PROPERZIO SEGRETO:
GALLUS – QUADRATI MAGICI IN III, 10 E IN IV, 5 – ANTONIO
1* Il sigillo anonimo o sphragìs del primo libro delle Elegie contiene un sistema completo ed esaustivo di crittografie autentiche, coordinate in modo magistrale, circa i fatti di Perugia [Gallus e il bellumPerusinum].
Da queste cifre remote emergono le identità occulte del propinquus e della soror, la sorte vera di Gallus e la vicenda parallela del transfuga etrusco, il rapporto stretto di parentela di Properzio col giovane Tullo Volcacio, e persino il nome di Mecenate con la firma segreta del poeta umbro [occultati in I, 22, verso 7].
Nell’elegia epigrammatica sepolcrale I, 21 si rispecchiavano insieme l’epitaffio attribuito a Pacuvio [properas – adulescens] e l’epigramma XXI di Callimaco a carattere autobiografico [lui un poeta superiore all’invidia, e suo padregià comandante degli eserciti della patria].
Le cifre remote indicano con certezza che GallusPropertiusasisiensis era il padre del poeta, non uno zio materno, eliminato per vendetta nella strage di Perugia, nel mese di marzo del 40, insieme a molti altri capi locali della rivolta, umbri ed etruschi, che si erano associati a Lucio Antonio e a Fulvia, la moglie di Marco Antonio, contro Ottaviano per la difesa della libertà e avverso agli espropri fondiari per i veterani di Filippi [Romana Discordia].
I Perusinasepulcra, testimonianza diretta di Properzio, corrispondono alla arae Perusinae di Seneca: ed è questa la prova certa del misfatto.
La morte di Gallus doveva essere trasformata e velata, giacché era impossibile riferirne la verità, evitando altresì le rispettive identità e i rapporti di parentela. Ma gli accenti drammatici dei Perusina sepulcra e degli eversos focos antiquae gentis Etruscae testimoniano con forza il dolore e la polvere rispetto a un tempo felice.
Inaspettato il drammatico finale di un canzoniere d’amore per Cynthia prima, caratterizzato da molteplici stranezze: per esempio, la serie dei Gallus d’incerta identificazione, che precedeva il Gallus – propinquus o parente stretto del poeta – che è il morto parlante di I, 21. Il “sigillo” del Monobiblos impegnato dall’epigramma funerario di Gallus desta il fondato sospetto che questa vicenda sia più importante di Cynthia, fatta sembrare ragione di vita e allo stesso tempo una condizione di nequitia. Una donna di cattiva fama come Cynthia non poteva essere accostata al nome di Augusto. Ne deduciamo che contrariamente alla tradizione questa “Cinzia” non sia mai esistita, rimanendo una creatura letteraria, sebbene accostata in II, 34 ad altre donne elegiache romane effettivamente vissute. Cynthia sarebbe fallax domina anche in questo senso. Così come fallax, cioè ingannevole, sarebbe l’opera.
Un acrostico – SIC – assolutamente autentico in I, 22, versi 3-5, apre la serie esaustiva di crittografie nella sphragìs del Monobiblos. Per due millenni queste “cifre” sono state ignorate. Sono passati in secondo ordine anche gli altri enigmi di un’opera ambigua, sicuramente velata.
Si è preferito prestar fede a Cinzia elegiaca, all’irrealtà della scena fittizia di Gallus, ucciso da ignote mani sui monti etruschi nei dintorni di Perugia, e ci si è ridotti a un paradigma incerto e contraddittorio. Tanto che la presenza di Augusto nelle Elegie [in I, 21, 7 è chiamato Cesare], potrebbe somigliare a quella di un intruso. << Non un solo Augusto, ma tanti Augusti: alcuni oggetto di dichiarato dissenso, altri di condizionata adesione, tutti però rappresentati non con empatico coinvolgimento, bensì con il disincantato distacco del testimone, o meglio dello spettatore della grande scenografia propagandistica augustea >> [G. Cresci Marrone, 2006].
Dovremmo trovare una giustificazione razionale per Cynthia prima, per Gallus ultimo nel Monobiblos, e per il ricordo luttuoso del bellum Perusinum del 41 – 40 di cui fu vincitore Caio Ottaviano, che diverrà Augusto nel 27, dopo aver eliminato nel 30 Marco Antonio e Cleopatra.
Ignotae manus quelle del giovanissimo Autore esordiente a Roma, che nel primo libro non si firmava, a differenza dagli altri tre libri. Il primo libro terminava con l’anomalia di Gallus. Era caratterizzato anche da un certo grado di reticenza personale circa il luogo natale, comunque posto nel cuore dell’Umbria non lontano da Perugia etrusca.
L’obiezione che a Roma i contemporanei lettori del Foro conoscessero già la vicenda privata di Gallus risalente a undici anni prima, non è calzante. Un conto è ciò che soltanto una ristretta cerchia di persone poteva sapere su Gallus, tutt’altra questione è la conoscenza oggettiva del fatto storico, sintetizzato in modo molto chiaro dall’espressione lugubre e drammatica dei Perusina sepulcra. La rappresentazione reticente e accorta di un fatto privato, però destinato al pubblico, riguardava così soltanto Gallus.
Ottaviano – chiamato Cesare in I, 21,7: per cui lo si poteva facilmente riconoscere – non aveva ovviamente alcun interesse a reclamare la verità nascosta su Gallus. Nel “sigillo” firmato del secondo libro [ultimi dieci versi di II, 34] Gallus mortuus era il poeta Cornelio Gallo [un bel coraggio quello di Properzio nei riguardi di Augusto, causa prima del suicidio di Gallo nel 26 per ragioni politiche].
Il dato apparente di I, 21 era che Gallus fosse morto sui monti Etruschi – dopo essere sfuggito incolume, insieme con altri commilitoni, da una mischia fuori le mura: elemento alquanto ipotetico – non si sa bene se ucciso da predoni [che avrebbero derubato dei combattenti provvisti di armi, ma non di averi] o da avversari disposti nelle retrovie.
Ignotas manus. Gallus non poté sfuggire a mani ignote. Un compagno etrusco si è salvato, per quanto ferito, ma costui non dovrà raccontare a una sorella le circostanze di quella fine. Le ossa di Gallus giaceranno dunque insepolte, disperse sui monti.
Propertiusadulescensraccoglierà le ossa di suo padre, precocemente morto, in quello stesso periodo di tempo, prima delle requisizioni per ricompensare i veterani di Filippi, la cui minaccia – ormai incombente nel 41 – era stata causa di un’aspra rivolta, connotata anche da ragioni patriottiche. Ossa disperse e ossa raccolte. Gallus perciò non sarebbe il padre. Properzio però doveva mentire, giacché nascondeva. La soror dovrebbe o potrebbe rintracciare quelle ossa sui monti, senza dover essere informata che Gallus era stato ucciso da ignoti. Ricordiamoci del fatto che il finale di I, 21 pone il problema delle ossa disperse: Gallus non starebbe dicendo [tramite il commilitone che si è potuto salvare] che tutte le ossa ritrovate sarebbero le sue, ma che di chiunque siano, sappia la sorella che sono le sue. La soror sarebbe la sorella di Gallus [ma non è detto]. Non avrebbe dovuto apprendere che Gallus era stato ucciso da ignote mani. La scena di Gallus in I, 21 è piuttosto complessa, presenta forti elementi d’incertezza e dà adito al sospetto logico di un artificio per tacere la verità. Perché Cynthia prima dovrebbe terminare con Gallus.
I dati biografici di Properzio sono essenzialmente contenuti nel sigillo del Monobiblos e nella enigmatica elegia Propertius-Horos che apriva il quarto e ultimo libro. E’ evidente il collegamento. Questo stretto allaccio pone diversi problemi che vanno dall’esatto profilo biografico di Propertius al significato dell’opera.
Il racconto biografico di Horos [IV, 1, 119 ss] creerebbe una pesante frattura logica su Propertius: Horos accennava al morte del padre, ma non diceva nulla di Gallus, sebbene molto stretto fosse il rapporto tra il sigillo del Monobiblos e il profilo tracciato dall’indovino.
A prescindere dalla presenza delle crittografie [il cui scopo e la cui autenticità appaiono evidenti massimamente per Gallus], gli elementi del sigillo del Monobiblos e della biografia di Propertius tracciata da Horos sembrano concepiti e ripresi apposta per sollevare interrogativi e allo stesso tempo per tacitarli. Massima ambiguità, che non risolve il presunto ma falso problema esistenziale di Properzio con Cinzia, con l’ombra di Cinzia morta, il problema di Gallus [di nuovo un Gallus nelle parole di Horos], e le ossa. I riferimenti ad Augusto sono 28, altrettante volte si ripete la parola ossa [fino al’ultimo verso].
Se Gallus non fosse stato importante per il significato delle Elegie, non lo avremmo trovato al termine del primo libro, dopo altri incerti Gallus. Nel sigillo secondo libro era evitabile Gallus mortuus [riferito al poeta e generale romano Cornelio Gallo], e nel quarto libro Horos non si sarebbe riferito alla morte dei due figli gemelli di Arria [personaggio femminile sconosciuto], Gallus e Lupercus. Senza crittografie, le parole di Horos sul profilo biografico di Propertius già davano luogo a dubbi: ossa disperse e ossa raccolte non sono espressioni necessariamente in contrasto. E nel sigillo del Monobiblos le relazioni tra Gallus, la soror e il commilitone etrusco che si è salvato, potrebbero essere differenti. Unica certezza è che Gallus è propinquus del poeta, parente stretto, ma la scelta del vocabolo è anch’essa ambigua, come il verbo properas. Tutto sembra richiamare un Propertius, anche le sequenze pro per pro. Eppure quella del poeta è stata una voluta reticenza, col problema del grado di rilevanza della figura di Gallus [personaggio trascurato nel Convegno di Assisi del 2006] che sembrerebbe persino decisiva.
Dimenticare Gallus comunque avrebbe poco senso. Una volta scoperta la presenza di eloquenti crittografie è divenuto impossibile.
2* Un parente stretto del poeta, Gallus [nomen di gens], sarebbe morto in un oscuro episodio, quasi al termine della guerra di Perugia, mentre il padre del poeta, un Propertius, sarebbe morto a casa sua, pressappoco nello stesso periodo.
Gallus plausibilmente potrebbe essere il fratello della madre di Sesto Properzio, ma ciò è falso.
Con alessandrina reticenza il poeta esordiente di Cynthia prima non si firmava e non indicava il nome della sua città natale in Umbria, posta in prossimità di Perugia [supposito campo - cavo campo]. Rendeva incerte e irriconoscibili [almeno per i posteri] le rispettive identità di certi personaggi: Gallus, una soror, il transfuga etrusco. E si contornava precipuamente di polvere, di dolore e di morte, con accenti poetici di rara potenza.
I Perusina sepulcra – indicati in I, 22 a Tullo Volcacio come lutto della sua patria e come funerali dell’Italia, drammatica conseguenza della Discordia Romana – sarebbero perciò qualcosa di diverso rispetto alla ingloriosa morte di Gallus. Altra frattura logica, dunque, rispetto alla unità biografica, che le Elegie avrebbero dovuto contemplare.
Se Gallusnon fosse stato il padre del poeta [il termine propinquus indica un Propertius], perché esisterebbe un complesso coordinato, razionale ed esaustivo di crittografie, perfettamente funzionante, nei due brevi epigrammi del sigillo anonimo del Monobiblos?
