallus – il propinquus – è il soggetto ‘parlante’ in un oscuro e tragico episodio del bellum perusinum che terminò alla fine di febbraio o ai primi di marzo del 40, con quell’oscura morte i luoghi dolenti della memoria qui riguardano da vicino la triste pertica [cioè le requisizioni delle terre umbre per i veterani di Filippi] e lo scontro – decisivo – tra Ottaviano e Lucio Antonio (41-40), con l’assedio di Perugia e la caduta della città per fame.
A ciò si riferiscono le famigerate arae perusinae, per cui Ottaviano, il vincitore, graziando Fulvia – moglie di Marco Antonio – col fratello Lucio Antonio, non risparmiò la sua vendetta su Perugia dandola alle fiamme e mettendo a morte i più ragguardevoli esponenti umbri della rivolta, circa 300 persone che avevano appoggiato Lucio e Fulvia difendendo le proprie terre. Crudelmente, alle idi di marzo del 40, costoro furono sacrificati su un altare fatto erigere in memoria di Giulio Cesare assassinato nel 44, interdicendo pesantemente la città etrusca con gravi limitazioni territoriali e altre misure punitive.
Le fonti storiche [Seneca, Svetonio, Velleio Patercolo, Cassio Dione, Appiano] non concordano nei dettagli, ma è attestato da Properzio segreto il vero epilogo della tragedia. A maggior ragione importantissima la mia scoperta, mentre debolissima e pretestuosa appare la difesa di Ottaviano, la cui spietata determinazione e crudeltà sono cosa nota. Ottaviano – assediando Perugia si era a sua volta trincerato alle spalle – temeva le segrete manovre del Senato, che difatti era spaccato in fazioni, e stava certamente correndo un gravissimo pericolo. Gli assediati attendevano rinforzi (si videro dalle mura di Perugia i fuochi notturni dell’esercito amico ormai giunto a Foligno). Era una trappola. Ma Ottaviano fu tanto abile e avveduto, in quella posizione così pericolosa in cui era venuto a trovarsi, da assediante ad assediato [con Lucio Antonio che si era rinchiuso entro le possenti mura etrusche], da far sì che i rispettivi comandanti degli eserciti contrapposti [a favore di Lucio Antonio: Asinio Pollione e Munazio Planco; per Ottaviano: Salvidieno Rufo e il fedelissimo Vipsiano Agrippa) si mettessero d’accordo [Asinio Pollione, il grande bibliofilo cui Virgilio dedicò la famosissima egloga IV, diverrà console nel 40, mentre l’antoniano Munazio Planco sarà uno dei massimi fautori nel gennaio del 27 della solenne proclamazione di Ottaviano ad “Augusto”; in seguito Salvidieno Rufo e il poeta Cornelio Gallo, il più importante e abile dei generali di Ottaviano nella vittoriosa campagna militare in Egitto del 30, furono eliminati da Augusto come ci ricordaSvetonio].
Ottaviano aveva riconquistat la fiducia del Senato e ricorrendo alla corruzione riuscì a cavarsela in una situazione per lui tanto drammatica da essere la peggiore di tutte. La guerra non fu praticamente combattuta, ma fu una prova generale delle rispettive forze. Perugia cadde per sfinimento e la vendetta fu feroce. Ottaviano e Marco Antonio, incontratisi a Brindisi, riuscirono a trovare un accordo, emarginando ulteriormente Lepido e riconoscendo un comando marittimo a Sesto Pompeo. L’alleanza fu sanzionata dal matrimonio di Antonio, Fulvia era appena morta, con la sorella di Ottaviano, Ottavia. Lo stesso Ottaviano si era poco prima sposato con una parente di Sesto Pompeo, Scribonia. La figlia di Scribonia, Cornelia, nata da un precedente matrimonio con Cornelio Scipione, è l’ultimo personaggio delle Elegie [IV, 11 - considerataregina elegiarum].
In realtà stiamo raccontando Properzio fino all’anno del suo precoce esordio poetico da gigante della letteratura mondiale: Amore è un Dio di Pace sovrasta Omero e si accosta a Francesco di Assisi. Dobbiamo commuoverci dalle viscere, dobbiamo inchinarci davanti a due sommi geni figli ambedue di Assisi – Asis. Lasciamo ai morti i sepolcri imbiancati.
Il clima di esultanza per l’accordo di Brindisi (e Mecenate inizierà adesso a comparire accanto a Ottaviano) è riflesso da Virgilio nella IV egloga con l’avvento dell’età dell’oro (la Vergine, il puer, e i Saturnia regna), e da Orazio con analoghi motivi. Nasce il famoso circolo di Mecenate, di stampo augusteo, di cui farà parte Properzio. Le guerre civili di Mario e Silla, di Cesare e Pompeo, poi tra “cesariani” e “cesaricidi”, infine tra Caio Ottaviano e Marco Antonio, portarono alla fine della Repubblica e all’inizio dell’Impero. Dopo lo scontro navale di Azio (31 a. C.) e la morte in Egitto di Marco Antonio e di Cleopatra (tarda estate del 30), Roma riconoscerà il potere del principe, Caio Ottaviano Augusto, il vincitore. Ma se Ottaviano fu il crudele assassino del padre di Properzio (e lo proverò), allora le Elegie non possono più essere lette e intese per come lo sono state fino a oggi, per quanto in modi così opposti e contrastanti da sollevare ogni dubbio: caso unico nella storia della letteratura universale.
