L’ipotesi “Klingsor”
Premessa
L’immagine di cui sopra è stata tratta dalla trasmissione televisiva Misteri di Marco Berry, su Italia 1, puntata andata in onda l’11 gennaio 2011, con un servizio dedicato all’enigma irrisolto della misteriosa “scomparsa” di Ettore Majorana alla fine di marzo 1938 da Napoli, dove appena da qualche mese insegnava fisica teorica, con una cattedra assegnatagli extra ordinem, per meriti scientifici eccezionali. Com’è noto, Majorana – un vero genio della fisica nucleare – si era laureato a Roma, con Enrico Fermi, e nel 1933, al momento stesso della salita al potere di Hitler, aveva fruito di una borsa studio presso l’Istituto di fisica di Werner Heisenberg, a Lipsia. Fermi e Heisenberg (premio Nobel per la fisica a soli 26 anni) erano nati nel 1901, Ettore Majorana nel 1906. Pochi anni li dividevano. La fisica nucleare, che apriva orizzonti impensabili, era una faccenda per giovani geni emergenti. Il deterioramento della situazione politica in Europa, negli anni tra le due guerre mondiali, preceduto dalla rivoluzione sovietica dell’ottobre del 1917 e dalla grande crisi economica che devastò la Repubblica di Weimar (1923) e il sistema economico mondiale col crollo della borsa di New York (1929), comportò l’ascesa di Mussolini in Italia (1922), e, undici anni dopo (gennaio del 1933), quella di Hitler in Germania. La corrispondenza epistolare di Majorana da Lipsia, dal gennaio del 1933 fino alla tarda estate, prima del suo ritorno a Roma, ‘presenta’ una particolare ‘simpatia’ per Hitler e per la rivoluzione nazista, mentre da una lettera del giovane fisico teorico Giovannino Gentile, intimo amico di Majorana e figlio del Senatore Giovanni Gentile, indirizzata da Roma a Delio Cantimori e risalente alla fine del 1928, emergeva un quadro abbastanza singolare dell’ambiente romano di Fermi: << All’Istituto [di fisica a Roma], dove finisco per stare tutto il giorno, sento un po’ di freddo nelle relazioni con gli altri, ebrei quasi tutti e atei: annullano l’umanità nel culto della logica e dell’egoismo. Così diversi da noi! Questo è forse il mio unico cruccio >>.1
Sulla “scomparsa” di Majorana sono stati scritti molti saggi ed enunciate varie ipotesi. I libri più noti sono quello di Leonardo Sciascia (1975), nel quale apparentemente si enuncia il ritiro in convento, per sottrarsi a quanto sarebbe poi avvenuto, negli anni successivi, a proposito dell’arma nucleare, e il saggio di Erasmo Recami (fisico di origini siciliane), dove per la prima volta (1987) si fornivano notizie circa la possibile presenza dello scomparso (<< forse >>) in Argentina, negli anni ‘50, all’epoca di Peròn. Massimo Centini (Misteri d’Italia, Roma 2006, pag. 360 e segg.), forniva il seguente elenco:
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suicidio
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ritiro in convento
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rapimento o assassinio da parte di forze straniere
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fuga segreta in Germania per lavorare con gli scienziati nazisti
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fuga in un paese lontano (Argentina).
Nel 2012-2013 F. Guerra e S. Roncoroni2 hanno ambedue asserito che Majorana morì nel 1939; però, mancano la tomba e il certificato di morte.