Questa domanda non va rovesciata, affermando al contrario che le presunte crittografie sono casuali oppure non significanti, anche perché sarebbero emerse dopo due millenni. Prima nessuno ci aveva fatto caso. A tale obiezione risponde immediatamente la presenza dell’acrostico SIC in I, 22, 3 – 5 la cui intenzionalità è fuor di dubbio. La cifra SIC rimarca in modo precipuo il trauma del bellum Perusinum per Propertius adulescens. E’ scontato che tutto si riporti alla sua famiglia.
Combinato con l’acronimo properas, un mesostico inserito nei primi tre versi di I, 21 indica che Gallus è un Propertiusasisiensis. Quando in I, 21, 3 è rintracciabile due volte la parola genitor.
Nell’epitaffio attribuito a Pacuvio, riportato da Aulo Gellio nelle Notti Attiche, il verbo properas [rivolto a un adulescens] sarebbe stato il modello, lo spunto utilizzato dal poeta di Assisi. Ciò è confermato dalla presenza del medesimo verbo in I, 5, 4 ove compariva il primo Gallus della serie, seguito dal telestico ASIS.
Lo stesso epigramma XXI di Callimaco si riferiva alla sua tomba e quella di suo padre. Non è possibile trascurare questi elementi. Sono dati intenzionali. Evidenziati in neretto gli elementi del mesostico.
Tu, qui consortem properas evadere casum,
miles ab Etruscis saucius aggeribus,
quid nostro gemitu turgentia lumina torques?
E’ impossibile che il mesostico Propertius non sia intenzionale. Nel primo verso leggiamo “musa” e “cadaver” al contrario. Nel terzo verso ben quattro t suonano chiaraente, come la t iniziale del primo verso.
Nel terzo verso è presente, inserita due volte, la parola genitor. Properasè dunue l’acronimodi Propertius asisiensis.Il primoGallusdella serie deiGalluscompariva in I, 5, 4:
Infelix, properas ultima nosse mala,
et miser ignotos vestigia ferre per ignis,
et bibere e tota toxica Thessalia. A
Non est illa vagis similis collata puellis: S
molliter irasci non solet illa tibi, I
quod forte tuis non est contraria votis. S
Ed è questa la conferma che il verbo properas stava per Propertius asisiensis. Gallus era il genitor del poeta. Precocemente Propertius adulescensraccolse leossadi Gallus che era suo padre. La parola ossa è ripetuta 28 volte nelle Elegie. Compare anche nell’ultimo verso. Alla questione sulle ossa disperse – che avrebbe potuto ritrovare la soror sui monti etruschi nei dintorni di Perugia – risponde direttamente Properzio in II, 14, verso 6: cuiusfalsatenens fleveratossa soror.
Le Elegie sono un labirinto di parole speciali per Gallus. Occorre un filo [Daedalium lino cum duce rexit iter].
Senza crittografie, l’interpretazione << più plausibile >> di I, 21 è sembrata la seguente: << Gallo, ferito a morte mentre sta fuggendo sui monti dell’Etruria si rivolge a un commilitone che, anch’egli ferito ma in modo non grave, cerca di sfuggire all’armata di Ottaviano. Udendo all’improvviso i suoi gemiti strazianti, il fuggiasco volge altrove gli occhi sbrattati per la paura e per l’orrore. Gallo lo invita ad arrestarsi un attimo, e, dopo avergli augurato di trovare scampo nella fuga e di poter riabbracciare i genitori, lo prega di riferire, sì, alla sorella di aver visto il suo corpo, ma di frenare le lacrime, per non svelare la vera causa della sua morte: egli, infatti, sfuggito all’armata di Ottaviano, è stato ferito a morte da mani ignote. (Le ignotae manus saranno, verosimilmente, bande di briganti: ce lo fa capire il senso peggiorativo della espressione, che oppone alla formula pomposa – Caesaris enses – con cui sono designate le schiere di Ottaviano). Alla sorella l’amico dovrà anche indicare il punto in cui, sui monti dell’Etruria, si trovano le sue ossa, perché ella provvedere alla sepoltura >> [P. Fedeli, 1980].
Il difetto principale di questa interpretazione ‘plausibile’ consiste nella inverosimiglianza della scena di Gallus, già per se stessa ed anche rispetto ai sepulcra Perusina e agli eversos focos antiquae gentis Etruscae [dati storici di un’accusa per Cesare Ottaviano]. La reticenza di Properzio almeno per i nomi [le ignote mani dicono il contrario: impossibili i “predoni” per dei soldati in fuga, improbabili i drappelli di militari di retroguardia] è evidente. Ciò che il poeta ha rappresentato [a parole, con struggente poesia] è il velo di una vicenda personale e di famiglia, che si è concretizzata sul piano storico nella rovina di Perugia e in una strage per ritorsione e vendetta, e su quello privato nella morte di Gallus e negli espropri fondiari in Umbria. Horos con la tristepertica e le ossa del padre precocemente raccolte dall’adolescente, non avrebbe fatto chiarezza, introducendo un elemento di ambiguità, cioè che Gallus potesse essere il padre. Il dato storico è nel senso che la minaccia delle imminenti requisizioni fondiarie era stata la causa della rivolta. Bisognerebbe perciò presupporre che il padre dell’adolescente non si era ribellato ai soprusi, ma che aveva perduto le proprietà, addirittura morendo giovane proprio in quel periodo, purché Horos non avesse questa volta sottilmente rivelato la verità, che era stata taciuta e deformata da Propertius nel sigillo del Monobiblos.
Senza crittografie dovremmo discutere invano sulla soror [sorella di chi?], sui legami di parentela, sui predoni, sulle ossa, e sulle ragioni per cui Gallus è stato accostato a Cinzia. Col forte sospetto che il criterio della plausibilità sia in questo caso alquanto labile o aleatorio.
La ragionevolezza direbbe subito che Gallus era il padre e che il poeta doveva fingere se voleva introdurre Gallus nella sua opera. Recupero ‘elegiaco’ del dramma del bellum Perusinum. Finzione necessaria per il fatto singolo. E questo si spiegherebbe soltanto se il fatto privato fosse stato parte dell’evento storico principale, e non un caso a sé.
Sul presupposto dell’equivalenza storica dei Perusina sepulcra con le arae Perusinae di Seneca, la morte di Gallus s’inseriva nella strage di Perugia. Properzio era stato costretto a mentire, così però il misfatto veniva nullificato. Per ripristinare la verità [contro Ottaviano], era perciò necessario un apparato crittografico. Un insieme combinato di dati. Il fatto che queste crittografie rivelatrici esistano, e parilino chiaro, non significa tuttavia che i racconti di Gallus e di Horos fossero falsi e incompatibili. Properzio era un genio. Con estrema ambiguità ha saputo dosare e mescolare il vero e il falso. Per esempio, le ignotasmanus che Gallus non era riuscito a effugere, contengono la risposta della verità: at signo manus [ma fu col segno della mano che vennero indicati gli elementi da eliminare nel marzo del 40 a Perugia: che se così non fosse stato, Properzio non avrebbe detto Perusina sepulcra].
I cadaveri furono restituiti alle famiglie, sicché le ossa di Gallus furono raccolte dall’adulescens, come diceva Horos, in quell’età in cui ciò solitamente non avviene. Perusina sepulcra è sinonimo della strage, vittime della vendetta di Ottaviano i capi locali della rivolta. Dopo di che la triste pertica. Rimasto orfano, e privato delle terre, Properzio con sua madre andò a Roma, dove evidentemente poteva contare su alcuni appoggi. E così si spiegano la sua cultura, e il raffinato grado di erudizione, che presto, a 19 anni, fecero di lui ufficialmente un poeta.
3* Non è detto che la soror fosse sorella di Gallus. E l’identità di Gallus era sfuggente. Le possibilità sono varie. Il sigillo del Monobiblos era un enigma anche per il pubblico romano del Foro. Un fatto privato di molti anni prima, che chiudeva inatteso il primo canzoniere amoroso di un giovane poeta esordiente. Ma l’enigma speculare della soror – sorella di chi? – trovava ugualmente soluzione nell’abilissimo gioco di parole di I, 22, 2: Pro nostra semper amicitia [verso riferito a Tullo Volcacio]. Costei è Propertianostra s.e.m. amici: cioè sorella di GallusPropertiusemadre di Tullo Volcacio [sem = soror et mater].
Altri elementi suffragano le crittografie: per esempio gli stessi suoni ripetuti properpro e tu – tu – Tulle [vocativo]. La stretta relazione tra Tullo e Sesto coinvolge il transfuga etrusco. Costui era un Volcacio di Perugia. La vicenda di GallusPropertius [padre del poeta di Assisi] e quella del transfuga etrusco di Perugia sono legate alla strage di Perugia: le araePerusinae di Seneca e i Perusina sepulcra di Properzio. Ed è la tragedia più ampia degli eversos focos antiquae gentis Etruscae [cfr. II, 1, 29].
In I, 21, 7 figuravano Gallus e Caio Ottaviano col suo titolo di Caesar. Da I, 22, 7 apprendiamo che Gallus è propinquus [parente stretto] del poeta. Pulvis Etrusca, dolor, tu proiecta mei perpessa esmembrapropinqui: cioè, polvere Etrusca, dolore, tu haitolleratole membra abbandonate del mio congiunto. Gallus sarebbe deceduto sui montiEtruschi dei dintorni di Perugia, il corpo si sarebbe disfatto, le sue ossa si sarebbero disperse: insieme a quelle di altri cadaveri [in un episodio militare che non risulta dalle fonti, e che poi sembra fatto apposta per restare nell’anonimato, senza creare problemi: ma perché inserirlo come sigillo d’autore, che però non si firmava, rimanendo sul vago, al termine di un libro d’amore?].
Nel primo e nel secondo libro si affacciava, sempre ambiguamente, il tema contrapposto Amor Roma [un palindromo]. Parole forti quelle della sphragìs del Monobiblos: saucius – gemitu – lumina – soror – lacrimis – Caesaris – ossa – genus – sepulcra – funera – membra – patria – campo [proxima militia e proxima Umbria – eversos focos]. Le Elegie sono un labirinto di parole speciali. Bisogna trovare il filo di Arianna [cfr. II, 14]. Distico finale di II, 13:
Sed frustra mutos revocabis, Cynthia, Manis:
nam mea qui poterunt ossa minuta loqui?
O Cinzia, invano tu chiamerai i miei Mani:
difatti, come potranno le mia ossa sparpagliate parlare?
E’ necessario rincorrere il testo lungo il suo filo,rendersi conto della strategia occulta del poeta di Cynthia – Arianna [cfr. I, 3]. Con Cynthia prima e Gallus per ultimo. I materiali verbali del sigillo del Monobibos si ritrovano in Propertius – Horos [elegia IV, 1] ed insieme si ripetono nell’elegia di Cornelia, c.d. “elegia elegiarum”, che è anche l’ultima composizione dell’opera unica [fallax opus - unum opus]. E che la definizione fallax opus di Horos debba essere intesa correttamente come opera ingannevole, lo dimostra il ripetersi del medesimo concetto per altre due volte, nelle stesse parole dell’indovino: fallitur e poi fallere. Anche la parola pater qui è ripetuta tre volte.