Il paradigma è contorto, enigmatica è l’opera. Ecco il quadro ufficiale:
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adesione di Properzio al regime augusteo con riserve
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integrazione difficile
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nessuna simpatia, ma non opposizione
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irriducibile dissenso [Ettore Paratore]
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rinuncia alla opposizione, ma tono non partecipe
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adeguamento di comodo
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atteggiamento equivoco e reticente
Questo è un non paradigma. Il vero paradigma è “Properzio segreto”, il vero Properzio. L’opera unica e unitaria, è fallace. Fedeli si è sbagliato. Ma nel 2008 scopre che ‘Cinzia’ è una invenzione.
In realtà, le Elegie rappresentano la vendetta di Properzio contro Augusto, assassino di suo padre
La vita poetica di Properzio si estende dal 29 al 15. Il nome di Cinzia, dal secondo libro in poi, sarà mescolato a quello di Mecenate e di Augusto. Nel IV libro Mecenate scompare, giacché nel 23, con la congiura di Fannio Cepione e di Terenzio Varrone (quest’ultimo fratellastro della moglie diMecenate, Terenzia), il grande etrusco protettore delle lettere fu scalzato da Augusto che intanto gli aveva insidiato anche la consorte. “Mecenate, già nel 28, si era ritirato dalla politica attiva” – G. Bonamente, guidando le lettere dal suo regno sull’Esquilino fino al 23. Fino a un processo infamante che lo colpiva indirettamente nel 12 per un caso di adulterio.
Il quadro è torbido più che mai. Quale la personalità di Augusto, che all’età di appena 19 anni si ritrovò a pieno titolo coinvolto nella mischia politica che seguì all’assassinio di suo zio nella Curia alle idi di marzo del 44? Sbeffeggiato da Antonio, il giovane nipote di Cesare fu costretto a ogni infingarda astuzia, nemmeno assistito da buona salute. Sconfisse tutti gli avversari, fino a ottenere il potere assoluto, sotto la mascheratura di “primus inter pares” rispetto al Senato. Nato il 22 settembre del 63 a.C., poco prima dell’alba, la Bilancia era il suo ascendente, come segno zodiacale che in quel momento ospitava il sole, mentre sotto il Capricorno,fu presentata la sua metamorfosi astrale o divinizzazione. Nell’estate del 44 era comparsa una cometa rosso fuoco, a forma di sica, che associata a Giulio Cesare divenne il sidus Iulium anche in poesia.
Ottaviano regnò per 45 anni, dal 31 al 14 d.C, anno della sua morte. Sotto di lui nacque Gesù in Palestina. L’impero romano nascente conobbe una pace quarantennale. Da qui – per Augusto – la massima gloria consacratagli dalla storia. Il nuovo Romolo aveva assunto un titolo altisonante, ma l’impero fu caratterizzato a lungo da torbida follia.
Il temperamento del principe era crudele, le sue doti gli concessero il potere con gli intrighi e la corruzionemediante denaro di cui disponeva come privato. Astuto e spietato. Razionale e politicamente avvedutissimo. Che fosse spietato, lo racconta veridicamente Svetonio al momento del guerra di Perugia: “Devi morire!” – moriendum esse, così rispondeva a chi gli invocava pietà.
Cassio Dione lo conferma: La maggior parte degli uomini, perugini e di altri luoghi, colà catturati furono uccisi, e la città fu data alle fiamme, eccettuati il tempio di Vulcano e una statua di Giunone. Questa statua si salvò per caso e fu portata a Roma in seguito a un sogno di Ottaviano. Per essa fu concesso, a coloro che lo avessero voluto, di ricostruire la città; ma non furono dati loro più di sette stadi e mezzo di terra. Da qui deduciamo le 4 are dedicate ad Augusto (C.I.L. XI 1923), tutte del medesimo testo: Augusto / sacrum / Perusia restituta. Il bellum segnò fatalmente il declino dell’etrusca Perugia.
Le “belle terre” della ricca vallata centrale dell’Umbria furono centuriate ed espropriate, ed è in tale occasione che le proprietà familiari di Properzio che da Assisi si estendevano fin verso Bevagna, subirono la falcidia dalla triste pertica. I luoghi dell’anima – con l’antica patria – s’inseriscono fatalmente nei ricordi più tristi. Ed è trascorso di pianto: lacrimis più volte nei luoghi critici. L’enigma del Monobiblos è ripercorso in Propertius – Horos : qui si annidano cifre segrete fondamentali.
