PROPERZIO SEGRETO
Premessa
1* Prendete le Elegie di Properzio, per esempio nella edizione curata da Roberto Gazich [Mondadori] o da Paolo Fedeli [Rizzoli - trad. di Luca Canali e commento di Riccardo Scarcia], e andate subito a leggere le due brevi elegie finali del primo libro [I, 21 e 22] e l’elegia iniziale del quarto [Propertius-Horos]. Troverete immediatamente la presenza certa di “Properzio segreto”. Nessuno se ne era accorto, nessuno ci aveva pensato: ma è così. Il dato è oggettivo ed è oltremodo significante. Anzi, in appena tre – quattro frammenti, si presentano la soluzione autentica dell’enigma biografico dell’Autore di una opera unica – unum et fallax opus – e la chiave di lettura di quest’opera ambigua e persino contraddittoria, in cui il nome di Cynthia [donna inesistente, nel senso di non poter essere comunque riconoscibile ai lettori romani del Foro: cfr. II, 24 ] è accostato a quelli di Mecenate e di Augusto a procedere dal secondo libro.
Il presente articolo fa seguito ai precedenti già inseriti nel sito web e a questi si salda in un circuito che comprende anche la c.d. domus musae di Assisi scoperta da Fioravante Caldari nel 1949 e studiata negli anni ‘70 da Margherita Guarducci. La complessa materia richiede interventi progressivi. Un’esposizione, che si apra a ventaglio, per esprimere i tanti momenti coinvolti. La realtà effettiva di “Properzio segreto” è diffusa e articolata, per cui non sarebbe sufficiente, tuttavia è necessario, concentrarla in breve. Ogni crittografia ha bisogno di essere analizzata sebbene ciascuna aderisca al quadro generale d’insieme. Queste cifre sono autentiche, non c’è nulla di casuale. La scoperta è rivoluzionaria e ne va preso atto. Chi preferisse ritenere che questi dati emergenti non siano intenzionali e autentici, e che non comportino una svolta radicale nell’interpretazione di un capolavoro letterario già in sé enigmatico, caso sensazionale e unico nell’ambito della letteratura latina d’età augustea, sarà costretto ad almanaccare giacché è l’unicità organica di quest’opera elegiaca per una donna apparente – ma indicata dall’indovino Horos al cospetto di Propertius come fallax: e cioè ingannevole, anziché suadente o seducente – a smentirlo direttamente.
Ho provato a rappresentare la situazione a taluni Studiosi, fra i quali un famoso esponente nel campo specialistico degli studi su Properzio, senza ottenere meraviglia e poi ricevere il giusto apprezzamento per la grande novità; bensì un imbarazzato e malcelato rifiuto, con una piccola serie di obiezioni fragilissime e inconsistenti. L’atteggiamento tipico di chi rifiuta il dato scientifico reale per rimanere indenne nelle precedenti posizioni traballanti e compromesse. Inconsistenza critica, come si vedrà in seguito, e comodo silenzio, quando la fattispecie non preventivata si faceva vieppiù incalzante e nitida. La prevenzione, anziché la prudenza benevola, sarebbe – perciò – l’atteggiamento dominante di un ambiente diremmo quasi ossificato, arroccato intorno al prestigio di un falso paradigma. Ed è paradossale. Su Properzio si è scritto senza prove, ed è stato un deposito di opinioni o di giudizi tra di loro in contrasto, nella incapacità di ricondurre a unità sia l’opera, che i dati biografici del suo grande Autore. Ovviamente c’è il grande merito di accuratissimi studi filologici, volti anche alla ricostituzione del testo originario – meriti non da poco! – ma quanto a chiarezza di interpretazione c’è un fatto parlante: nessuno dei tanti enigmi che caratterizzano le Elegie è stato risolto. Ciò significa che non è stato colto il significato effettivo del capolavoro, che esiste un qualcosa di più che continuava a sfuggire, a nulla rilevando i due millenni ormai trascorsi. L’esistenza di un Properzio a due facce, una palese e l’altra nascosta, comporta che si debba distinguere adesso tra la veste Coa di Cinzia e le sue vere membra. Ed è tanto vero che altre cifre occulte confermano meravigliosamente il concetto essenziale per cogliere la distanza tra apparenze e sostanza. Al carme elegiaco amoroso intriso di passione e di dolore, corrisponde il dire altro ahi – ahi: membrapropinqui in I, 22, 7 [verso contenente una sorpresa eccezionale].