Altro dato importante – che assurge a rango di prova – è la serie di connessioni che per esempio legano la IV, 10 alla IV,11. Per Cornelia, la parola ossa è ripetuta più volte. Ossa perché Cornelia è morta. Le sue ossa saranno portate in cielo tragli avi famosi. Quelle ossa sono però le ossa di Gallus. Non è importano le ceneri o la sepoltura del corpo: ossa rende sempre il concetto; ma ossa disperse e ossa raccolte era una distinzione ingannevole. Rileva anche il sepulcrum. All’inizio di IV, 4, di IV, 5 e di IV, 11 c’è sempre sepulcrum, ogni volta come ultima parola di quel verso. Sembrano altrettanti avvertimenti circa il problema delle ossa. Altrove si ripete la parola membra.
In IV, 10 le rovine dell’antica Veio hanno toni lugubri, di grandissima poesia, come in I, 21 e 22. Aurea sella – foro. Parole che ritroviamo in IV, 11 [ma anche concetti, e non solo parole]. Sellam curulem in IV, 11, 65 quanto al fratello di Cornelia. Ed ecco le parole del Daedalium iter che si ripetono nell’elegia di Cornelia, che è l’ultima composizione: Lacrimis – funera – ossa – foro – pila – focos – gemitu– lumina – genus– soror – pater– matris. Secreto loqui [cfr. IV, 11, 83] giacché identiche parole facevano già parte della “autobiografia” completa di Propertius.
4* L’ultimo libro delle Elegie ha la sua unità nascosta, da recuperare; non è opera raccogliticcia di un editore post mortem, e l’elegia di Cornelia, che va inserita piuttosto tra quelle a carattere politico, a buona ragione terminava con ossa. Properzio è entrato nella casa di Cesare. Perché celebrare un “processo” sulle “virtù” di Cornelia? Porte d’inesorato acciaio. Ianuanigra, ianua mortis. Et lacrimis vidimus ire deo – gemitu Caesaris ossa mea! Condita sunt vestroluminanostra sinu [cfr. I, 21]. Cornelia, filia di Scribonia mater. Cornelia, soror del console del 16 [P. Scipione]. E vedemmo scendere lacrime da un dio: le mie ossa col gemito di Cesare. I miei occhi si chiusero sul vostro petto.
Si noti la pietà di Properzio, che è cosa sacra. Ed è un ribaltamento ricco di umanità dolorosa. Allo stesso tempo è un plenum di giustizia.
<< Il libro [e l’opera] terminavano con il tributo mortuario a Cornelia. Se costei morì nel 18, l’editore commise una svista nel collocare l’elegia subito dopo un evento del 16 che divenne molto famoso tra i contemporanei, cioè la vittoria sui Sigambri >> [R. Syme, L’aristocraziaaugustea, pag. 371]. In che anno morì Cornelia? Non interessa tale problema. Il quarto libro delle Elegie reca una data interna occulta in base all’oroscopo misterioso formulato dall’indovino Horos [anno 738 ab urbe condita]; ma anche questo rimarrebbe un dettaglio. E’ invece fondamentale che i giochi di parole, per reggere il filo della verità, contemplino anche degli anagrammi. Anagrammi guidati, cifre sottili, giochi verbali a specchio. Properzio ha sistematicamente falsificato gli elogi ad Augusto, trasformandoli nel loro opposto: contumelie, accuse, giudizi negativi. E’ irrazionale il modello di un giovanissimo poeta che all’inizio non sarebbe stato in sintonia col potere di Ottaviano a Roma, e che poi, per raggiunta maturità, si sarebbe adeguato. L’opera è una, questo l’avvertimento del cangiante dio etrusco Vertumnus.
L’eleganza delle Elegie non escludeva che fosse un’opera ingannevole [fallax opus]. Cinzia, che ricompare tre volte nel quarto libro, e in modo rovesciato, non è un revenat. Il suo è un trionfo immortale sull’ Esquilino, eternamente viva, dettando nuovi patti. Lì Properzio stava di casa soltanto metaforicamente [cfr. III, 23]. Adesso dobbiamo immaginarci i segreti del circolo di Mecenate, evocati en passant da Francesco Della Corte [1979]. Un che di sfuggente, di elusivo, e di ambiguo, che non dipende soltanto da peculiari cifre stilistiche, ma anche dalla complessità e problematicità dei rapporti che il poeta umbro intrattiene col suo pubblico e con la sua stessa poesia: aspetti che fanno di Properzio il più difficile e forse meno classico degli altri poeti augustei [G. Garbarino, 1981].
In I, 22, 7 – tu proiecta mei perpessa es membra propinqui [tunullo miseri contegis ossa solo: tu polvereEtrusca, hai lasciato che giacessero insepolte le membra di un mio stretto congiunto – Properzio ha occultato un anagramma guidato, che richiamandosi a Mecenate ante tempus, contiene la sua firma anche nel Monobiblos, come negli tre libri. MAECENAS EQUESSPEM PROPITIA UMBRI PROPERTI.
L’autenticità di questo anagramma estratto dal verso 7 è provata da elementi congiunti: la coerenza strutturale rispetto al corrispondente verso I, 21, 7 [simmetria di nomi]; il sistema guidato pro per pro; il rilievo di spes in II, 1, 73 [proprio con riguardo al grande etrusco: Maecenas, nostrae spes invidiosa iuventae]; ed infine la firma del sigillo altrimenti anonimo. Ed era evidente che Tullo Volcacio, originario di Perugia e assente da Roma già dall’inizio del 29, dedicatario formale del Monobiblos, non potesse esserne il finanziatore. Dietro l’esordio di Properzio ci doveva essere Mecenate. Resta il problema se Mecenate fosse consapevole delle intenzioni occulte di Properzio, ma elementi desumibili da Orazio carmina e dalla stessa elegia ‘metapoetica’ II, 34 – in cui il misterioso Linceus deve essere Mecenate sebbene travestito da Vario Rufo – depongono a favore delle origini perugine della gens Maecenas e persino di un blando rapporto di parentela con la gens Propertia di Assisi tramite la gens Volcacia. Ignorare questo genere di rapporti sarebbe un’altra lacuna. Si spiegherebbe molto meglio perché Mecenate sia il dedicatario del secondo libro, perché il suo nome sia scomparso nel quarto libro, ma in una qualche maniera Vertumnus potesse richiamarne la figura. Gli antichi Etruschi sono evocati anche con le rovine di Veio. Properzio non si scordava di Mecenate.
L’autenticità delle crittografie e l’elevata probabilità dell’anagramma contenuto in I, 22, verso 7 conducono a una verità nascosta. La verità occultata – vale a dire Propertius abditus – comporta che le Elegie non sono ciò sembrano. Possiamo perciò attenderci qualsiasi sorpresa. Il paradigma non solo è contraddittorio, ma gira a vuoto. Un sistema tolemaico incapace di risolvere l’enigma dell’anomalia delle Elegie.
5* Le crittografie, una volta individuate, rappresentano un’evidenza schiacciante. “In claris non fit interpretatio”. Ogni obiezione cade da sé automaticamente. Si deve prendere atto che esistono, che operano in modo coerente, e che chiariscono. La loro stessa presenza certifica che le Elegie erano fatte per ingannare. Il problema del destinatario neppure si pone: è un dato oggettivo, assorbito in re ipsa, e riguarda il significato. Le cifre spiegano perché Gallus venga necessariamente dopo Cynthia prima e perché sia lui il personaggio fondamentale: del resto, è il problema stesso dei rapporti di Properzio con Augusto. L’integrazione difficile era impossibile. E questa è rivoluzione.
Trasferire ai contemporanei e ai posteri una falsa rappresentazione della vicenda di Gallus significava graziare il colpevole, cioè Ottaviano, già egemone nel 29. Per introdurre Gallus era necessario fingere; poi era necessario annullare quella falsa rappresentazione, sostituendovi la verità. Properzio era un genio. E’ riuscito perfettamente nello scopo.
L’autenticità dell’acrostico SIC s’inserisce in una trama di altre cifre. Seguendo il filo di Arianna, si comprende il labirinto.
I, 21, 5:
Sicte servato possint gaudere parentes [riferito al transfuga etrusco]. Così che tu in salvo, di questo possano rallegrarsi i parenti.
I, 22, 6:
Sic mihi praecipue, pulvis Etrusca, dolor [riferito a se stesso].
Così specialmente per me, polvere Etrusca, dolore.
I, 22, versi 3 – 5:
SI PERUSINA TIBI PATRIAE SUNT NOTA SEPULCRA,
ITALIAE DURIS FUNERA TEMPORIBUS,
CUM ROMANA SUOS EGIT DISCORDIA CIVIS.
Se [o Tullo] ti sono noti i sepolcri Perugini della tua patria,
tempi crudeli per l’Italia tra i lutti,
quando la Romana Discordia sconvolse i cittadini.
Dati storici. Toni poetici forti e lugubri. La guerra civile del 41 – 40, molto poco guerreggiata con l’assedio di Perugia , ebbe come epilogo una strage per vendetta. Crudele la ritorsione di Caio Ottaviano contro i congiurati locali. Gallus fu indicato col segno della mano tra quei caporioni. Si salvò un Volcacio di Perugia, grazie alle potenti parentele romane. La vicenda reale di Gallus e del transfuga etrusco è questa. Le ignote mani sono state razionalizzate. Ovviamente la morte di Gallus e le requisizioni erano molto più importanti di Cynthia prima. Le Elegie sono un’opera a sfondo politico con una essenziale componente autobiografica. Il personaggio dell’indovino Horos serviva a questo: il quarto libro è la continuazione dei precedenti. Illusorio il Romanus Callimachus.
Nell’anno 29, quando giovanissimo pubblicò a Roma il primo libro delle Elegie in cui cantava Cynthia, Properzio fu costretto a inventare la scena di Gallus morente, non potendo rivelare la verità. Reticenza alessandrina, come la definì Ettore Paratore; bensì accompagnata da un sistema di chiavi nascoste, cui fu genialmente consegnata la verità.
L’acrostico SIC è la prima di queste crittografie disposte in serie. Altre chiavi svelano gli enigmi contenuti in I, 21 e 22. In questo contesto organico emerge – con certezza assoluta – che Gallus era il padre, e non per esempio un fratello maggiore oppure uno zio materno [ipotesi quest’ultima giudicata << plausibile >> da P. Fedeli 1980 e seguita da G. Bonamente 2002].
E’ impossibile dubitare dell’intenzionalità dell’acrostico SIC. Collocato strategicamente, serviva a sottolineare, in termini personali diretti, tutta la durezza e la crudezza per l’Umbria antica [per Perugia e per Assisi] della tragedia del bellum Perusinum e dei Perusina sepulcra.
Il padre di Properzio fu crudelmente sacrificato in queste circostanze luttuose: << Moriendum esse >> [Svetonio, Vita Augusti XV]. La morte del padre sarà ricordata dall’indovino verace Horos in IV, I, 125 -130. Non esiste alcuna irrazionale frattura nella autobiografia essenziale di Properzio contenuta nella sua opera.
Altre crittografie, come i due conformi telestici ASISin IV, 1, 62 – 65 e 125 – 130, passi speculari, confermano con assoluta precisione quanto già si poteva ricavare a tutto tondo dal “sigillo” del Monobiblos [elegie I, 21 e 22]. Qualsiasi eccezione è destinata a cadere dinanzi a tanta evidenza. Non è un ossimoro e non c’è contraddizione: PROPERTIUS ABDITUS è una certezza necessaria, anche ai fini della comprensione dell’opera, definita testualmente unum opus / fallax opus.
Ed è – invece – la lettura delle Elegie come veste Coa a frantumare tale unità, negando l’avvertimento dell’inganno: fallere, fallitur e fallaxnelle parole di Horos che sta spiegando Propertius.