Ognuna di tali ipotesi alternative ha avuto il suo fautore.3 Occorre però considerare – con attenzione critica e puntualità – che la misteriosa e contraddittoria scomparsa avvenne ‘per lettera’ e che il themadecidendum su quell’enigma era stato predeterminato da Majorana. Il ‘fatto’ avveniva a esclusivo danno dei familiari, trattandosi di un caso differente da quello di una ragazza ibseniana (ad es. il dramma La Donna del Mare di Erik Ibsen), per di più a ragione di una decisione che era ormai inevitabile, ma senza un solo granello di egoismo.4
Ettore aveva lasciato intendere una volontà di suicidio, parlando di lutto (ma per non più di tre giorni). Tuttavia, scrivendo ad Antonio Carrelli, il direttore dell’Istituto di fisica dell’Università di Napoli, ambiguamente parlava di scomparsa. Si sarebbe imbarcato la sera di venerdì 25 marzo sul piroscafo che da Napoli salpava alle 22,30 per Palermo, col proposito di buttarsi a mare (ma sapeva nuotare e sembra accertato che disponesse del passaporto valido per i soli paesi europei e di una consistente somma di denaro). L’indomani mattina, da Palermo, inviava due telegrammi urgenti e una lettera ‘espresso’ (su carta intestata del Grand Hotel Sole – Palermo, col disegnino o logo di un sole radioso all’alba), facendo sapere a Carrelli che sarebbe tornato subito, domani, cioè domenica 27, all’albergo Bologna di Napoli, dove aveva già fissato la sua residenza anagrafica, ma nel telegramma inviato all’albergo Bologna, dove aveva lasciato una brevissima lettera d’addio per i suoi cari, diceva che sarebbe ritornato lunedì. Il traghetto postale della Società “Tirrenia” (navi T), faceva la spola notturna tra Napoli e Palermo. Rientrando a Napoli via mare, Majorana sarebbe dovuto arrivare all’alba al porto di Napoli (ore 5,45). Se domenica 27 marzo, ovviamente il suo arrivo avrebbe preceduto il recapito materiale dell’espresso a Carrelli (difatti pervenuto a domicilio alcune ore dopo).
All’ambiguità della contorta vicenda corrispondeva un’altra stranezza: da Palermo avrebbe dovuto telefonare, ma scrivendo quell’ultima lettera per Carrelli (la seconda), era lui per primo a sollevare un clamoroso scandalo, che avrebbe potuto evitare alla perfezione, se sinceri erano stati gli iniziali propositi di suicidio. Invece, nonostante le rassicurazioni, Majorana non ricomparve, gettando nella disperazione i suoi familiari (la madre, due fratelli e due sorelle, mentre il padre si era spento nel 1934, a seguito di una terribile malattia, prima mal diagnosticata, e poi curata malamente). Salvo fare alcune fugaci – e dubbie – apparizioni, sia nel pieno centro di Napoli, che presso due conventi di Gesuiti, nulla più si sarebbe saputo di lui (Edoardo Amaldi, Profilo biografico, 1966).
Nel 2002 avevo scritto un articolo romanzato sulla scomparsa di Majorana, qui di seguito riprodotto, tacendo su molti particolari a me già noti a quel tempo.
Klingsor è il misterioso personaggio centrale di un noto romanzo dello scrittore messicano Jorge Volpi (In cerca di Klingsor, Mondadori 2000), ambientato in Germania all’epoca del processo di Norimberga. K. sarebbe stato il segretissimo consigliere scientifico-militare di Hitler, di cui erano state fatte sparire le tracce. Invano un tenente della missione segreta Alsos (veramente esistita in funzione di controspionaggio atomico), tenterà di rintracciarlo. Il romanzo di Volpi – scrittore di successo, molto apprezzato, che aveva avuto molti contatti in Spagna, nell’ambiente di Salamanca – è un lavoro di fantasia, che tuttavia si presenta di elevato livello scientifico.
Ho preso spunto da questo romanzo di Volpi, ma senza rivelarlo, anche dal romanzo di Herman Hesse, L’ultima estate di Klingsor, e dal libro di Peter Kolosimo, Polvere d’inferno (Mondadori 1981), oltre che dal Mattino dei maghi di L. Pauwels e J. Bergier (Mondadori 1963).