Il padre morì che Properzio era ancora bambino (ossaque legisti non illa atetatelegenda). Dopo di che con la madre rimasta vedova andò a Roma dove esisteva già un importante ramo della gens Propertia. Fu per ragioni di studio, mentre a Roma avevano già fatto fortuna i Velcha-Volcacii, etruschi originari di Perugia, che avevano dato due consoli: il novushomo console nel 66, ricordato da Orazio in un’ode a Mecenate, e il console del 33 suo figlio. Il giovane coetaneo Tullo Volcacio, che sarà il dedicatario formale del Monobiblos, nel 30-29 doveva già essere partito per Cizico, nell’Asia minore, dove rimarrà molti anni (multos annos). Le “belle terre materne” (III, 22 – con Tullo ormai rientrato in Italia), sono le stesse terre segnate dall’umbro sentiero del Clitunno, che Properzio bambino – percosso da tragica sorte – era stato costretto ad abbandonare dopo essere state oggetto di pesanti espropri. In breve, le “lacrime” e il “pianto” attengono a questi luoghi, alla patria avvilita, ala tragedia del morto di Perugia, al dolore della soror (<< ma sorella di chi? >>, si domandava Paratore), al rimpianto di un’epoca felice. Manca un padre, la casa si è ristretta a tenui Lari. La Romana Discordia ha provocato i Perusina sepulcra , ha distrutto i focolari dell’antica gente etrusca (eversos focosantiquae gentis Etruscae). Le luttuose immagini di morte a conclusione del Monobiblos, col morto parlante e quella pulvis etrusca, dolor!, sono un chiaro atto d’accusa e persino una chiamata a correo di Ottaviano Cesare. Gallus non è stato trucidato sui monti Etruschi, da ignote mani, quando miracolosamente scampato alle spade di Ottaviano (a una supposta mischia finale), si credeva ormai al sicuro. Properzio, gioco forza è stato costretto a tacere e a fingere, altrimenti non avrebbe mai potuto pubblicare. Ha passato sotto silenzio anche il suo luogo di origine, a differenza di Ovidio, che a conclusone degli Amores per l’inesistente Corinna, vorrà ricordare di essere nato nell’acquosa Sulmona il 20 marzo del 43, recuperando per l’occasione il ricordo della “guerra sociale” (anno 91), in cui i Peligni fecero tremare Roma.
E se Propertius si proclamerà (IV, 1, vv. 64 ss.) il Callimaco Romano [UmbriaRomani patria Callimachi!], facendo seguire immediatamente un distico geografico, inerente al luogo natio e al proprio ingegno: scandentis quisquis cernit de vallibus arces, / ingenio aestimet ille meo!, con maggior precisione si esprimerà l’alter ego Horos, riferendosi a Propertius: Umbria te notis antiqua penatibus edit / (mentior? an patriae tangitur oratuae?) / qua nebulosa cavo rorat Mevania campo, / et lacus aestivis intepet Umber aquis, / scandentisqe Asisconsurgit vertice murus, / murus ab ingenio notior ille tuo. (IV, 1, vv. speculari 121-126).
I luoghi dell’anima sono questi (qui da ovest a est): Perugia, i focolari distrutti, i sepolcri; le ossa di Gallus “disperse sui monti Etruschi” (quel transfuga etrusco, che ferito a sua volta, scappando alla medesima sorte, si sarebbe imbattuto nel morente, potendo così farne racconto a una “sorella”, tuttavia richiesto di tacere su quei particolari crudeli, che sono solo e soltanto il necessario pretesto narrativo. E “fertili terre” ubertose, ricche d’acqua e di lacrime.
La grande vallata (supposito campo – cavo campo – e poi umbro antro in Lucano), sottostante a Perugia, là dalla parte di Assisi: e la nebbiosa Bevagna, posta in pianura, alla confluenza di due fiumi sacri, il Clitunno e il Tinia, e il lacusUmber. Le lacrime della Patria, l’Umbria antica, e i nobilissimi Penati, evocati da Horos. Dal mito classico, richiamato dall’indovino, di Troia distrutta, con Cassandra che s’aggrappa “alla veste di Minerva”, da cui tenta di strapparla Aiace Oileo per usarle violenza, e i fuochi vendicatori di Nauplio, fatti accendere sulle coste dell’Eubea per far naufragare la flotta greca carica di bottino, si passa subito dopo alla biografia essenziale di Propertius, anch’essa inevitabilmente preceduta da “nuovelacrime”! La grandiosa elegia, partita dalle memorie agresti di Roma primitiva, si dirige esattamente lungo la direzione geografica sud-nord, verso Bevagna e Assisi (pressoché allineate sul meridiano di Roma), per scaricarsi infine sul vertice di un grande muro, inconfondibilmente il tempio di Minerva (immagini 2 e 3), col nome della dea già evocato da Horos. * Mens Bona, si qua dea es, altro non che la Minerva dell’intelletto, deaque Asis.
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L’enigmatica misteriosissima elegia a due voci Propertius – Horos – genialmente organata in parti distinte e complementari – contiene un misterioso oroscopo, altre oscure allusioni ad episodi non noti, terminando con un verso, apparentemente incomprensibile, che sembra una maledizione: octipedis Cancri terga sinistra time! Non c’è nemmeno il tempo per accennare all’oroscopo di Horos, che secondo un calcolo da me fatto, fornirebbe la data dell’anno 738 ab urbe condita, che fissata da Varrone nel corrispondente 753 a.C., fornirebbe perciò la datazione conforme del IV libro che non va oltre l’anno 15 a.C. L’ordinata sequenza delle parole terga – sinistra – time è possibile leggerla al termine del terzo libro, nell’ambito del discidium da Cinzia, che in ogni caso riappare tre volte nel quarto e ultimo libro, dapprima come ‘prostituta’ sul viale del tramonto, poi morta, e quindi più viva che mai sull’acquoso Esquilino, dove il poeta aveva dato indicazione che fossero riportate le tabellae perdute, le smarrite tavolette di cera, se da qualcuno ritrovate (III, 23: topos elegiaco, in realtà un’ allegoria, che in ogni caso ripropone il problema della ‘firma’ d’autore, sigillo o sphragìs di quelle stesse tabellae, che in Ovidio – Am. I, 12 – sarebbero << doppie, di fatto e di nome >>).