Nessun capolavoro antico raccoglieva insieme tanti enigmi, nessuna opera elegiaca mescolava una presunta storia d’amore, d’immediata evidenza, ma difficilmente razionalizzabile, con dati politici e momenti autobiografici. L’illusione e l’inganno sono il segreto delle Elegie.
In IV, 1, 62 – 65 Properzio si definiva il Callimaco Romano, però nato in Umbria:
MI FOLIA EX HEDERA PORRIGE, BACCHE, TUA,
UT NOSTRIS TUMEFACTA SUPERBIAT UMBRIA LIBRIS,
UMBRIA ROMANI PATRIA CALLIMACHI!
SCANDENTIS QUISQUIS CERNIT DE VALLIBUS ARCES
Porgimi, o Bacco, le tue foglie dell’edera,
affinché della mia opera l’Umbria inorgoglisca,
è l’Umbria la patria del Romano Callimaco!
E chiunque ne scorge le rocche che scendono a valle
Nel corrispondente passo speculare di IV, 1, versi 125 – 130 l’indovino Horos dava la biografia essenziale di Propertius:
UMBRIA TE NOTIS ANTIQUA PENATIBUS EDIT
L’Umbria antica ti diede i natali da famosi Penati
SCANDENTISQUE ASIS CONSURGIT VERTICE MURUS,
MURUS AB INGENIO NOTIOR ILLE TUO.
OSSAQUE LEGISTI NON ILLA AETATE LEGENDA
PATRIS ET IN TENUIS COGERIS LARES :
NAM TUA CUM MULTI VERSARENT RURA IUVENCI,
ABSTULITEXCULTAS PERTICA TRISTIS OPES.
E di Assisi che digrada a valle s’eleva al vertice un muro,
quel muro che diverrà ancor più famoso, per l’ingegno tuo.
Le ossa raccogliesti, in quell’età in cui non dovrebbe accadere,
di tuo padre e ti riducesti a poveri Lari:
infatti le tue terre, arate da tanti giovenchi,
ti sottrasse la triste pertica, e la ricchezza dei campi.
Il toponimo Asis – Assisi è declinabile come Asis - Asis. Properzio qui nacque: nel cuore dell’Umbria verde, sulla sponda sinistra del Tevere che divideva gli Umbri dagli Etruschi di Perugia nello spazio di appena poche miglia. L’elegia IV, 1 riprendeva il tema criptico del “sigillo” del Monobiblos. Da una condizione di felicità infantile e di benessere, ricche e fertili quelle bellissime terre, percorse da fiumi sacri [le stesse terre di Tullo Volcacio], si è passati al lutto e alla relativa povertà. Ne fu segnata per sempre la memoria di un adulescens geniale, attaccato alle radici patrie, capace di comprendere le cause di quei lutti e della tragedia. Questi eventi traumatici comporteranno l’abbandono di Assisi e il rifugio con sua madre a Roma, presso parenti. A Roma Properzio poté proseguire gli studi, acquisendo vaste conoscenze: il grado di cultura del poeta esordiente è già di un livello eccezionale.
Riunendo i vari frammenti autobiografici, essenzialmente presenti nel sigillo del Monobiblos e in Propertius – Horos, e facendo impiego delle crittografie, emerge senza lacune e incertezze il profilo del poeta e si comprende che l’opera elegiaca di Cynthia prima si era svolta in funzione di Gallus contro Ottaviano Augusto.
6* Properzio nacque ad Assisi nel 48, all’inizio dell’estate; non aveva ancora compiuto otto anni quando perse suo padre a Perugia. Subito dopo si trasferì a Roma con sua madre. Qui avviato alla carriera forense, rinunciava al Forodelirante per farsi poeta di Cynthialetta in tutto il Foro, dopo qualche tentativo verso i sedici anni. A diciannove anni esordiva a Roma con un libretto stupefacente, che lo rese famoso, degno di altri grandi poeti più vecchi di lui di almeno una generazione.
Sua guida fu Mecenate, lui il finanziatore del Monobiblos, edito nella rinomata bottega dei fratelli Sosii nel vicus Tuscus. Il rapporto con l’etrusco Mecenate, la cui famiglia paterna era originaria di Perugia, è tramite la gens Volcacia, che da Perugia si era trasferita a Roma, qui ricoprendo consolati. La sorella di Gallo, madre di Tullo, aveva sposato un Volcacio. Properzio e Tullo erano cugini di primo grado. Nel 29 Tullo era già partito per Cizico con lo zio ex console nel 33. Ed è così che si spiega perché Properzio con sua madre si era trasferito a Roma, subito dopo le espropriazioni, le quali seguirono la strage di Perugia. Con l’eliminazione fisica dei rivoltosi locali si rendevano più facili le operazioni della tristis pertica. Il segreto delle Elegie è PropertiusGallus asisiensis. E non c’è dubbio che Propertia nostra sia la soror di Gallus, madre di Tullo.
Ricordiamo che Gallus è stato identificato in tre modi diretti: con il mesostico Propertius; con la parola genitor presente due volte in I, 21, 3; con l’acronimo properas confermato dal telestico ASIS in I, 5 [col primo Gallus della serie] e il medesimo verbo properas [seconda persona singolare]. Che Gallus fosse il padre del poeta esordiente nel 29 lo aveva poi lasciato intendere Horos, con la riprova del telestico ASIS presente nei due affini brani, rispettivamente di Propertius e di Horos.
Le crittografie in serie non lasciano margini al dubbio. C’è anche la conferma letteraria. L’epitaffio attribuito a Pacuvio, se era conosciuto da Aulo Gellio, poteva essere noto anche a Properzio.
Adulescens, tam etsi properas, hoc te saxulum
Rogat ut aspicias, deinde, quod scriptum est, legas,
hic sunt poetae Pacuvi Marci sita
ossa. Hoc volebam, nescius ne esses. Vale.
O giovinetto, anche se ti affretti, questo sasso
ti chiama: affinché tu veda e legga ciò che vi è scritto,
qui del poeta Marco Pacuvio sono poste
le ossa. Questo volevo che tu sapessi. Addio.
Certamente noto a Properzio anche l’epigramma XXI di Callimaco:
Tu che ti appressi alla mia tomba,
sappi che io sono figlio e padre
d’un Callimaco di Cirene.
Ambedue forse conoscerai: l’uno
comandò un giorno gli eserciti
della patria: compose l’altro canti
superiori all’invidia.
E non è meraviglia: le Muse
vecchi non abbandonano
coloro che mirarono fanciulli
con sguardo amico.
Si faccia caso alle sottolineature. Anche questo epigramma funebre rivela la verità di I, 21. E’ tutto insieme. Per Cynthia prima il modello era stato un epigramma efebico di Meleagro per il giovane Muisco, per Gallus ultimus il modello è l’epitaffio di Pacuvio con un epigramma di Callimaco. E con fenomenali conseguenze. Cynthia è stata falsificata: quest’amore rappresentava un’altra passione. Callimaco, che con Filita di Cos rappresenterebbe il modello letterario delle Elegie [cfr. II, 1, 40 con I, 2, 2 e con II, 1, 6 ecc.], è stato invece un altro tipo di modello [Propertius è un falso RomanusCallimachus]. Ossa e sepulcrum [cfr. IV, 4, 1 e IV, 5, 1]. Mirabar [cfr. III, 10, 1] e Quid mirare [cfr. per es. III, 11,1 e IV, 2, 1]. Properzio va letto così. Le Elegie sono la veste Coa dei Manes di Gallus. Il genio letterario nato ad Assisi ha riportato il genere elegiaco alle sue origini di canto d’amore e di compianto funebre. In senso proprio una chiara allusione è contenuta nel sigillo del secondo libro: Gallus mortuus e funera Quintiliae [per Calvo]. Manes Callimachi in III, 1,1. Cinzia in II 25: Unica nata meo pulcherrima cura dolori [Unica nata al miodolore, bellissimacura].Pulvis Etrusca, dolor. Non è possibile far esistere due poeti: Propertius è uno solo, ed è rivelato da Horos [oltre che ovviamente da se stesso]. L’opera è ingannevole.
I commentatori scientifici delle Elegie, grandi filologi, si sono lasciati ‘ingannare’ dalle apparenze. Per esempio, Ettore Paratore [nel 1970] notava il properas dello pseudo epitaffio di Pacuvio, non considerando Callimaco. Paolo Fedeli [nel 1980] si riportava in senso generale agli epigrammi sepolcrali dell’Antologia Palatina, con properas riportato a Pacuvio. La sterminata cultura di questi filologi illustri e commentatori desta chiaramente grande ammirazione. Tuttavia non è stato notato l’acrostico SIC e non sono stati colti certi collegamenti. Sono io l’unico al mondo a leggere ‘criticamente’ le Elegie in un altro modo, ferma restando la loro stupenda veste Coa. Poiché m’è toccata questa sorte, non avrò timori nell’allagare il giro delle sorprese. Ciò non toglie che magari andando oltre i limiti, tuttavia rimanga ormai certa e assodata la presenza di cifre autentiche. L’opera terminava con ossa.
Dalle crittografie emerge un paradigma differente. A ben guardare si tratta del ritorno – in forma autentica – del paradigma di E. Paratore, di R. Syme e di J. P. Boucher. Potrebbe essere giustificata e legittima anche l’estensione massima del sistema crittografico, che porterebbe a più straordinarie sorprese. E’ possibile che nelle elegie III, 10 e IV, 5 Properzio abbia inserito dei quadrati magici fatti di parole. La prima elegia inizia con l’acrostico MANE di assoluta certezza, la seconda elegia che si riferisce a Cinzia prostituita dalla lena Ancantide [nefasta allegoria di Augusto], è caratterizzata dal telestico OSSA.
7* Dall’elegia III, 10 – vero compleanno astronomico di Cinzia – si può ricavare un triplice quadrato magico in base all’acrostico MANE, all’altro acrostico DIEI, ugualmente segnalato, e ai telestici EMES e ROSA [ASOR] finale. In questa elegia III, 10 è comunque presente l’acrostico MANE, indubbiamente autentico, per tre volte reso certo.
L’elegia III, 10 tra la III, 9 per Mecenate [Maecenas, eques Etrusco de sanguine regum] e la III, 11 per Augusto [con la vittoria navale di Azio].
Nella III, 9 sono di nuovo richiamati Callimaco e Fileta e si accenna alla tragica fine di Marco Antonio. Nel gioco verbale eques [cavaliere] e aequor [cioè il mare vasto di ‘cavalloni’ della poesia epica], Properzio inserisce l’ennesima ricusazione a mutare genere letterario. Cinzia sarebbe in cima ai suoi pensieri. Così che la III, 10 [compleanno astronomico di Cynthia - Luna nella “Casa del Cancro” al solstizio estivo] sta proprio in mezzo ai due grandi nomi di Roma. In IV, 5 figurava il falso compleanno di Cinzia e in III, 11 il distico finale contiene una dedica segreta ad ANTONIO con uno straordinario gioco di trasformazione del genitivo di Cesare in un dativo [Caesaris – Antonio in toto ionio].
Non mi soffermo più di tanto [ogni affermazione è provata], e riporto l’inizio della III, 10 [richiamando quanto concettualmente è stato già detto sopra]:
Mirabar, quidnam visissent maneCamenae,
ante meum stantes sole rubente torum.
Natalis nostrae signum misere puellae
et manibus faustos ter crepuere sonos.