L’ipotesi da me affacciata – in modo romanzato nel 2002 – era quella della fuga segreta in Germania. In realtà l’ipotesi dolosa della messinscena del falso suicidio costituiva già da sé il presupposto necessario del saggio di Sciascia e di quello di Recami. Tale valutazione era stata quindi ripresa e ben esplicitata dalla studiosa Luisa Bonolis, nel suo saggio scientifico sul Genio scomparso (Quaderno de Le Scienze – Scientific American, n. 27 del giugno 2002, pagg. 102 segg.). Venni a sapere in seguito (precisamente nel febbraio del 2010) direttamente dal Prof. Giorgio Dragoni, docente ordinario di Storia della scienza all’Università di Bologna, che sì, nel gennaio del 1974, il noto fisico Gilberto Bernadini (citato da Majorana in una sua lettera da Lipsia), gli aveva fatto intendere durante un colloquio – intervista svoltosi presso l’Università di Pisa, seduti insieme a mensa, che Majorana era scappato in Germania. Nel frattempo, studiando attentamente il “caso”, avevo accumulato altre ‘prove’, accanto a certi ‘indizi’ o ‘prove’ a me già noti, che nel 2002 avevo preferito tacere, limitandomi soltanto a un’enunciazione generale e generica.
Gli indizi a me già noti nel 2002 consistevano in una fotografia e nel testo di due radiomessaggi in codice Enigma del febbraio del 1947, inoltrati dalla Centrale salva-nazisti “Odessa” di Barcellona, in Spagna, e captati dal servizio di controspionaggio inglese, in cui si faceva per intero in nome di “Martin Bormann” (il segretario del partito nazista fuggito dal bunker di Hitler all’ultimo momento e già condannato a morte in contumacia al Processo di Norimberga), mentre si taceva la misteriosa identità di un certo “M.”, che era poi il soggetto principale di questi due radio messaggi in codice.5
Una ‘prova’, a me nota già nel 2002, ma allora taciuta, consisteva in una certa fotografia, presa a bordo della nave italiana “Giovanna C.”, salpata da Genova a fine giugno del 1950, e diretta a Buenos Aires. Nell’estate del 2010 (avendo già fatto da solo alcuni riscontri nei limiti delle mie ridotte possibilità), partecipai la notizia al Prof. Dragoni (autore nel 2008 di un importante lavoro sui rapporti scientifici intercorsi negli anni ‘30 tra Ettore Majorana e suo zio Quirino, importante fisico sperimentale all’Università di Bologna e strenuo anti-relativista).6
Avevo afferrato che in una “scomparsa” per lettera, a danno dei suoi cari, ‘dovevano’ esserci delle ragioni costringenti, non rivelabili in anticipo.
Quindi, quelle stesse lettere di scomparsa (rimanendo chiaramente esclusa a priori la possibilità di un complotto ai danni di Majorana che aveva fatto e disdetto tutto nell’arco di pochissime ore: meno di 12 ore), dovevano per forza contenere la spiegazione autentica del trucco o messinscena, che sarebbe apparsa via via, soltanto ai suoi cari (ogni altro estraneo era stato tagliato fuori), perdurando nei mesi lo sconcertante e assurdo silenzio dello scomparso, dopo il promesso ritorno. Senza che un cadavere ritrovato ne provasse la morte e desse luogo al lutto, alternativo alla scomparsa. Nel 2002 sapevo già ‘dove’ si trovassero gli elementi risolutivi. E mi ero già reso conto che la parola sole doveva possedere un significato particolare. Non potevo tuttavia disfarmi di notizie oltremodo preziose in una ricerca ancora a metà strada. L’ipotesi Klingsor, come volli intitolare l’articolo, pubblicata dal Prof. Umberto Bartocci su “Episteme” (ancora presente sul web, sebbene criticata da Bartocci), non nasceva soltanto dal romanzo di Volpi (segnalatomi da Bartocci), ma altri spunti letterari. Herman Hesse così scriveva: << La notizia della morte di Klingsor piombò sui suoi amici nel tardo autunno. Parecchie sue lettere avevano espresso presentimenti o desideri di morte. Di qui dev’essere nata la diceria che egli sia tolto volontariamente la vita… Molti affermarono che Klingsor fosse già da mesi malato di mente…>>.7
Peter Kolosimo, riprendendo nel 1981 uno dei temi del Mattino dei maghi, ha preteso di alludere alla storia segreta della bomba atomica tedesca (ma nulla a che vedere con le due bombe americane da 20 mila tnt equivalenti), introducendo un misterioso ingegner K.: << K. rimase a lungo, pensieroso, davanti alla finestra. Poi, deciso, s’avvicinò alla scrivania, prese il foglio con la terribile formula e lo bruciò. Fu così che la Germania non ebbe la prima atomica >>. La descrizione è terribilmente ingenua e del tutto inattendibile, com’è evidente, ma non lo è la considerazione che uno come Kolosimo potesse essere molto ‘informato’.