2*Ingannevole è l’opera, che è unum opus, cioè un’opera unitaria, inscindibile, vale a dire passibile di un solo tipo di lettura secondo le cifre nascoste. Ed è tale rapporto d’intima funzionalità reciproca il dato di acquisita certezza che corrobora e sostiene l’impianto globale.
Pertanto è improponibile la teoria del carmen mixti generis con cui si è tentato di spiegare il Properzio erotico dei primi tre libri rispetto al Properzio del libro quarto, piuttosto tardivo, che si rifarebbe alle cause, agli Aitìa ovvero l’eziologia antiquaria del nuovo Callimaco Romano – però nato in Umbria –, che rappresenta la falsa immagine che Properzio è stato costretto a darsi per legittimare un percorso poetico d’illusorie apparenze, ma da Cinzia tuttavia mai distaccatosi.
Ingannevole è anche Cinzia. Del resto questa donna elegiaca [il cui nome rinvia alla luna anziché ad Apollo Cinzio] non poteva avere alcun riscontro reale. Il tentativo di identificare Cynthia – pseudonimo poetico elegiaco – in una Hostia [secondo Apuleio] o in una Roscia [secondo alcuni studiosi moderni] è impossibile. E’ ovvio che si tratti di una creatura letteraria senza riscontro, come affermava Paul Veyne, ciò a differenza di Lesbia o di Licoride, che invece esistettero al loro tempo. In III, 34 Sesto Properzio inseriva – come ‘quinta’ in ordine temporale – la sua Cynthia, sempreché la fama lo avesse assecondato: ma era un gioco di sottigliezze, che non è stato afferrato. L’unica donna del catalogo degli elegiaci romani a non poter essere identificabile è proprio Cinzia. Questo trucco esaltava sia la distanza di Properzio da Virgilio, cantore di regime obtorto collo, che dai predecessori in tema di elegia amorosa. Cinzia è unica ed è ineguagliabile. Tuttavia Cinzia è anche una veste sottile. Come la luna fasciata dalle nubi notturne. La sua è una luce e un’immagine misteriosa; come la luna, ha due volti: quello della fanciulla e quello del teschio dalle orbite vuote.
Nell’entropia delle Elegie – caratterizzata dalla ripetizione insistente della parola ossa fino all’ultimo verso e da distici funerari – coesistono amore e morte. La grandezza di Propezio è portentosa. Però c’è stata abbondanza storica di necrofili che con la scusa tecnica di alta scuola della Filologia classica hanno preferito sezionare e ridurre l’opera uccidendone lo spirito arcano. Ossa disperse [cfr. I, 22] e l’unità delle membra. Un misterioso cadavere ha reclamato invano la verità. Quest’urgenza è Properzio segreto. Che esiste, e parla.
3* Il dato su Cinzia ingannevole [non inteso dai filologi] è ribadito più volte. Ad esempio in II, 24, 15: fallaci dominae [al dativo]; e in II, 34 [elegia fondamentale in termini di poesia sulla poesia o ‘metapoesia’], ove si ripetono il verbo fallet [al futuro] e l’aggettivo fallax. Esempi che si moltiplicano e il cui catalogo già sarebbe impegnativa materia di rassegna critica.
Gli Studiosi che sovrintendono ormai al moderno monopolio della verità – vale a dire il contraddittorio ed enigmatico paradigma su Properzio – potranno rifarsi all’obiezione che Augusto [e/o Mecenate] non si sarebbero mai accorti della doppiezza di Propertius, per cui il segreto non potrebbe esistere a priori, eppure c’è eccome! A costoro ha riposto l’Autore. “Io sono qui, una volta trovato io vi parlo”. Ma non lo intenderebbero. Li ha accecati la filologia della “veste” bellissima.