Mi meravigliavo che stamane m’avessero fatto visita le [tre] Camene,
ferme davanti al mio letto col sole rubizzo.
Del compleanno di Cinzia erano il segno
e con fausto suono tre volte batterono le mani.
E’ dichiaratamente oggettiva l’autenticità dell’acrostico MANE. La III, 9 iniziava con M [Maecenas], la III, 11 inizia con Quid mirare [come la IV, 2]. La III, 10 inizia con Mirabar [mi meravigliavo].
Properzio genio è un grandissimo poeta nascosto, che fa un utilizzo stupefacente di tutte le risorse della parola e del linguaggio poetico. E’ degno di stare con Omero. E ne è perfettamente consapevole. Si muove alla perfezione nel suo labirinto e nulla al mondo gli impedisce di sfoggiare dei versi stupendi. Ovviamente Properzio si conosceva, ma chi ‘conosceva’ Properzio? Noi proviamo a ‘riconoscerlo’, seguendoil filo di Arianna [ossa minuta - ossa soror - Daedalium lino cum duce rexit iter].
In III, 10 possiamo raccogliere i due telestici EMES e ROSA, con l’altro acrostico DIEI.[Nelle Elegie c’è pure il tema Ossa Rosa : Asor – Rosa è il telestico dei 4 versi finali]. Emes è il telestico parallelo all’acrostico Mane [nei primi 4 versi]. Diei è l’altro acrostico, segnalato nei versi mediani da 15 a 18. I relativi segnali a tal fine consistono nel nome di Properzio, in caput ripetuto due volte, e nella inversione deininde.
Dein, qua primum oculos cepisti veste Properti,
indue, nec vacuum flore relique caput;
et pete, qua polles, ut sit tibi forma perennis,
inque meum semper stent tua regna caput.
Infine, quella veste con cui conquistasti gli occhi di Properzio
indossa, e non lasciare il capo privo di fiori;
domanda, perché puoi, che ti sia data eterna bellezza,
e così i tuoi regni sempre stiano sul mio capo.
Bisogna notare che Propertius fu conquistato dalla vesteCoa di Cinzia, e non dai suoi occhi; e che la veste di Cinzia [I, 2] riappare un IV, 5 [unico distico ripetuto]. Il calco dell’epigramma efebico di Meleagro su cui era stato modellato l’incipit del Monobiblos con Cynthia prima è smentito dal primato della veste Coa. Non furono gli occhi di Cinzia a conquistare, ma gli occhi di Properzio a ‘vedere’.
Utilizzando le 4 crittografie dell’elegia III, 10 – di cui l’acrostico MANE nei versi 1-4 è il primo termine autentico – è possibile comporre un primo “quadrato magico” [sempre di 16 caselle].
A M O R
E N I M
E S S E
I D E A
Il procedimento di reimpiego dell’acrostico MANE insieme alle tre altre cifre sopra riportate, è giustificato dal fatto che AMOR ed ESSE sono palindromi. AMOR è palindromo di ROMA. Il tema contrapposto Amor Roma è presente nei due primi libri. Come Licofrone di Calcide anche Properzio ha impiegato anagrammi. Non importa che l’acrostico MANE sia scomparso, nonostante la sua evidenza: MANE CAMENAE TER SIGNUM [a testo]. Sfuggivano a sistemazione immediata anche le altre cifre di III, 10. Con le stesse crittografie di III, 10 è possibile comporre anche un secondo e un terzo quadrato magico:
R O M A
A E N I
I D E M
E S S E
R O M A
S A N E
I D E M
E N S I
[con ensi dativo di paragone]
L’amore difatti non è altro che un’idea. Roma del denaro è stessa cosa.
Roma di sicuro uguale a una spada.
Diciamo pure che questi quadrati magici letterali ce li siamo inventati. Li abbiamo ricavati dalle stesse lettere di MANE, EMES, DIEI, ASOR. Ci siamo serviti della specularità palindroma di ESSE AMOR ROMA. Ma se affrontassimo il tema Amor Roma nei primi due libri delle Elegie, vedremmo che sono contrapposti, come termini rovesciati. Roma non sarebbe ‘amore’. ROMA, AMOR, ESSE sono parole presenti nelle 4 cifre.
Le abbiamo estratte e utilizzate. Potremmo scegliere il “quadrato” che ci piace. Ci sono altre relazioni e altre sorprese.
7* I due falsi compleanni di Cinzia [cfr. IV, 5, vv. 15-16 – elegia della lena Acantide] sono caratterizzati dal telestico EMAS. Isidis è presente nel verso precedente [v. 14].
FAC SIMULES PUROS ISIDIS ESSE DIES.
INGERAT APRILIS IOLE TIBI, TUNDAT OMICHLE
NATALEM MAIIS IDIBUS ESSE TUUM.
SUPPLEX ILLE SEDET: POSITA TU SCRIBE CATHEDRA
QUID LIBET; HAS SI PAVET ILLE, TENES!
E tu fingi che siano i giorni puri di Iside.
Iole ti rammenti Aprile e Omicle ribatta
che il tuo compleanno siano le Idi di Maggio.
Supplice egli siede: posta una cattedra, scrivi
quel che vuoi: se teme queste arti, lo tieni in pugno.
Il telestico EMES che in III, 10, 1-4 fronteggiava l’acrostico MANE, lo ritroviamo in IV, 5, 63 – 66 [altro passo sensibile]:
HIS ANIMUM NOSTRAE DUM VERSAT ACANTHIS AMICAE,
PER TENUEM OSSA MIHI SUNT NUMERATA CUTEM.
SED CAPE TORQUATAE, VENUS O REGINA, COLUMBAE
OB MERITUM ANTE TUOS GUTTURA SECTA FOCOS !
Mentre Acantide con queste parole tentava la nostra amica,
le ossa si potevano contare sotto la pelle.
Ma tu, Venere regina, accogli di una colomba col collare
la gola recisa, davanti ai tuoi fuochi, per tuo merito.
I telestici emes – emas riguarderebbero il verbo emere della terza declinazione, esprimendo emes il futuro “tu comprerai” ed emas il congiuntivo presente “che tu comprassi”. MANE EMES DIEI ROSA non restituirebbe alcuna frase. E tuttavia MANE – ASOR significa stamane una rosa. MANE è acrostico sicuramente autentico, cioè intenzionale. Stiamo ricercandone il significato occulto. La III, 10 e la IV, 5 sono collegate dalla veste Coa di Cinzia.
ISIS – Iside, appellativo ufficiale di Cleopatra, è la cifra autentica di lettura della elegia IV, 6 apparentemente elogiativa di Augusto e risalente all’anno 16 a.C. – 737 ab urbe condita – per il quindicennale della decisiva battaglia navale di Azio [31 a. C.], dopo di che Ottaviano poté eliminare in Egitto Antonio e Cleopatra [nel 30], conseguendo il pieno dominio personale sull’Oriente e sull’Occidente, fino a essere proclamato Augustus nel gennaio del 27.
La parola sepulcrum sta nel primo verso di IV, 5 messa nella stessa posizione che in IV, 4 [elegia di Tarpea]. In ambedue le composizioni figura la parola ossa. Lo stesso per la parola canis. Nel giorno del vero compleanno [simbolico] di Cinzia, con quella massima luce, non si vedrà nessuno dolersi. Tutto è perfettamente immobile e sicuro. In III, 10 Properzio si è firmato.
OSSA è il telestico presente nel passo iniziale del famoso distico della veste Coa di Cinzia, ripetuto in IV, 5, 55-58 dalla elegia I, 2, versi 1- 8 [telestico misto OSSA SUME].
Non c’è nulla di casuale, l’intenzione è originaria e autentica. Properzio si è servito di cifre differenti e di varianti. La certezza dell’intenzione emerge dall’insieme stesso delle combinazioni.
I, 2, 1 – 8:
QUID IUVAT ORNATO PROCEDERE, VITA, CAPILLO
ET TENUIS COA VESTE MOVERE SINUS,
AUT QUID ORONTEA CRINIS PERFUNDERE MURRA,
TEQUE PEREGRINIS VENDERE MUNERIBUS,
NATURAQUE DECUS MERCATO PERDERE CULTU,
NEC SINERE IN PROPRIIS MEMBRA NITERE BONIS?
CREDE MIHI, NON ULLA TUAE EST MEDICINA FIGURAE:
NUDUS AMOR FORMAE NON AMATA ARTIFICEM.
A che ti giova, vita, incedere con le chiome adorne,
e agitare nelle pieghe una tenue veste Coa,
a che serve cospargerti i capelli di mirra,
venderti a doni stranieri,
perdere la bellezza di natura con ornamenti comprati,
e non permettere che le tue membra risplendano del proprio?
Credimi, la tua figura non ha bisogno di medicine,
Amore nudo non ama una bellezza artefatta.
Qui è stato inserito il telestico misto OSSA SUME.
Nella prima elegia del primo libro Properzio aveva inserito in modo protetto il mesostico AENEA [versi 19-22], fronteggiato dal telestico ESSE. A seguire il telestico [versi 23 – 29] ASIS. AENEA [palindromo in Nevio] ESSE ASIS [siamo nel 29: Virgilio ha incominciato l’Eneide, le Elegie nasconderanno le OSSA di Gallus, il padre di Properzio].
Connettivi speciali collegano elegie. L’opera bugiarda è un labirinto. In questo labirinto esiste sempre un “filo d’Arianna”.
Il connettivo di I, 2 con I, 22, 7 – membrapropinqui – sta nel verso 6.
In IV, 5, 4 è presente la parola ossa. Nei versi 55 – 58 di IV, 5 – elegia della lena Acantide: la “Spinosa“ che prostituisce Cinzia ormai sul viale del tramonto] – è ripetuto il bellissimo distico incipitario di I, 2 [altro enigma, variamente discusso dalla critica]:
QUID IUVAT ORNATO PROCEDERE, VITA , CAPILLO
ET TENUIS COA VESTE MOVERE SINUS?
QUI VERSUS, COAE DEDERIT NEC MUNERA VESTIS,
ISTIUS IBI SURDA SINE AERE LYRA .
A che ti giova, vita, incedere con le chiome adorne,
agitare le pieghe di una tenue veste Coa?
Chi i suoi versi ti diede e non il prezzo di una veste Coa,
la lira per costui senza soldi resti sorda.
In queste cifre non c’è nulla di casuale, ma è strutturalmente presente un messaggio. E’ ingannevole la veste Coa di Cinzia, illusione destinata all’apparenza. Properzio aveva avuto bisogno di Cinzia per dare voce a Gallus. Un sistema di crittografie vena l’opera. Properzio non poteva integrarsi nel regime augusteo. Dal primo libro all’ultimo nulla è cambiato. Soltanto in senso metaforico il poeta abitava sull’Esquilino.
Cynthia è la sua fallax domina. Felicibus edita pennis. Come Enea con Anchise, Properzio porterà con sé Gallus in salvo, fino alcielo stellato degli avi gloriosi.
8*ISIS – OSSA introducono alla falsa celebrazione dell’anniversario di Azio[elegia centrale IV, 6, versi 1-4].Abbiamo la presenza di un telestico a doppia lettera finale. E’ lo stesso meccanismo crittografico.
Una sola donna, Cleopatra, è contrapposta a Ottaviano. Siamo quasi al ridicolo. ISIS è la chiave di lettura di questa elegia, in cui “Augusto” avrebbe combattuto contro una donna, laregina meretrice.