Domenica 17 ottobre 2010 il quotidiano “La Repubblica” pubblicò la fotografia da me segnalata al Prof. Dragoni, dando grande risalto alla notizia (due articoli su tre pagine intere) della Ricomparsa diMajorana.
La contiguità in quella immagine del presunto Majorana con due profughi ex nazisti diretti in Argentina, uno dei quali il criminale di guerra Adolf Eichmann, indubbiamente sollevò scalpore e scandalo.
Fatto è che la fotografia in questione fu ritrovata addosso a Eichmann al momento della sua cattura a Buenos Aires, nel 1960, da parte di un commando israeliano. L’individuo alquanto rassomigliante allo scomparso del 1938, alto esattamente un metro e sessantotto, ha occhiali neri e si trova alla destra della coppia, in una posizione centrale e di tutto rispetto. L’identità di questa persona non sarebbe mai stata accertata, la fotografia originale sarebbe irrintracciabile.8
Nelle lettere del 1938 figurano diversi rinvii al futuro (ad es. fra tre mesi), e il 25 marzo, giorno stesso della sparizione, dobbiamo registrare un poi orale (consegnando una cartella all’allieva Gilda Senatore), e due dopo sapientemente messi per iscritto. Altri rinvii temporali al futuro sono altresì contenuti nel testo stesso delle lezioni, fatte avere all’allieva. Il 18 gennaio, una settimana dopo l’arrivo a Napoli, nell’incontro occasionale col fisico Giuseppe Occhialini, sbarcato per una breve sosta a Napoli venendo dal Brasile, Ettore avrebbe lasciato intendere che se costui avesse tardato di qualche settimana, non lo avrebbe più trovato. Il 22 gennaio (sic: in costanza di primo stipendio, che sarebbe stato pagato il giorno 27, insieme a tutto il maturato pregresso), Majorana chiedeva a casa la parte liquida dell’eredità paterna.9 Ciò non si lega per niente al fatto improvviso, cioè alla volontà di suicidio ovvero all’ipotesi di un delitto mirato. A escludere il suicidio in mare è stato lo stesso Majorana: Il mare mi ha rifiutato e ritornerò domani all’albergo Bologna, viaggiando forse con questo stesso foglio. La e è decisiva. Risolverà il caso differente solo chi saprà spiegare Il mare mi harifiutato.10
Nel 2002 avevo già anticipato diversi temi razionali d’indagine, rimanendo però molto abbottonato. Ma l’intervento ‘romanzato’ affermava in chiaro: 1) che Majorana era fuggito segretamente in Germania; 2) che le lettere del 1938 contenevano tra le righe la spiegazione dettagliata dell’operare necessitato, dovuto a causa di forza maggiore, ciò ad esclusivo conforto della famiglia che subito all’inizio, e per molto tempo ancora, alcuni mesi, ne sarebbe rimasta vittima inconsapevole, sebbene convinta che egli fosse in vita.
Tutti indistintamente gli Autori, che nel tempo si sono interessati al “caso Majorana”, hanno commesso gravi errori (tranne alcuni casi in buona fede, si dovrebbe arguire che gli errori hanno fatto parte di un piano deliberato).