Quanto – appunto – ingannò Ottaviano Augusto, per nulla interessato al ‘canzoniere amoroso’ per l’incredibile e paradossale Cinzia, bensì rivolto costantemente al proprio culto. Altro aspetto di una singolarità sorprendente: le vicende di Cinzia, impastate con elegie di regime, cioè la contaminazione del ‘nome’ del Principe con una bizzarra storia d’amore. Properzio ricusava l’epica. Anzi:l’odiava. Properzio dissoluto, che da censore rimpiange gli antichi costumi. Cantore di Azio e quasi di null’altro. Il “magno” Cesare e il Pretore dell’Illiria. La vecchia lena Acantide. Persino il nano Magno. Se Cinzia fosse esistita realmente si dovrebbero fare i conti col “Pretore” delle elegie speculari I, 8 e II, 16. Chi sarebbe stato questo Pretore dell’Illiria? Banale l’esempio, ma non è possibile ammettere un duplice piano di realtà: quello di CynthiaHostia e quello poi di una figura storica in virtù della carica ricoperta. Il facile entusiasmo per “Cinzia” [cfr. per tutti J. Benda, Gli amanti del Tevere, Parigi 1927] è privo di senso. Sono caduti in trappola i più illustri filologi quando hanno valicato abusivamente la frontiera tra testo formale e suo significato. Dicano adesso chi potessero essere la lena Acantide – che nasconde la figura nefas di Ottaviano Augusto – e quel Pretore storico. Cerchino di stabilire con la necessaria esattezza dove inizierebbe la realtà. Ma per questo arduo compito dovrebbero chiamare in causa “Properzio segreto”: non c’è scampo.
Rifiutando, resterebbe tutto come prima: un ‘non’ paradigma. Il peso logico delle obiezioni artificiali con cui si pretenderebbe di vanificare la scoperta, che è effettiva, considerandola bizzarra od un equivoco, è pari a zero. Perché non dovrebbero esistere “cifre occulte” se le Elegie sono fallax opus? Chi mai doveva essere il destinatario dell’inganno se non Augusto? E se d’inganno si trattava, perché il trucco avrebbe dovuto essere elementare e scontato? Forse per accontentare chi adesso pretenderebbe di negarne la realtà ?
Properzio segreto è realtà oggettiva, sia perché Augusto non se ne accorse, ma anche perché non avrebbe nemmeno potuto sospettarlo [mentre la posizione di Mecenate andrebbe sceverata a parte].
Ad Augusto interessava l’omaggio dei poeti al regime, non il significato recondito di un’opera letteraria ambigua e travestita. Questo il senso del cavallo di Troia e della tela di Penelope come opera di Minerva, immagini direttamente impiegate da Properzio. Ed è il caso tipico di un genio che ha saputo concepire un eccezionale inganno giocando sulle apparenze formali. Insomma le membra e la veste Coa.
Gli Studiosi dovranno prendere atto che se emergono cifre remote una valida ragione dovrà pur esserci e che se finora nessuno se n’era accorto di sicuro non può valere l’obiezione a proposito di Augusto.
Anche il problema del ‘destinatario’ delle cifre occulte è un’obiezione inconsistente. Decisiva è la significante presenza di tali cifre rispetto al contesto formale. Due parametri essenziali – la presenza reale delle cifre e la riconoscibilità autentica – risolvono da soli ogni obiezione.
Non potendosi negare l’autenticità, la scoperta è clamorosa ed è rilevante rispetto al paradigma. I dati sono effettivi e poi rivelatori del retroscena chiarendone sia la portata, che il movente. Anziché negarli sarà dunque meglio comprenderli. L’ostilità verso i fatti sarebbe senz’altro sospetta.
La presenza di un insieme coerente, organico e funzionale di cifre nascoste si spiega da sola. Ogni obiezione è destinata a cadere.
Farebbe specie il contrario. Non esiste a priori la possibilità dell’equivoco [magari dovuto al caso] oppure il preteso controsenso dell’argomentazione illusoria che si vorrebbe viceversa impiegare per negare i dati oggettivi. Ho potuto riscontrare che taluni importanti Studiosi, ai quali ho comunicato alcuni risultati parziali ma consistenti, anziché meravigliarsi per la grande novità, si sono subito avventurati in obiezioni inconsistenti, violando la logica e la corretta proporzione.