La malizia del genio si trovava già nel verso 34 di IV, 5: fac simules puros Isidis esse dies. Il quarto libro delle Elegie è una contraffazione di Virgilio [Eneide] e di Orazio [Carmen Saeculare]. Propertius non è il Romanus Callimachus. La causa è sempre Cynthia, ma altro si nasconde dietro le apparenze della veste Coa.
Dall’elegia della lena Acantide che prostituisce Cinzia si può ricavare un altro quadrato magico con le 4 crittografie qui presenti: EMAS – OSSA – EVEC – IUST. Tre cifre a telestico e un acrostico abbinato che rispettivamente si collocano in punti ‘caldi’ dell’elegia in parola: nei vv. 35 – 38; 55 – 58; e in 71 – 74 [acrostico EVEC e telestico IUST].
Le cifre sono segnalate. Ecco l’incipit di IV, 6, 1-4:
SACRA FACIT VATES: SINT ORA FAVENTIA SACRIS
ET CADAT ANTE MEOS ICTA IUVENCA FOCOS.
CERA PHILITEIS CERTET ROMANA CORIMBIS
ET CYRENAEAS URNA MINISTRET AQUAS.
Il vate sta celebrando: il silenzio favorisca il rito,
e davanti ai miei fuochi cada colpita la giovenca.
La pagina romana gareggi con i corimbi di Filita
e l’urna versi acque di Cirene [Callimaco].
Non mi soffermo più di tanto sui connettivi che impregnano anche questo incipit. Bastano focos e romana. Il falso Callimaco Romano ha composto un’elegia celebrativa la cui chiave è Iside. Il telestico forma tre parole: ISIS ASISOSSA. Ossa è la chiave dell’opera.
La combinazione EMAS – OSSA – EVEC – IUST forma la frase ASISESSETU ME VOCA che può essere inserita in un quarto quadrato magico:
A T UE
VSSC
OSI A
EM ES
La geometria del quadrato è evidente. Nell’ultima riga orizzontale c’è il ritorno del telestico EMES in III, 10, 1-4 a fronte dell’acrostico MANE, certificato tre volte da Properzio quale faustosignumdi Cynthia:
MIRABAR, QUIDNAM VISISSENT MANE CAMENAE,
ANTE MEUM STANTES SOLE RUBENTE TORUM:
NATALIS NOSTRAE SIGNUM MISERE PUELLAE
ET MANIBUS FAUSTOS TER CREPUERE SONOS .
Stamane mi meravigliavo che mi avessero visitato le [tre] Camene
Lì presenti davanti al mio letto, al levarsi del sole:
del compleanno della nostra fanciulla rammentavano il segno,
e con le mani per tre volte diedero un fausto suono.
Manibus è ambiguo. Potrebbe ricordare un morto “agli dei Mani”. Le tre Camene recavano il segno del compleanno astronomico di Cynthia – Luna nella “casa del segno Cancro “ al momento del solstizio estivo.
Prima di affrontare il tema dell’oroscopo di Horos che culminava nel segno Cancro dagli otto piedi, due altre parole di spiegazione sulle accennate crittografie in IV, 5. Il telestico del falso compleanno di Cinzia è EMAS. Abbiamo già visto che il telestico della veste Coa è OSSA. Dove la parola ossa compare in IV, 5 [verso 64], qui il telestico è EMES [come in III, 10, 1 - 4]. Il telestico IUST è indicato dalla parola situ [verso 72, mentre abbiamo canis al verso 73].
Si notino le diagonali ESSEeASIS del quadrato.
TU ME VOCAsi legge ordinatamente ai bordi del quadrato.
Le cifre impiegate in quest’ultimo quadrato, con EMAS [peròsostituito da EMES in IV, 5, versi 63-66] e con OSSA – EVEC – IUST, formano due anagrammi associati:
SIC OSSA SUME ET AVE
MUSA VESTIS ES COAE
OSSA SUME è il telesticoche caratterizza in modo alternatol’elegia I, 2, versi 1- 8. In I, 4 – incipit – è presente il telestico alternato ROSA – ASOR.
In I, 5 – ove compare il primo Gallus della serie – è presente il telestico ASIS nei 4 versi seguenti al distico:
Infelix, properas ultima nosse mala
et miser ignotosvestigia ferre per ignis.
ET BIBERE E TOTA TOXICA THESSALIA.
NON EST ILLA VAGIS SIMILIS COLLATA PUELLIS:
MOLLITER IRASCI NON SOLET ILLA TIBI.
QUOD SI FORTE TUIS NON EST CONTRARIA VOTIS
O [Gallus] infelice, ti affretti a conoscere gli ultimi mali,
e misero tu procedi per fuochi nascosti sotto la cenere,
e bere tutti i veleni della Tessaglia.
Ella non è simile alle donne leggere:
ella non si risente con te senza forza.
Che se per caso non è contraria ai tuoi desideri,
[quante pene potrebbe darti !].
Tenuto conto delle cifre autentiche del sigillo del Monobiblos non è incredibile l’ autenticità dei quadrati magici. Il telestico EMES [cfr. III, 10, 1 - 4], in corrispondenza dell’acrostico MANE che è di schiacciante autenticità, è stato recuperato tale e quale in IV, 5, 63 – 66.
HIS ANIMUM NOSTRAE DUM VERSAT ACANTHIS AMICAE
PER TENUEM OSSA MIHI SUNT NUMERATA CUTEM.
SED CAPE TORQUATAE, VENUS O REGINA, COLUMBAE
OB MERITUM ANTE TUOS GUTTURA SECTA FOCOS !
I capi locali del bellum Perusinum furono sgozzati. Erano le idi di marzo del 40 a.C. e fu eretto un altare per Giulio Cesare che vantava una mitica discendenza da Venere. Ante focos.
9* La lena Acantide è la nefasta allegoria di Ottaviano Augusto. Il genio può farsi giustizia sul sacro altare dell’arte. Le Elegie sono un tessuto speciale di parole per Gallus, una grande tela di Penelope, arte di Minerva Pallade. E sono un cavallo di legno vincitore.
La veste Coa di Cinzia era un inganno [fallax opus]. Il filo di Arianna nel labirinto consiste in una serie di crittografie e in certe parole che si ripetono in parti essenziali dell’opera, la cui unità [unum opus] si riporta al sigillo del Monobiblos. L’inizio e la fine delle Elegie, cioè gli estremi dell’opera, sono il sigillo del primo libro e Propertius – Horos, enigmatica e grandiosa elegia iniziale del quarto libro, ma in realtà quella scritta per ultima. Tutta la materia di Cinzia, lo scontro di Azio, Augusto, Mecenate, Apollo e le questioni letterarie, ogni altro aspetto, sono compresi all’interno della autobiografia properziana, che fungeva da cornice, dando voce e significato a Gallus.
Sono ridicole, nefaste allegorie del principe di Roma, Augusto, sia il rozzo Pretore dell’Illiria [elegie I, 8 e II, 16 simmetricamente disposte], che la lena Acantide [elegia IV, 5] e il nano Magno[IV, 8, 41].
Con anagrammi e altri giochi di parole Properzio è stato capace di farsi giustizia. Era necessario risolvere l’ambiguità del suo atteggiamento.
Le Elegie presentano molte anomalie. Le crittografie sono autentiche.
Il lusus ardito di Cynthia, in età augustea, era un manifesto politico contro quel regime. Cynthia non sequitur fascis, non curat honores: Cinzia non segue i fasci, non si cura dei titoli [II, 16, 11]. E’ falso che il poeta sia progressivamente passato da una fase iniziale di non integrazione, o di ripulsa, a un’adesione corretta, se non proprio entusiastica. Properzio rimase tale e quale. Il suo talento e la sua intelligenza non erano in vendita. Un rapporto speciale doveva legarlo all’etrusco Mecenate, suo protettore fin dal principio.
Il dato biografico della morte di Gallus e delle espropriazioni terriere [tristis pertica] contiene e racchiude l’interezza dell’opera: c’era stato un disegno originario – degno di Ulisse redivivo – cui Properzio restò sempre fedele. Colpire l’assassino di suo padre. E c’era un solo modo, Cynthia, evitando d’essere inghiottito nel silenzio o dall’oscurità del tempo. Da poeta elegiaco, varcare i secoli. E la fama di Augusto, ormai fondatore dell’Impero. Un poeta avrebbe potuto sperare nell’eternità: ingenio stat sine morte decus [III, 2, 26]. Tuque, o cara mihi, felicibus edita pennis [E tu, a me cara, concepita sotto fausti presagi], surge etposcentis precare deos [levati su, e comincia a prega gli dei]. Tempore vincor ego [cfr. II, 25, 36: io sono vinto dal tempo], varrà piuttosto come < tempore vinco ergo >: < dunque, io vinco col tempo >.
Invece un grande Principe– deciso, spietato e crudele – poteva essere oscurato dai suoi successori e addirittura cancellato o esecrato da una nuova, e certo non impossibile, restaurazione della Repubblica. Sicché Properzio scrisse per i posteri – egli stesso lo afferma – servendosi di Cinzia per essere pubblicato e letto. Le Elegie costituiscono un’opera unica di grande complessità e ricchezza, forse la più grande e la più attuale, sempre viva, tra le opere antiche. Qui campeggiano il dolore e la speranza. In questo senso Properzio è anche autore moderno, con la testimonianza della libertà, della memoria, e dell’amore nel significato più degno. L’insania e la nequitia per Cynthia prima non erano una forma ante litteram di masochismo o di rifugio nei sensi, ma la testimonianza globale del suo tempo: tra mito, storia, letteratura e società. Amor Roma. E i Perusina sepulcra. Il furor. Gli ignes.
Suoi versi furono riportati sui muri di Pompei, la completezza vivace e profonda della sua poesia scolpiva e dipingeva i tempi, attingendo da vene profonde. Una serie di magnifici quadri d’autore, legati a “Cinzia da Tivoli”, e alla Roma di marmo di una donna inesistente, copriva un ampio panorama antropologico, mitologico e storico, ma come un orologio fermo, fissato sul momento essenziale dello scontro di Azio [31 a. C.] e sulla data dell’esordio giovanile [nel 29] a Roma.
La memoria è la corda prima della grande poesia properziana. Anche “Cinzia” è nata al passato. Il capolavoro solitario – un’intensa attività letteraria monotematica – era un trucco.
Nelle Elegie c’è tutto l’amore, con le più vaste potenze e articolazioni.
Cinzia ne era l’apparenza. Gallus, il sorprendente e inatteso morto di Perugia, e la stessa esperienza biografica del poeta, riportata a due voci: evidente il ruolo necessario di Horos, incorniciano Cinzia.
Il poema affettivo delle Elegie, il suo transfert occulto, sono quasi riusciti a entrare nella ‘casa del principe’, con le stesse identiche parole di Gallus, disseminate come uova di drago. L’elegia di Cornelia e l’elegia in cui Properzio darebbe l’annunzio trionfale dell’Eneide di Virigilio [II, 34], hanno un’altra lettura rispetto a quella corrente.
Ma in Properzio c’è una grande consapevolezza morale. La virtù sovrasta il tempo fossile degli uomini che trapassano. Il male lascia brutti ricordi. Rimangono i grandi valori. Properzio – più che Cinzia, ripetuta come un’eco – disse padre e madre. E disse Umbria antiqua, la sua vera patria di falso Callimaco Romano.Romana Discordia – Italiae funera erano sentenze irrevocabili.