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Il Monobiblos è l’unico dei quattro libri a non recare firma espressa, col nome di Properzio. Un filologo portoghese, Custòdio Magueijo, nel 1974 avrebbe individuato in I, 22 la firma segreta di Sextus Propertius. La cosa in realtà è molto più articolata e complessa, le cifre occulte del sigillo del primo libro sono un capolavoro di crittografia antica con utilizzo di strumenti congiunti. Ma è bene lasciare la parola a Ettore Paratore:
<< Sesto Properzio nacque nell’Umbria: di lui ignoriamo il cognomen e le date della nascita e della morte >> (ciò nonostante, nel 1985, fu ufficialmente celebrato il Bimillenario della morte).
<< Il Lachmann, dalla lezione Asis del codice Neapolitanus da lui emendata in Asisi, volle determinare che il poeta era nato ad Assisi >>. [Si sono contesi i natali di Properzio Spello, Bevagna e Amelia. Gianfranco Maddoli preferì Urbinum Hortense escludendo l’identificazione di Passennus Paullus Propertius Blaesus di una lapide assisiate col Passenus Paulus di due lettere di Plinio il Giovane, che lo identificava come municeps del poeta e suo discendente, inter maioressuos, poeta elegiaco pure lui. Negli anni ’70, in base ai lavori effettuati sulla domus Musae di Assisi, Margherita Guarducci ha asserito che fosse quella la “casa” di Properzio, che in virtù del suo orientamento a 303 gradi nord - come ho potuto verificare - corrispondente per Assisi al punt del sorgere alla data del solstizio d’inverno. Sulla domus Musae sorse nel V secolo la prima chiesa della città, Santa Maria Maggiore al vescovado. Seguitano a pullulare equivoci di ogni genere, con l’avallo improvvido dell’Accademia Properziana].
<< Si suppone che Properzio sia nato intorno al 47 e sia morto verso il 14, perché gli indizi cronologici ricavabili dalle Elegie non vanno aldilà del 15 >>. [Oggi si preferisce il 50, per far sì che l’amico Tullo Volcacio potesse essere staro giovane senatore, inviato con poteri giuridici speciali in Asia, ma si tratta di una estrapolazione, che non corrisponde affatto ad altre prioritarie dichiarazioni del poeta!].
<< Ci ha tramandato quattro libri di elegie, numero corrispondente a quello dei libri di Cornelio Gallo per Licoride >> [Licoride era lo pseudonimo della mima Volumnia, poi amante di Marco Antonio: a Cornelio Gallo, la cui opera è pressoché perduta, tranne miseri frammenti, Virgilio dedicò la decima bucolica, e un elogio nel finale delle Georgiche, successivamente eliminato per ordine di Augusto, poiché Gallo nel 26 fu costretto al suicidio, “per aver parlato male del principe”, quando ricopriva la carica speciale di prefetto dell’Egitto. Cornelio Gallo fu testimone diretto, a Canopo, della morte Cleopatra, considerata da Marco Antonio alla stregua della personificazione di Iside].
<< Il Lachmann credette >> di poter ravvisare nel secondo libro [34 elegie, inusitatamente lungo] << la fusione di due libri >> [perciò riavremmo i tres libelliper Persefone], sicchè << lo spezzò in due, inaugurando la divisione in 5 libri >> [oggi non accolta, sebbene il secondo libro appaia assai tormentato e frammentario].
<< Anche sulla famiglia di Properzio si abbatté la iattura della spartizione delle terre ai veterani della guerra di Filippi. Ma a questa per lui se ne aggiunse un’altra, introducendo nell’animo del sensibile fanciullo una nota di profonda amarezza, la quale durò quanto la sua vita: la guerra di Perugia, che devastò la sua terra, stroncò la vitalità della civiltà etrusca (della quale sembra che il poeta abbia un alto concetto, orgogliosamente campanilistico) e seminò il lutto anche nella sua famiglia. Di questo particolare una misteriosa traccia è rimasta nelle due ultime elegie del I libro, ove Properzio ha voluto porre, alla maniera degli alessandrini, il suo sigillo, la sua sphragìs al libro ed ha alluso, con alessandrinareticenza e oscurità, alla sua patria, alla sua famiglia e alle sue vicende; un suo parente, Gallo, fu ucciso durante la fuga da Perugia e la sua ombra dà notizie di sé a un soldato fuggiasco anche lui, che sembra essere il marito di sua sorella o il fratello di sua moglie (la madre di Properzio?).>>.
<< La seconda parte della prima elegia del libro IV (che alcuni vogliono considerare un componimento distinto dalla prima parte) fornisce quasi tutte le altre scarse notizie che possediamo sulla vita di Properzio >>.