False argomentazioni scambiate per obiezioni dirimenti, radicamento in posizioni insostenibili. Non ha alcun senso obiettare che si tratta di ipotesi, mentre sono dimostrazioni di prima mano, provenienti da Properzio. Oppure affermare che sarebbe un controsenso che i lettori afferrassero ciò che Augusto al contrario non sarebbe stato capace di intendere. E’ il classico esempio di falsa argomentazione in cui si dà per scontato il fatto principale che è asserito ma non viene provato. Classico testacoda. Augusto si trovava nella stessa identica posizione di qualsiasi lettore qualificato dell’opera. E’ l’opera a essere ambigua, ingannevole. Le cifre nascoste abbisognavano di un colpo di genio per rompere l’illusione delle apparenze.
Il problema è uno solo: quello dell’autenticità delle cifre. Ma le cifre sono autentiche in modo palmare. Sono da attribuire necessariamente all’Autore dell’opera ingannevole, stanti la congruenza e significatività delle stesse. Alcune di esse sono addirittura firmate.
L’atteggiamento d’immotivato rifiuto che sembrerebbe essere stato contrapposto, rivelerebbe pochezza ‘critica’. Come mai sono plurime, insistenti, diffuse in tutta l’opera, e puntualissime, coerenti e congrue? Ci si doveva meravigliare, e perfino congratularsi, ma evidentemente viviamo in un mondo imbalsamato dai poteri, guai ai non allineati alle favole dotte. Di ogni tipo.
4* Riproduco subito tre passi cruciali delle Elegie, con un acrostico e due telestici, rispettivamente presenti nel “sigillo” del primo libro e in Propertius – Horos, fermo restando che altre numerose cifre di vario genere si rivengono altrove, sempre in termini oltremodo significativi e appropriati, fornendo altresì la dimostrazione testuale e diretta della intenzionalità di tali occorrenze, peraltro già rilevabile in II, 26 perché qui il Poeta mostra chiaramente di conoscere l’acrostico haedo presente nelle bucoliche di Virgilio [IX, versi 45 – 51].
La prova diretta e certissima dell’intenzionalità criptica si trova, come vedremo tra breve, nei primi 4 versi di III, 10 [compleanno di Cinzia].
*Sigillo del Monobiblos I, 21 e 22 [primo frammento]
SIC TE SERVATO POSSINT GAUDERE PARARENTES
SI PERUSINA TIBI PATRIAE SUNT NOTA SEPULCRA
ITALIAE DURIS FUNERA TEMPORIBUS
CUM ROMANA SUOS EGIT DISCORDIA CIVIS
SIC MIHI PRAECIPUE, PULVIS ETRUSCA, DOLOR
L’acrosticoSIC è oltremodo pregnante, ma nel “sigillo” del primo libro sono compresenti altre chiavi di soluzione, con valore esaustivo per l’enigma fondamentale delle Elegie. Chiaramente falsa e strumentale l’obiezione che altri sic si potrebbero rinvenire altrove, per esempio in II, 19, 18 – 20 [elegia che riguarda Cinzia in campagna, non più in città, e Properzio che è tornato in Umbria, a caccia di lepri tra i boschi del Clitunno]. In questo caso il sic come acrostico sarebbe irrilevante non essendo marcato da specifici indicatori di stretta correlazione. Ma consideriamo anche questo caso: compare un haedus [capretto] in ambito campestre, e si faceva ritorno in Umbria, per svago del Poeta, nei dintorni di Bevagna [ed è quasi una lettera scritta da lontano].
L’elegia II, 19 si conclude con l’evocazione del nome “sempre variato” di Cinzia, rimandato dai gioghi e dalle selve del Clitunno [che era un fiume sacro]. Se poi contestualizziamo questo sic in acrostico o pseudo acrostico in II, 19, versi 18 – 20, fatto saliente ma ignorato da questa obiezione [che del resto è illogica e prevenuta], ci dobbiamo accorgere che anche qui c’è un valore indicativo che si fonda sull’ironia derivante dalla contrapposizione tra belve feroci [che ovviamente non ci potevano essere in Umbria: addirittura dei leoni!] e altri animali innocui; e che – dunque – si riverbera anche nella contrapposizione tra “Diana cacciatrice” e “Venere”.