Ricercare nel quarto libro il “carmen mixti generis”, un’archeologia romana di tipo “callimacheo”, gli echi virgiliani dell’ottavo libro dell’Eneide e del Carmen Saeculare di Orazio – sembianze formali – significherebbe eliminare l’elegia dello sdoppiamento tra Propertius e Horos con l’elegia di Cornelia che fa da schermo per la glorificazione celeste delle ossa di Gallus. Daremo un’interpretazione di Propertius-Horos, mostrando nuovi aspetti. Metteremo in evidenza che nell’elegia di Cornelia sono stati utilizzati gli stessi materiali verbali del sigillo del Monobiblos e di Propertius -Horos, mostreremo i segreti dell’ultima elegia del secondo libro [il cui sigillo di dieci versi è il catalogo delle donne elegiache romane]. L’elegia II, 26 e l’elegia II, 34 sono collegate. La parola ossa comporta l’unità inscindibile di un’opera ingannevole quanto Cinzia, definita al dativo fallaci dominae [II, 24,16]. Cinzia non aveva nulla in comune con Leucadia, con Lesbia, con Quintilia o con Licoride.
Nel Monobiblos ci s’imbatteva in vari Gallus non identificati, uno dei quali però era senz’altro il poeta elegiaco Cornelio Gallo [con riguardo all’elegia di Ila I, 20]. Amici di Properzio, costoro sarebbero stati testimoni – con Tullo, Basso e Pontico – della storia amorosa per Cynthia, sorta nel passato. La I, 19 evocava la morte, la I, 20 si riportava al mito alessandrino del giovinetto Ila, amasio di Ercole, scomparso nelle acque di una sorgente rapito dalle ninfe [mito efebico, come l’epigramma di Meleagro che fungeva da calco per i primi versi dedicati a Cinzia]. Infine, l’inatteso “sigillo” del primo libro – con un Gallus propinquus – il morto parlante dei monti Etruschi nei dintorni di Perugia. Alla clausola pro nostra semper amicitia con Tullo Volcacio,si era affacciata in I, 20 la clausola pro nostro continuo amore riferita ad un altro Gallus. Milanione in I, 1, 14 – nullos fugiendo labores – era saucius [ferito] come il transfuga etruso. Il nome del mitico Milanione è accostato al vocativo Tulle. Questi accostamenti o collegamenti sono intenzionali. Implementati da connettivi verbali, tra cui [I, 9, 7] dolor et lacrimae quando aPontico – giovane poeta epico – cadrebbe pure lui innamorato. Qui per la rima volta la parola ossa [v. 29]. Nella I, 10 comparirebbe un nuovo Gallus, diverso da quello di I,5.
Sarebbe vano cercare di ricostruire la cronistoria dell’amore per Cinzia. Cinzia sarebbe stata la prima [tranne l’episodio di Lycinna]. Cinzia sarebbe stata un po’ più anziana del giovane poeta, donna fatale per un diciannovenne. Altro non si potrebbe dire, se non che Cinzia è una invenzione, almeno negli altri tre libri, e che il “sigillo” anonimo del primo libro, non ‘firmato’ a differenza degli altri, ha carattere preponderante [non accessorio], rispetto all’elegia erotica o amorosa, le origini ambiguamente raccoglievano amore e morte. L’amore è una potenza dell’anima. Properzio avrebbe cantato la contraddittorietà dell’amore nell’allegoria delle arcane potenze di Amore e Bacco [I, 3, 14]. Cinzia, in questa elegia ambientata nell’altrove, si è assopita tra le lacrime, nell’attesa dell’amato: illa fuitlacrimis ultima cura meis, dopo aver filato purpuree lane. Nell’arte si annidano potenze di archetipi. Perciò sarebbe impossibile razionalizzare. Tuttavia, certi connettivi verbali presenti nelle Elegie da un capo all’altro, mettono in luce una funzione, che non è un dato inconscio. L’esame di queste ripetizioni è una prova circa Propertius abditus mai sospettato prima: altra riprova è lo sdoppiamento tra Propertius e Horos, confuso come escamotage per giustificare il passaggio letterario dal tema amoroso di Cinzia a quello antiquario di Roma [5 elegie su 11; in realtà nessuna, perché la nuova tematica di facciata è rimasta legata a temi politici ostili e al ricordo ambiguo di Cinzia in funzione di Gallus].
Il trepido padre si appese al collo del figlio: cum paterin nati trepidus cervice pependit [IV, 1, 43]. Propertius qui si riferiva alla fuga da Troia in fiamme di Enea col padre Anchise e il figlio Iulo. Insieme al sigillo del Monobiblos, la prima elegia del quarto libro rappresenta la chiave di comprensione dell’intera opera. Composizione a due voci per lo sdoppiamento necessario tra Propertius e l’indovino Horos, Propertius dal centro di Roma qual era all’epoca di Augusto, ha iniziato a parlare delle antiche origini: dal mitico Evandro a Enea, da Enea a Romolo e Remo, fino a Decio, alle scuri dei Bruti, e ad Augusto. Fingendo di potersi dedicare a un nuovo genere di poesia, di cui l’Umbria potrà gonfiarsi di orgoglio, parla di sé come di un Romanus Callimachus, però nato in Umbria. L’indovino Horos lo corregge. Dapprima formula uno strano oroscopo, poi si riferisce ai misteriosi episodi di Arria e di Cinara [nel primo di questi brevi racconti compare l’ultimo Gallus della serie], quindi comincia a parlare della guerra di Troia, evocando Cassandra, che si aggrappa alla veste di Minerva, infine passa alla biografia essenziale di Propertius. Il poeta non potrà staccarsi dal suo genere poetico, e tuttavia l’opera è ingannevole. L’aggettivo fallax non può che avere questo significato, poiché Horos ha impiegato i termini fallitur e fallere proprio in quel senso.
L’Umbria antica, il bellum Perusinum con Gallus che era suo padre, Perugia e Assisi rappresentano le radici dell’opera unica, ne fondano la ragione d’essere, ne giustificano la reticenza, ne rappresentano l’unità nascosta e l’inganno. Le crittografie hanno un carattere essenziale. In ogni caso esprimono un profondo significato. L’opera terminava con l’elegia di Cornelia, in cui sono stati inseriti certi termini già presenti nel sigillo del Monobiblos e in Propertius – Horos, che in realtà è l’elegia scritta per ultima ed è comunque quella del ritorno in patria, ad Assisi.
Roma, Bevagna, il lacus Umber e Assisi sono perfettamente allineate sull’asse geografico sud nord.
L’oroscopo formulato da Horos rassomiglia a un certo oroscopo di Orazio [cfr. Car. 2, 17, 17 - 30], ma in realtà ha senso soltanto in relazione ai tre pianeti esterni – Marte, Giove e Saturno – mentre i tre segni zodiacali – Pesci, Leone e Capricorno [quest’ultimo il tema astrale di Augusto] – servono a confondere, sebbene tutto il discorso di Horos si scarichi in un incomprensibile verso finale: octipedis Cancri terga sinsitra time! Se si calcola il minimo comune multiplo dei periodi sinodici dei tre pianeti esterni, si ottiene l’anno 15 a.C. [738 ab urbe condita]. Con la menzione en passant della sconfitta dei Sigambri in IV, 6, la datazione interna del quarto libro attiene all’anno 15. L’oroscopo di Horos è falso: esso indica soltanto l’anno planetario, servendo per datare il quarto libro all’anno 738 dalla fondazione di Roma. La parte nascosta dell’oroscopo consiste nel verso finale.
Fallax opus dichiara, per bocca di Horos, che all’interno Propertius vi ha nascosto “i suoi soldati” [haec tua castra: qui i tuoi accampamenti].
Ed è la riposta di un genio alle ignotas manus, cui Gallusnon poté sfuggire, perché caduta a Perugia, signo manus fu condannato a morte: moriendum esse [in Svetonio]. Octipedis Cancri significa Octavianus Caius. E’ in questo senso che il verso finale di Horos conteneva una maledizione: < C. Oct. irrita sede signa petat criminis > [Caio Ottaviano in usurpata sede invochi pure i segni celesti del crimine >.
10* L’inspiegabile verso di IV, 1: Octipedis Cancri tergasinistratime!,è anche la maledizione di Horos per Caio Ottaviano Augusto in forma di anagrammi intrecciati dei rispettivi versi del discidium da Cynthia inzia [elegie III, 24 e 25], in cui comparivano le stesse parole nel medesimo ordine di sequenza. Si tratta dei seguenti versi:
Vinctus eram versas in mea terga manus [III, 24, 14]
Et veniat formae ruga sinistra tuae! [III, 25, 32]
Eventum formae disce timere tuae! [III, 25, ultimo verso].
Cynthia è la Luna in Orazio [cfr. Car. 3, 28, 12]. Nel carme successivo, dedicato a Mecenate, Tyrrhena regum progenies, Orazio lo invitava non indugiare, a non contemplare l’umida Tivoli, ma a recarsi da lui, a casa sua, dove l’aspetta un vino soave. Nell’epistula a Floro [2, 2], databile all’incirca al periodo del quarto libro delle Elegie, Orazio sembra far riferimento a Properzio quando qualcuno si vanta con lui di essere un Callimaco o un Mimnermo, e viceversa Orazio sarebbe un nuovo Alceo. La questione letteraria rassomigliava a un combattimento al buio tra gladiatori sanniti. Chissà quali segreti erano racchiusi nel palazzo di Mecenate sull’Esquilino. Tuttavia Properzio, grande conoscitore della poesia alessandrina, è un falso Callimachus Romanus, tranne che nell’epigramma funerario di Gallus [I, 21]. Sono certe parole ricorrenti a stabilire il rapporto con la verità.
Propertius si rivolgeva a un hospes della maxima Roma, e costui non può essere altri che lui stesso. Non è Enea, e nemmeno l’indovino Horos, chiaramente un alter ego. Giove Tarpeio è Tarpeius pater [IV, 1, 7].Sicuramente in questa grande elegia ci sono altre cifre occulte, oltre ai due speciali telestici ASIS nei passi affinie speculari di Propertius e di Horos. Al verso 26 è citato il LupercusFabiusHoros dirà della morte dei due figli gemelli di Arria, Gallus e Lupercus. Cinara è una donna ricordata in tre diverse occasioni da Orazio. Giove arma dabit [darà la vittoria] alle ceneri di Troia. Col cavallo di legno e poi l’incendio, Troia è stata abbandonata da Enea, con Anchise e Iulo. Con grande auspicio la flotta troiana ha trasferito i Penati in Italia. Arria armadabatvetante deo. Propertius, da poeta in tutto dedito alla sua patria, canterà – come Romano Callimaco, però nato in Umbria – cose romane [Roma fave, tibi surgit opus]: cioè i giorni sacri e gli antichi nomi dei luoghi, e di questi nuovi libri [nostris libris al plurale] l’Umbria antiqua si potrà gonfiare d’orgoglio, tumefacta superbiat. Chiunque scorga le rocche dell’Umbria che risalgono le valli, paragoni quei muri all’ingegno del poeta.
Horos riprende Propertius, e gli ricorda che non può mutare genere. Insomma che l’ispirazione è un’altra, per cui non potrà deviare. Dicere fata sembra riferirsi alla celebrazione di Roma: ma Horos è stato assai sottile. Comincia a vantare i suoi libri [meis libris], nei quali va riposta la massima fiducia. Formula l’oroscopo, poi si riferisce a Troia. Dicam: Troia cades, et troica Roma resurges [diròToia cadrai, e risorgerai Roma troiana]. Questo verso può essere trasformato: Dico << ars mea cadit, et amore sacro resurgit >> [non importa la rottura metrica]. E parla di longa sepulcra per terra e per mare.