<< Il padre gli era morto in età in cui di solito i figli “non debbono raccogliere le ossa del padre”, e la madre lo aveva condotto a Roma dove, assunta la toga virile, egli si dedicò alla poesia, perché Apollo gi vietò “di far rimbombare parole nel tumultuoso Foro”>>.
<< Forse, oltre alle irresistibili inclinazioni del giovane, influì sulla scelta la povertà in cui la famiglia era ridotta, e quindi l’impossibilità che il giovane riuscisse a pagarsi un buon maestro di retorica >> [qui Paratore scorda che molte elegie sono anche un capolavoro oratorio, mentre le pesanti requisizioni forse determinarono una precarietà economica accentuata, non la povertà].
<< L’ombra delle sciagure patrie e familiari gravava sull’animo suo: ancora al tempo della sua maturità, componendo la decima elegia del libro IV, alluse alla caduta di Veio, creando, fra i tanti motivi originali dell’arte sua, la poesia delle rovine, facendo chiaramente trasparire, nel compianto su Veio distrutta (il che avvenne nell’anno 396 a.C.), la sua amarezza per la devastazione di Perugia e della sua terra >>.
Sono brevi estratti dalla “Storia della Letteratura Latina”, ma va detto che nel 1936 Paratore diede alle stampe un saggio rimasto famoso sull’integrazione difficile di Properzio nel regime augusteo. Lavoro tanto più degno e coraggioso, quando – con la proclamazione dell’Impero – il fascismo aveva raggiunto l’apice. Un poeta augusteo, non integrato nel suo tempo, era occasione di scandalo.
L‘integrazione difficile aveva consistenza politica? E in che misura, poiché diverse elegie sono dedicate ad Augusto? La questione come abbiamo visto sopra ha dato luogo ad una gamma di risposte contraddittorie che rappresentano il chiarissimo sintomo di un imbarazzo impotente dinanzi agli enigmi dell’opera. In che misura Properzio non si sarebbe integrato, se cantò Augusto e la disfatta navale di Azio che Virgilio aveva magnificato nell’Eneide? Occorre dimostrare che il Nostro mentiva, che lo faceva in modo ellittico e insincero, esagerando all’estremo dell’ambiguità e del paradosso tra DeusCaesar e Deus Amor, tra loro inconciliabili. Cesare Dio, ma l’Amore è Dio di Pace. E torna subito in mente la Romana Discordia. Properzio segreto è la spiegazione autentica del significato delle Elegie. Non un’opera erotica, ma canto sublime degli arcani che si celano nel cuore e nell’anima umana. Decisamente il più grande dei poeti mai esistiti, ad eccezione di Dante Alighieri che nel canto terzo dell’Infermo mostra di conoscere almeno la prima elegia di Properzio.
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Svetonio riporta che un fulmine aveva cancellato la lettera C dalla statua di Cesare Augusto, sicché si leggeva ora Aesar, che in lingua etrusca significa “dio”. Come un “dio” egli si comportava, e così difatti gli si rivolgeva, supplice e lacrimante, Ovidio dal Ponto. Il potere assoluto è divinizzato.
Poteva Properzio amare il principe crudele, assassino di Gallus Propertius, suo padre, avendolo sacrificato tra gli altri martiri della libertà su una di quelle famigerate arae perusinae alle idi di marzo del 40? Pulvis Etrusca, dolor!
Il Bonazzi, nella monumentale Storia di Perugia, si era reso conto che Gallus doveva essere il padre del poeta, e non un semplice “parente stretto”. Su che base, se non in virtù del fatto stesso che lo stringatissimo profilo biografico tracciato da Horos doveva pur continuare a rimanere coerente rispetto all’insieme, altrimenti avrebbe servito malissimo il suo scopo? E’ evidente che la pura logica conduce da sola a individuare le ragioni della necessaria reticenza di Properzio. Ma è stato lui per primo a fornire al lettore dell’opera fallace – sembra paradossale, incredibile, assurdo: ma così non è! – tutte le varie chiavi da attivare per la reale comprensione dei veri significati: un po’ come nella Divina Commedia, capolavoro criptico per eccellenza nella sua immensa vastità.
Vi mostrerò le chiavi principali di Properzio segtreto, fermo restando che l’opera ingannevole contiene due quadrati magici di parole, l’esaltazione del ricordo di Marco Antonio e di Cleopatra Iside, e una serie di ingiurie e di maledizioni contro Augusto.
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Illustri Studiosi da me informati non hanno potuto negare la presenza di crittografie intenzionali nelle Elegie – mai prima colte! – mentre per il resto alcuni di essi hanno tentato – ma invano! – di formulare eccezioni semplicistiche e del resto infondate, ricorrendo a debolissimi argomenti – come quello che anche Augusto se ne sarebbe dovuto accorgere… –, cercando in qualche caso di fare come lo struzzo per non vedere. Da qui si scorge la pretesa di monopolio della verità, ma anche il fatto saliente che la grandissima poesia di Properzio si ridurrebbe alla retorica finzione degli elegiaci romani, in particolare di un << Signor Ego >>, come messo in luce da un grande Studioso di fama mondiale, Paul Veyne, forse poco gradito ai filologici italiani.