Questo sic [ironicamente] potrebbe [o meglio dovrebbe?] riferirsi all’usanza [che allude] di “appendere le corna al pino di una fiera catturata con i cani ammaestrati”: preda non difficile ma improbabile dati i luoghi [forse lo stesso capretto?]. Cinzia danzerà ante focos per il sacrificio agreste di un haedus e Propezio appenderà le corna [del capretto...] a un pino. L’ambiente si rifà alla egloga IX di Virgilio [chi ha sollevato l’obiezione, non volendo ha colto nel segno]. Anche questo sic sarebbe un acrostico in senso tecnico, cioè tutto il contrario di un’occorrenza casuale. Ante focos è cifra pregante di richiamo rispetto a II, 1, 29: eversosque focos antiquae gentis Etrsuscae. Noi siamo degli stupidi, Properzio era un genio sommo! Lui diceva: più grande di Mimnermo e [pertanto anche] più grande di Omero. Ed è vero. Nel senso che – chiarendo il concetto scandaloso – le Elegie sono un capolavoro d’intelligenza poetica e di umanità grandissima che si distacca dall’infamia della storia e del potere. Amore è un dio di pace.
Ma vediamo altri due frammenti.
* Propertius-Horos:
1) Parla Propertius
MI FOLIA EX HEDERA PORRIGE , BACCHE, TUA, A
UT NOSTRIS TUMEFACTA SUPERBIAT UMBRIA LIBRIS S
UMBRIA ROMANI PATRIA CALLIMACHI! I
SCANDENTIS QUISQUIS CERNIT DE VALLIBUS ARCES, S
INGENIO MUROS AESTIMET ILLE MEO!
2) Parla l’indovino Horos:
SCANDENTISQUE ASIS CONSURGIT VERTICE MURUS,
MURUS AB INGENIO NOTIOR ILLE TUO.
OSSAQUE LEGISTI NON ILLA AETATE LEGENDA A
PATRIS ET IN TENUIS COGERIS IPSE LARES: S
NAM TUA CUM MULTI VERARENT RURA IUVENCI, I
ABSTULIT EXCULTAS PERTICA TRISTIS OPES. S
Il telesticoASIS è il marchio ed è la chiave ultima di comprensione del fallax opus. Le obiezioni a questa formidabile scoperta che dà luogo a Properzio segreto hanno il vago tenore dell’appiglio pretestuoso.
Ci si arrampicherà invano sugli specchi di ciò che potremmo chiamare “Rettorica” [Carlo Michelstaedter, La Persuasione e la Rettorica, 1909 – tesi di laurea all’età di 24 anni, morto suicida nel 1910].
Assisi marca la patria vera del Callimaco Romano. Ciò significa che il poeta smentisce l’abbaglio delle apparenze. Il paradigma del “carmen mixti generis” è crollato. Properzio e Cinzia sono una cosa sola. Ed è impossibile separarli. La veste Coa è l’illusione di Cinzia, le membra sono state velate.
Nell’elegia II, 26 è presente il telesticoASIS STAT nei primi e negli ultimi 4 versi. La cifra occulta di questa composizione è molto densa e articolata [ne tratterò a parte in un altro pezzo]. Tuttavia è chiaro che Properzio mostrava di conoscere l’acrostico delle Bucoliche, vale a dire il Capretto [haedus - haedo], mentre l’elegia stessa è una versione anomala di Galatea in undis [Buc. IX, v. 36].
In III, 10 – “compleanno di Cinzia” [ma in IV, 5 due falsi compleanni] appare evidente che Properzio fa impiego consapevole di cifre, ciò confermando in modo diretto l’autenticità dell’impianto remoto di cui queste rivoluzionarie pagine si occupano più da vicino.
MIRABAR, QUIDNAM VISISSENT MANE CAMENAE,
ANTE MEUM STANTES SOLE RUBENTE TORUM.
NATALIS NOSTRAE SIGNUM MISERE PUELLAE
ET MANIBUS FAUSTOS TER CREPUERE SONOS.
L’acrosticoMANE è la provaindubitabile,fornita a testo da un genio letterario sommo, che nelle Elegie sono presenti non solo acrostici, telestici e mesostici, un genere classico all’epoca, ma anche altri giochi di parole più complicati, come anagrammi e inversioni speculari.