Cinara riuscì a sgravarsi del parto che ritardava sciogliendo un voto a Lucina. Ella partorì e così la gloria toccò ai libri di Horos. L’ombra di un morto sortì magicamente dall’acqua. Segue Aiace Oileo che fa violenza a Cassandra [ricordata anche da Propertius], che si aggrappa alla veste di Minerva [come si spiegherebbe?]. E da qui, evocate nuove lacrime, Horos comincerà a parlare di Propertius, dei suoi casi: la morte del padre, le espropriazioni terriere, la venuta a Roma, i primi versi. E tu scrivi elegie, opera destinata all’inganno, qui i tuoi accampamenti.
I due versi precedenti il verso finale di Horos [octipedis Cancri tergasinistra time !] contengono una ‘cifra’:
vel licet armatis hostis inermis eas,
vel tremefacta cavo tellus diducat hiatum:
octipedis Cancri terga sinistra time !
La cifra evidenziata è un acrostico a duplice telestico: velas velum Musa [o Musa, tu copri il velo].
Nelle elegie finali del terzo libro Properzio si staccherebbe [discidium] da Cinzia [poi non eri così bella]. Nel terzo libro il nome di Cinzia figurava solo tre volte, nel quarto libro Cinzia ritornerà in tre elegie. Intanto sarebbe morta, però alla fine è sempre viva.
Il poeta avrebbe recuperato la ragione, mens Bona, dopo cinque anni sarebbe guarito da un amore insano e folle. Chiaramente è letteratura, ma la finzione è realistica: sono richiamati anche i patrii amici di un tempo.
Stavo con le mani legate dietro la schiena. [Mens Bona, si qua dea es… è Mens Bona deaque Asis…].
E giunga alla tua bellezza una ruga sinistra.
Queste imprecazioni per te canta la mia pagina fatale.
Impara a temere la fine della tua bellezza.
Vellere tum cupias albos a stirpe capillos,
a! speculo rugas increpitante tibi,
exlusa inque vicem fastus patiare superbos
etquae fecisti facta queraris anus!
Che tu voglia strapparti i capelli bianchi / ma lo specchio ti mostri le tue rughe / respinta tu debba sopportare sguardi di disprezzo /e da vecchia ti tocchi subire quel che facesti ad altri. / Questa la mia pagina fatale.
La cifra è Sexstus. Non è stata messa lì, al termine del terzo libro [comunque firmato Propertius in III, 10], per Cinzia abbandonata [falso discidium da una donna irreale]. Questa firma ‘confidenziale’ riguarda la fatalis pagina per Augusto, cioè il dicere fata relativo alla maledizione di Horos che torna indietro a tre versi della fine del terzo libro. Versi segnalati, da anagrammare, per recuperarne il contenuto nascosto.
Terga: Verus vincam in mea terga tersas manus – Dicendo la verità, che io possa superare le mie terse mani di poeta.
Sinistra: Et Averni fuga et tua Romae sinistra – E dell’Averno una fuga e la tua sinistra [fuga] di Roma [con genitivo oggettivo].
Time: E fatu timediscere eventum Romae – Dal fato temi di conoscere la fine di Roma. In III, 13, 59 – 60 verus haruspex patriae Properzio prediceva che frangitur ipsa suis Roma superba bonis [Roma superba si spezzava nelle sue ricchezze].In III, 11, 8 tu nunc exemplo disce timere meo [tu ora dal mio esempio impara a temere].
L’oroscopo di Horos non era stato mai spiegato, l’ultimo verso di Propertius-Horos era rimasto incomprensibile. Perché Horos parlava di un Gallus? Il Callimachus Romanus nato in Umbria è paradossale. Nei versi corrispondenti di Propertius e di Horos i telestici ASIS con Asis a testo. Callimachus Romanus è un anagramma guidato: Illac ima Roma hinc Umbria patria. Romana era Discordia in I, 22 con l’acrostico SIC.
Elegia III, 11 – Distico finale
1* E’ un esempio tra gli altri. Nelle Elegie sono presenti decine di crittografie. Il dato è oggettivo. Esistono le prove dellaintenzionalità. Di fronte a questi elementi non esiste spazio per obiezioni. Properzio era costretto a inserire le crittografie per eliminare quell’ambiguità e incertezza necessaria delle apparenze. Ed è come per quelle immagini della psicologia della Gestalt, in una sola rappresentazione sia il volto della giovane che il volto della vecchia. La presenza delle crittografie definisce il significato dell’opera, altrimenti sospesa nell’ambiguità.
Il dato autobiografico [la guerra di Perugia, Gallus, e gli espropri] era essenziale. Cynthia vi è inscritta: il “Signor Ego” aveva ottime ragioni per comportarsi in quella maniera. Augusto è stato ingannato col dirne bene, quando in realtà se ne diceva male: e non per il lettori del Foro, quanto per i posteri, in un giudizio accorto e meditato.
Properzio era un genio. Se lo riducessimo a cantore di Cinzia e/o a cantore di Augusto si farebbe di lui uno sciocco. La veste Coa è stata o necessaria. Se ci priviamo della logica strutturale distruggiamo senso e significato. Verrebbe meno – unum fallax opus – la possibilità stessa di dare un senso proprio all’elemento biografico. In quest’ambito, poi, non può esistere alcuna forma schizofrenica.
Nel quarto libro ritroveremo la stessa traccia verbale del sigillo del Monobiblos [sintetizzando: lacrime e ossa].
L’interpretazione delle Elegie è formalmente contraddittoria e non si sorregge da sola, su dati obiettivi coerenti, senza dover far ricorso a una sorta di lettura ideologica precostituita o condizionata. Properzio sarebbe stato un poeta non integrato, per ritrovarsi o rigenerarsi alla fine, come seguace convinto della restaurazione augustea. Augusto non restaurava l’antica Repubblica, se ne appropriava. L’impero è nato con lui.
Le crittografie del sigillo del Monobiblos servivano per rivelare le identità di tutti i personaggi coinvolti. L’autenticità di questo sistema è garantita. Gallus era il padre, non lo zio materno. Non esiste soltanto la testimonianza di Horos – che viceversa avrebbe inquinato lo schema biografico di Propertius – ma sono a disposizione tutte le chiavi i comprensione per arrivare a capire l’elegia veramente complessa dello sdoppiamento necessario. I Penati di I, 22 ritornano in IV, 1 con i Lari. Stretta analogia con Odissea XIX,105 e con Eneide VIII,114: Qui genus? unde domus? Adesso conosciamo il vero. A tutto tondo. La vera voce del poeta di Gallus non poteva farsi sentire se non di nascosto.
Dopo due millenni non possiamo far altro che valutare e pesare l’impatto delle cifre remote e delle interrelazioni diagonali.
In II, 26 Properzio mostrava di conoscere l’acrostico HAEDO nella IX bucolica di Virgilio. Nelle Elegie sono presenti a testo diversi giochi di parole [per es. versus servus - dein inde ecc.]. Molteplici anche i giochi concettuali, fermo restando che un’opera letteraria è fatta di parole, integrate in un testo, e che tutto ciò molto rassomiglia a una tela di Penelope, e nel caso del poeta di Assisi a un cavallo vincitore di legno. Non c’è dubbio circa la vera voce del poeta. Lo dimostrerebbero le relazioni tra la II, 26 e la II, 34 a proposito di Virgilio [censurato e non osannato] e il tessuto verbale dell’elegia di Cornelia iterato dal sigillo del primo libro e dalla prima elegia del quarto strettamente connessi. Sarebbe la stessa cosa analizzando con nuovi criteri le elegie storiche concernenti Augusto. Per esempio, l’elegia centrale del quarto libro [IV, 6] deve essere letta con riferimento a Cleopatra Iside.
Marco Antonio è chiamato col suo nome nell’elegia III, 9 dedicata a Macenate: Antonique gravis in sua fatamanus. Sarà il caso, ma noi notiamo che fata e manus non sarebbero parole nuove o prive di una loro valenza speciale. Appunto come ossa o Amor Roma. Reputando che la presenza di cifre autentiche è stata resa certa direttamente dal poeta [per es. l’acrostico MANE in III, 10], siamo convinti che anche nel distico finale di III, 11 si nasconda una bella sorpresa.
Distico finale di III, 11:
AT TU, SIVE PETES PORTUS SEU, NAVITA, LINQUES,
CAESARISIN TOTO SIS MEMOR IONIO.
Ma tu, o marinaio, sia che penetri, o lasci i porti,
di Cesare che tu sia memore in tutto lo Ionio.
In I, 21, 7 si leggeva CAESARIS ensis. Gallus [Propertius asisiensis]era sfuggito alle spade di Cesare, ma non a ignote mani sui monti etruschi di Perugia. La verità è che Gallus fu sacrificato a Perugia in una strage collettiva. Properzio non poteva essere favorevole ad Augusto. La contraria ipotesi è infondata. Questa illusione ha finito per guastare la comprensione di un capolavoro dal doppio volto.
Allo specchio, reso possibile dalla inversione IN – NI, abbiamo come risultato ANTONIO [dativo di dedica], che era stato suggerito: Sia che penetri o lasci i porti, o navigante dello Ionio …
ANTONIO = OINOTNA
Contiamo le coppie di lettere alfabetiche ripetute in Caesaris in toto memor sisIonio [27 caratteri in tutto].
A = 2 N = 2
E = 2 T = 2
S = 4 O = 5
R = 2 I = 5
M = 2 C = 1
Selezionando a coppie si può arrivare a leggere ANTONIO, andando prima da destra a sinistra, e poi indietro da sinistra a destra: questo il bel trucco e al tempo stesso la prova.
Il nome di ANTONIO era già stato ‘evocato’ col gioco di parole testuale: INTOTO IONIO, che poteva anche sembrare uno sberleffo in favore sia contro Caesar Augustus [da cui attingere la doppia “A” di Antonio - ionotnA].
IONIO era stato posto a fine verso [nel rispetto della metrica], in modo ambiguo. La ragione della coppia invertita NI – IN [e non vale per SIS - SIS che non è speculare palindroma], mentre le due A di CAESARIS sono chiavi, stava appunto nell’entrare o nell’uscire dai porti del Mar Ionio. In IV, 6 il marchio è ISIS [titolo ufficiale di Cleopatra]. Cleopatra Iside e Marco Antonio. Il genitivo di Cesare è stato trasformato nel dativo ad Antonio. Il buon marinaio dello Ionio, che faceva la spola tra i porti, entrando e uscendovi, completava concettualmente la dedica ad Antonio Osiride e a Cleopatra Iside sconfitti da Ottaviano: e sulla sponda opposta il golfo di Azio. Il ricordo di Cesare vincitore è stato trasformato in una dedica per il vinto.
Pertanto non giungerà strano che Gallus e Lupercus chiamati in causa da Horos come figli gemelli di Arria moti in guerra siano Gallus Propertius asisiensis e Marcus Antonius.
Il quarto libro delle Elegie non si pone sulla scia di Virgilio [libro ottavo dell’Eneide: le visioni dello scudo di Enea] e di Orazio [Carmen Saeculare dall’anno 17] e non ha nemmeno per modello reale le Cause di Callimaco. Un genio come Properzio non ha mai imitato nessuno ed è sempre rifulso di luce propria. Forse più grande di Omero.