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Se Properzio perdette suo “padre” da bambino, perché Gallus non avrebbe potuto esserlo? Ma qui si rischia che l’integrazione difficile sia impossibile, sovvertendo il paradigma persino nei riguardi di Mecenate, che in definitiva sarebbe stato un complice.
Il Lachmann pensava che la sorella di Gallo fosse la madre di Properzio; il Leo fissava che è l’ombra del morto a rivolgersi al passante ferito; il Birt riteneva (assurdamente) che il passante o transfuga fosse Properzio stesso; altri, ancora, che si trattasse di un parente stretto oppure di un amico o di un concittadino [la disamina completa delle varie ipotesi è in Paratore, Le Elegie di Properzio, anno accademico 1970-71]. Paolo Fedeli ritiene che la sorella di Gallo fosse la madre di Properzio. Tutto il contrario: la sorella di Gallo è la madre di Tullo Volcacio e Gallo è il padre di Properzio. Quindi si comprendono bene le resistenze di Paolo Fedeli e di Giorgio Bonamente ad accettare la verità stabilita direttamente da Properzio segreto: essi non si rendono conto che in I, 21 e 22 sono contenuti in un insieme unitario elementi autentici, indefettibili e costringenti, che rispondono coerentemente pro veritate a tutti gli enigmi riuniti nella finzione letteraria del morto parlante ucciso da ignote mani sui monti Etruschi. Ignotas manus significa At signo manus ed è la verità dei Perusina sepulcra, del dolor, della pulvis Etrusca, degli eversos focos antiquae gentisEtruscae! Il successore di Francesco Della Corte nelle relazioni di sintesi dei Colloquia properziani mi dà atto di una grandissima scoperta. Tuttavia il silenzio è d’obbligo: è in questa maniera che ci si difende dalla potenza della verità. Siamo in Italia, attraversata dalla menzogna da molto più di un secolo.
Come sarebbe possibile identificare con certezza il propinquus, dando un’identità precisa a Gallus e definendo altresì l’identità della soror?
Ciò che nessuno avrebbe mai colto finora sta invece sotto gli occhi di tutti nel testo dei due componimenti, ambedue di grandissima intensità lirica [testi proiettati a schermo].
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Me ne sono accorto razionalmente [due millenni non significano nulla], perché il genio sommo di Properzio è riuscito ad aggirare ogni ostacolo. Nell’apparente reticenza in realtà è contenuta l’autentica chiave di lettura dell’opera unica dell’ingannevole capolavoro. Il romano Callimaco, però nato in Umbria, e nato ad Assisi!, così disse – di nascosto – sull’asse geografico stretto di Propertius-Horos: Hinc Umbria patria illac ima Roma!
Anagramma è infida crittografia, sebbene già impiegata – in modo elogiativo – da Licofrone di Calcide in età alessandrina, nei riguardi di Tolomeo Filadelfo e della regina Arsinoe. Serve a nascondere, più che a rivelare: questo, il caso necessario di Properzio. Con impiego accortissimo di acrostici, di telestici, di mesostici, ed altri geniali giochi di parole: per esempio, inversioni o palindromi a specchio, dosando nei luoghi più adatti con ragnatela concettuale e sottintesi. Le Elegie sono effettivamente opus fallax. Negarlo è impossibile.
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A video è stato riportato il testo accettato dei due epigrammi [elegie I,21 e 22] coi quali termina il Monobiblo. Il transfuga etrusco è un Volcacio di Perugia. Contano Gallus e la soror. Ecco come possiamo identificarli.
Il testo latino presenta una densa serie di pro/per / pro ed è caratterizzato da alcune parole che si ripetono e da altri segnali. Questo insieme non ha nulla di casuale. Il verbo properas – “tu che ti affretti, che acceleri il passo” – presente negli Amores di Ovidio [che riprendeva il tema delle tabellae o tavolette smarrite e che per la morte di Tibullo si rifaceva alle origini controverse del genere elegiaco come canto di morte e canzone d’amore: aelinon o dire hai hai Signor], era già stato usato da Properzio in I, 5, 4 [infelix, properas ultima nosse mala], ove compare il primo Gallus della serie senza poter stabilire chi possano essere altri questi giovani amici, ad eccezione di I, 20 – mito efebico di Ila – in cui il Gallus di turno è probabilmente Cornelio Gallo, coetaneo di Virgilio. Properas è presente anche nello pseudo epitaffio di Pascuvio riportato da Aulo Gellio. Affine epigramma quello di Callimanco in cui è ricordato il padre, generale di truppe militari.
Proper/as per Propertius Asisiensis. Che sia così, lo indicano altri segnali. << Tu, quiconsortem properasevadere casum >> contiene in sé morte – cadaver sum – Musa. Gallus di I, 21 è un Propertius. Se applichiamo Propertius al verso 7 posiamo ottenere la conferma del mesostico Propertius che attraversa con accortezza i primi tre versi.
Gallus Propertius me idem mense Caesaris / effugere non potui…Effugere è transitivo e regge l’accusativo, per cui Gallus dice la verità: non poté sottrarsi [meeffugerenon potui] alle arae perusinae delle idi di marzo del 40 [mense Caesaris]. Non fu ucciso sui monti Etruschi dagli scherani di Ottaviano in retrovia o inverosimili predoni, ma fu della vendetta di Ottaviano. Trascorsi 11 anni, nel 29 la strage di Perugia era stata dimenticata, tranne i lutti familiari.