Properzio segreto si è avvalso di anagrammi e d’inversioni nelle parti più segrete, delicate e nascoste della sua opera [unum opus quanto al significato unitario]. E’ chiaro che il ricorso ad anagrammi, vale a dire alla cifra per traslitterazione, sia l’operazione più incerta, ma è anche inevitabile. Dimostrerò che a certe condizioni l’anagramma deve essere considerato autentico. Non ha alcun valore negativo l’obiezione [non formulata] che anche Galileo si servì di anagrammi non risolti da Keplero per nascondere le sue scoperte astronomiche. Infatti, è la soluzione concettualmente corretta a certificare il contenuto autentico della cifra, cui si può pervenire se e solo se è stato compreso il metodo ed è stata infine afferrata la chiave del contenuto possibile della cifra.
In I, 22, v. 7 è inserito un anagramma sicuramente autentico giacché si registrano tutti i criteri per la risoluzione, anche in corrispondenza a I, 21, v. 7. MAECENAS EQUES SPEM PROPTITIA UMBRI PROPERTI. Due nomi, come in I, 21, v. 7. Gallo e Cesare Ottaviano. Altri due nomi nel verso corrispondente di I, 22, 7. Dalla serie di segnali pro - per - pro di I, 22, v. 7 compaiono, difatti, i nomi di Properzio, che si firmava in segreto, e di Mecenate che, subito dopo, comparirà allo scoperto, inaugurando il libro secondo. Non c’è scampo. La cifra occulta è autentica nonostante l’enorme stringa fattoriale – 38! – di caratteri alfabetici.
5* Ho affermato che la parola ossa, che marca il sigillo del Monobiblos in relazione alla situazione [fittizia] di Gallus, è il termine di gran lunga più ricorrente. Con questa parola termina l’opera. Non è un caso.
Ed ecco allora che il telestico OSSA è impresso in un famoso passo di IV, 5 [versi 55 - 58, con la lena Acantide che prostituisce Cynthia ormai sul viale del tramonto, altra situazione fittizia ma topica]:
QUID IUVAT ORNATO PROCEDERE, VITA, CAPILLO O
ET TENUIS COA VESTE MOVERE SINUS S
QUI VERSUS, COAE DEDERIT NEC MUNERA VESTIS, S
ISTIUS TIBI SIT SURDA SINE AERE LYRA. A
A che ti giova vita mia incedere adorne le chiome,
procedere nelle pieghe di una sottile veste di Cos?
A chi ti offre soltanto dei versi, ma non una veste Coa,
resti sorda, senza il suo denaro, la tua lira.
Non può essere messa in dubbio l’intenzionalità della cifra ossa. Chi pretendesse di sostenere il contrario si dimostrerebbe non credibile davanti alla ragione. Proprio perché il distico quid iuvat / coa veste – caso unico! – è stato ripetuto in IV, 5 da I, 2. Nessuno ha saputo spiegarlo. E’ stata avanzata l’ipotesi di una interpolazione dei copisti. Falso. I primi otto versi di I, 2 presentano il telestico mascherato – ma adesso riconoscibilmente autentico! – di OSSA SUME [= accogli le ossa].
Ecco la sequenza:
QUID IUVAT ORNATO PROCEDERE, VITA, CAPILLO O
ET TENUIS COA VESTE MOVERE SINUS, S
AUT QUID ORONTEA CRINIS PERFUNDERE MURRA, A
TEQUE PEREGRINIS VENDERE MUNERIBUS, S
NATURAQUE DECUS MERCATO PERDERE CULTU, U
NEC SINERE IN PROPRIIS MEMBRA NITERE BONIS? S
CREDE MIHI, NON ULLA TUAE EST MEDICINA FIGURAE: E
NUDUS AMOR FORMAE NON AMAT ARTUFICIEM M
OSSA SUME = 1243 – 2143 = Dove c’è configurazione c’è significato.
A che ti giova vita mia incedere adorne le chiome,
procedere nelle pieghe di una sottile veste di Cos,
a che ti serve cospargere i capelli di profumo di Siria,
offrirti in mostra con stranieri orpelli,
e confondere la tua naturale bellezza con oggetti di mercato,
non permettere che le tue membra risaltino da sole?
Credi a me, la tua figura non abbisogna di rimedi:
Amore è nudo, e non domanda trucchi.
Si noti la parola membrae la si colleghi a membra propinqui di I, 22,
verso 7. Non c’è dubbio che il telestico OSSA SUME, mascherato per cautela, faccia parte della stessa serie d’incastri logici.
Ossa – veste Coa – Cynthia – Gallus. Properzio segreto è molto chiaro. Lo state scoprendo. Basterebbero queste pagine per stabilire da che parte stia la verità. Ed è questo – senza tema di smentita – l’articolo più importate che sia stato mai scritto su questo grandissimo Poeta. Va però detto e chiarito che ciò è stato possibile solo e soltanto a ragione degli eccezionali studi condotti per secoli sulle Elegie. Grazie agli Umanisti, dal Petrarca, e poi ai moderni Studiosi, dal Lachmann in poi, di cui oggi Paolo Fedeli è la massima autorità riconosciuta.
L’opera fu un trucco ai danni di Augusto. Cinzia è la donna o domina dell’inganno. Mentre Gallus – il morto di Perugia – è il protagonista invisibile del fallax opus .
Ogni obiezione avrebbe la stessa consistenza delle bolle di sapone.
Queste cifre occulte esistono e parlano da sole. Non ha alcun senso la pretesa di negarne il valore corrispondente o di confonderle col caso o l’insignificanza. Properzio esiste in funzione del fallax opus – unumopus.
Un grandissimo Studioso mi faceva presente che << l’elegia è opus fallax perché la sua materia è costituita dagli inganni, tanto da quelli architettati quanto da quelli subiti >>. Concediamogli la verità.
Properzio era un genio, non parlava a caso. Sono le cifre remote a dare significato al tipo d’inganno. Ovvio.
<< Una polemica che solo due o tre lettori riescono a cogliere fallisce miseramente il suo scopo e risulta priva di senso >>. Ancora una volta un vizio logico nell’argomentazione, che si vorrebbe conclusiva e dirimente. Properzio ha scritto a due mani: il falso e il vero.
L’emergere del vero è la prova del falso che si presentava ambiguo nel suo travestimento. Quali sarebbero i due – tre lettori capaci di cogliere la polemica nascosta? Quale mancanza di senso?
Vero e falso coesistevano, una è l’opera. Ciò che ambiguamente doveva essere il vero, è stato sconfessato. Questa la spiegazione autentica di un genio letterario sommo. Non c’è spazio logico di sorta per negare la scoperta. Le Elegie appartengono al genere illusorio le figure “doppie” della psicologia della Gestalt. Il nodo è sciolto in forma autentica dalle cifre parlanti di Properzio segreto.
Faccio un altro esempio di crittografia, un telestico. In I, 1 compariva Cynthiaprima. Il calco letterario deriva da epigramma efebico di Meleagro per il giovinetto Muisco. Properzio, non ancora toccato da Cupidine, ha conosciuto Cinzia che ha qualche hanno più di lui e che, per così dire, l’ha stregato. Degli amici sono ‘testimoni’ di questa passione insana che sfiora la follia. Vos amici…, e subito a seguire:
QUAERITE NON SANI PECTORIS AUXILIA. A
FORTITER ET FERRUM SAEVOS PATIEMUR ET IGNIS, S
SI MODO LIBERTAS QUAE VELIT IRA LOQUI. I
FERTE PER EXTREMAS GENTIS ET FERTE PER UNDAS S
***
Ed è Assisi, o voi amici!
***
Asis – Asis. Cioè, nominativo e genitivo. La città sacra: per eccellenza di uomini e donne sacri. Amore è un Dio di Pace [III, 5, 1]. Forse anche Dante [cfr. Inferno III] risentì dell’ultimo verso di questa stringa. Ma le ossa di Gallus saranno portate in cielo tra gli avi gloriosi. * Da chi, se non dal figlio, Poeta di “Cinzia”? Caelum patuit [cfr. III, 11 - Elegia di Cornelia. CAUSA PERORATA EST – La causa è detta: levatevi in piedi, o testimoni in lacrime].
Segue la parte seconda di “Properzio segreto”