L’esametro femminile del verso 2 di I, 22 stabilisce l’identità certa della soror: Pro nostra semper amicitia [rivolto al giovane Tullo Volcacio] significa Pro-per-tia nostra s.e.m.amici [sorella e madre dell’amico Tullo]. Tullo Volcacio e Sesto Properzio sono cugini di primo grado. La sorella di Gallus, sposando un Volcacius, si era trasferita a Roma. Conosceva la tragica fine fatta dal fratello: << moriendum esse >>, devi morire. Il passo di Svetonio corrisponde alla crudeltà di Ottaviano.
L’intero impianto dei due epigrammi è contrassegnato da segnali. Il verso 7 di I, 22: tu proiecta mei perpessa es membra propinqui contiene ora un’altra rivelazione: Maecenas eques spem propitia Umbri Properti .
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Fu Mecenate a finanziare la Cynthialetta in tutto il Foro, edita dai rinomati fratelli Sosii che avevano bottega nel vicus Tuscus, accanto all’arco di Giano e al tempio dei Dioscuri, là dove s’affacciava la statua di Vertumnus. Linceus di II, 34 – ove Properzio dà annunzio dell’Eneide difendendo però la propria arte – non è il poeta Vario, bensì uno pseudonimo che cela Mecenate dall’acutissimo sguardo [si vedano I Dioscuri di Pindaro]. Nel 17 a.C., Vario e Plozio Tucca su incarico di Augusto pubblicheranno l’Eneide, ripudiata in punto di morte da Virgilio. Tra l’etrusco Mecenate e l’umbro Properzio correva forse un vincolo di parentela, accennato in II, 34: la rivalità in amore scioglie amicizie e parentele. I “Maecenas” erano originari di Perugia come indica lo stesso Orazio menzionando il Tevere. La “gens Propertia” era di Assisi. Conosciamo il nome di un marone, “Nerio” – Marte “Properzio”, nonno o bisnonno di Sesto Properzio.
ASIS è un telestico che compare più volte al momento opportuno. Unico a scorgere tali cifre, ho censito tutte le occorrenze. Già da sola è una scoperta clamorosa. Il Monobiblos remotamente così si conclude: …ecce amice mons et rusAsis.
Properzio nel 29 non poteva rivelare la sua città natale, obliterata da Strabone nella geografia dell’Umbria. Asis toponimo umbro connesso ai significati di acqua [assa] e di fuoco [aso nelle tavole di Gubbio], comparirà in chiaro con Horos [nell’anno 15]: scandentisque Asis [e non arcis o axis giacché il numero delle sei ‘esse’ nei due passi speculari di Propertius e poi di Horos fornisce garanzia in conformità alla lezione portata dal codex Neapolitanus] fu la città natale di Properzio. Il dantesco non dicasi Ascesi ma Oriente, con Perugia che da Porta Sole sente freddo e caldo è conforme alla voce di Properzio, confermata da vari telestici. Asis significherebbe anche altura, col sole che sale da oriente. ASIS è una grande scoperta, tutta mia. Il falso Callimaco romano, qui nato nel 47, perse suo padre Gallo nella strage di Perugia del marzo del 40 quando non aveva ancora compiuto 8 anni. La casa dei Properzi si trovava nella zona occupata oggi da Palazzo Giampé e dal Palazzo del Cardinale.
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L‘elegia III, 11 [da cui partì Paratore], in cui apparentemente si magnifica Augusto vincitore ad Azio rispetto a Cleopatra meretrix e al suo osceno coniuge [Marco Antonio non è citato per nome], augura al principe di Roma lunga vita: etlongum Augusto salva [Roma] precare diem! L’augurio si trasforma in: Salve Auguste, longum pro arte medica! Il verso finale della medesima elegia, che s’incentra sul fatto che per ogni navigante, sia che entri o che lasci il porto, Caesarisin toto sis memor Ionio (“di Cesare Ottaviano si ricordi per tutto il mar Ionio”), in realtà è dedicato “ad Antonio”. Ionio suona con Antonio. Con un gioco speculare di lettere ripetute soltanto due volte si ottiene il dativo ANTONIO e il suo rovescio: IONOTNA.
Properzio mago della parola, genio senza uguali. La rottura della metrica negli anagrammi era stata giustifica in I, 16 – altra misteriosa elegia – come nuovo genere di versi [novo versu].
InII, 16 [elegia del rozzo pretore dell’Illiria rivale in amore, che riprende il medesimo tema della I, 8 ] Properzio trova il modo di riferire ad Augusto un altro sfregio. Il distico, che così recita: Caesaris haec virtus et gloriaCaesaris haec est: / illa, qua vicit, condidit arma manu, nasconde Caesaris haec virtus et gloria Caesar hic aes est – per cui, l’esametro a seguire, assume tutt’altro significato, giocando sul “condere arma manu”, appunto, illa qua vicit. Ottaviano costruì le sue fortune con intelligenza e crudeltà, ricorrendo alla corruzione sistematica con le private ricchezze ereditarie. Niente di nuovo sotto il sole.
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Su Properzio sono state scritte pagine bellissime senza comprendere il suo segreto. Gli ignes o fuochi della sua passione amorosa Cinzia, erano d’altra natura. Gli Amanti del Tevere non sono mai esistiti nel modo e nel significato fino a oggi creduto.
Tra le tante scoperte da me fatte esplorando l’opera ingannevole ce ne sono due in particolare che evidenziano – con certezza totale – la realtà di Properzio segreto. Una riguarda l’acrostico MANE inserito nell’elegia del compleanno astronomico di Cinzia [III, 10].
MIRABAR, QUIDNAM VISISSENT MANE CAMENAE,
ANTE MEUM STANTES SOLE RUBENTE TORUM.
NATALIS NOSTAE SIGNUM MISERE PUELLAE
ET MANIBUS FAUSTOS TER CREPUERE SONOS.
La scoperta è di per sé sufficiente a provare Properzio segreto e la falsificazione di Cinzia. Che se ne sia accorto un comune lettore di Properzio, dopo due millenni, non è la prova esperibile del contrario. La ben rotonda verità si mostra da sola.
L’altra scoperta concerne il telestico ASIS nei corrispondenti passi poetici tra Propertius e Horos. Prove certissime, che lasciano di stucco la pretesa di monopolio esclusivo da parte dei moderni addetti ai lavori, giacché Properzio – Demostene rinunciatario – scrisse per la gente comune del Foro.
Parla Propertius:
MI FOLIA EX HEDERA PORRIGE, BACCHE, TUA, A
UT NOSTRIS TUMEFACTA SUPERBIAT UMBRIA LIBRIS, S
UMBRA ROMANI PATRIA CALLIMACHI! I
SCANDENTIS QUISQUIS CERNIT DE VALLIBUS ARCES S
Con anagramma guidato che falsifica il riferimento letterario apparente al romano Callimaco: HINC UMBRIA PATRIA ILLAC IMA ROMA!
Parla Horos, figura mai compresa dagli Studiosi, come la sphragìs o sigillo del Monobiblos:
SCANDENTISQUE ASIS CIONSURGIT VERTICE MURUS,
MURUS AB INGENIO NOTIOR ILLE TUO!
OSSAQUE LEGISTI NON ILLA AETATE LEGENDA A
PATRIS ET IN TENUIS COGERIS LARES: S
NAM TUA CUM MULTI VERSARENT IUVENCI, I
ABSTULIT EXCULTASPERTICA TRISTIS OPES. S
Telestico ASIS
NOTIOR ILLE MURUS è il riferimento al grande muro del tempio di Minerva ad Asissi.
Anche in questa elegia dello “sdoppiamento” c’è un riferimento a Gallus nel’oscurissimo episodio di Arria, avida madre di due gemelli, Gallus e Lupercus, ambedue morti in guerra: Luperco sta per MarcoAntonio, Gallus è il padre di Properzio.
Amore è un Dio di Pace. A Minerva armata – dea lunare dell’intelletto, delle crescite agrarie, delle acque sorgive, protettrice degli artigiani – era sacro l’ulivo. Sicché l’acanto spinoso dei capitelli romano-corinzi del tempio di Minerva si rimodellò più dolcemente sulla tenerezza argentea degli oliveti eterni di Chiara e Francesco. Ed è l’antica Umbria di sempre, col nome di Assisi.
Assisi Sacra – Marzo 2016
DUE QUADRATI MAGICI
Dalla elegiaIII, 10 si può ricavare un doppio quadrato magico in base all’acrostico MANE ed ai telestici in serie EMES – DIEI – ROSA [ASOR finale]. In questa elegia – come pure in molte altre – abbiamo cifre allusive ulteriori, anche di ordine concettuale.
A M O R
E N I M
E S S E
I D E A
ESSE e AMOR sono palindromi.
E’ possibile comporre un secondo e un terzo quadrato magico con gli stessi termini:
R O M A
A E N I
I D E M
E S S E
R O M A
S A N E
I D E M
E N S I
[con “ensi” dativo di paragone]
I falsi compleanni di Cinzia in IV, 5 sono caratterizzati dal telestico EMAS. Isidis è presente nel verso che precede. ISIS la cifra di ‘lettura’ della IV, 6. OSSA è il telestico del famoso distico della “veste coa” ripetuto da I,2. ISIS – OSSA introducono la falsa celebrazione rituale dell’anniversario di Azio. Esiste un filo di Arianna nel labirinto delle Elegie.
Dalla elegia IV, 5 si può ricavare un altro quadrato magico: ASIS ESSE TU ME VOCA [con la declinazione Asis – Asis e vorrei persino sognare un etimo pari a Colle sacro a Dio! – qui si precipitano stelle estive… come lacrime].
A T UE
VSSC
OSI A
EM ES
C’è il ritorno del telestico EMES di III, 10 – a fronte dell’acrostico MANE. Questo e tanto altro.
- Sfido chiunque a provare che le cifre presenti e dosate nelle Elegie siano puramente casuali oppure non ‘significative’.
- Il vero Properzio non è stato ancora compreso dagli Studiosi.
Arcangelo Papi – Assisi – Marzo 2016