L’ipotesi conventuale e quella della fuga immediata in un paese oltremare sono chiaramente irrazionali. Assurda in partenza e del resto indimostrata è l’ipotesi artificiale del complotto, impedita dalle lettere di Majorana. Anche l’ipotesi recentissima e non dimostrata del “caro estinto” del 1939 è falsa e strumentale (finalizzata a inquinare).
Se nell’aprile del 2011 la Procura della Repubblica di Roma decise ex officio di aprire un’inchiesta conoscitiva sul “caso Majorana”, ciò non avvenne sulla base delle semplici affermazioni fatte da un ex emigrante italiano in America latina (2008)11, che aveva esibito la fotografia di un certo signor Bini, che a suo dire sarebbe stato Ettore Majorana (per nulla rassomigliante), bensì ciò avvenne – come è lecito presumere – in base alla fotografia pubblicata su Repubblica.
Il fatto che dopo 33 mesi le indagini portate avanti dal Ris di Roma non siano ancora concluse, dimostra da solo che il “caro estinto” del 1939 (ma sarebbe praticamente la stessa cosa per la teoria del complotto), è stato scartato.12
Gli inquirenti si sono recati più volte in Argentina, riportando faldoni di documenti che ovviamente al momento non è dato conoscere. Ciò comporta automaticamente che i casi del ritiro in convento, della morte prematura nell’estate del 1939, del rapimento o dell’omicidio da parte di un servizio segreto (l’Irgun o i servizi segreti inglesi), non sono stati presi in considerazione (in altri termini, sono stati scartati).
Ciò che Erasmo Recami dovrebbe ammettere è che Majorana non poteva arrivare in Argentina nel 1938, non essendo munito di un passaporto valido per i paesi extra europei.13
Pertanto, ancorché nel massimo riserbo, com’è nel caso di tutte le indagini giudiziarie coperte dal segreto istruttorio, si dovrebbe però presumere una particolare delicatezza dell’inchiesta, ancora in corso dall’aprile del 2011.
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Riporto l’articolo originario del 2002, aggiornato non note esplicative e leggermente variato, cui seguiranno altri interventi, così che gli interessati al caso differente della scomparsa di Majorana nel marzo 1938, potranno formarsi un’opinione seria e documentata, rispetto a quanto è presente sul web in modo spicciolo, confuso o ridondante, e persino nei riguardi di certe asserzioni o ipotesi non provate, neanche così serie, razionali o ben argomentate, per come invece pretenderebbero di apparire.
Articolo del 2002: L’ipotesi Klingsor
1* Il vasto corpo della storia non è mai di colore uniforme. E’ percorso da un’infinità di striature misteriose. Ugualmente la realtà degli accadimenti può superare spesso i limiti della fantasia, virando talvolta verso una realtà romanzesca, che come formula evocabile non sembra lontana dal realismo fantastico di Pauwels e Bergier, autori de Il mattino dei maghi, in cui tra l’altro si accenna al nazismo magico e alla storia segreta della bomba atomica.14 Tra le pieghe del corpo immenso della storia si nascondono ‘enigmi’ irrisolti, non fosse altro che per una mera questione di legittimo sospetto.15[Ad esempio, per un accenno a lavori ‘di fantasia’ sul caso Majorana - nella specie Visioni di una tragedia di Andrea Frezza - “ma proprio per tale motivo” più vicini “allaprobabile verità’, si veda U. Bartocci, La scomparsa di Ettore Majorana : un affare di Stato?, Bologna, 1999, pagg.10 e 105. Frezza si riporterebbe a notizie riservate].16
Viceversa, la ‘verità’ è sempre molto più semplice e limpida di tutte le ipotesi immaginifiche. Figuriamoci i romanzi.
Senza dover tirare in ballo il Grande fratello di George Orwell – basterà richiamarsi a Fabio Cusin e alla sua antistoria – talvolta la storia sembra un libro sigillato oppure una trama falsificata ad arte, compresi molti aspetti della storia moderna e contemporanea, tra cui la non chiara vicenda della costruzione della bomba atomica sia da parte degli americani che dei tedeschi.17 Rimandiamo al seguente florilegio bibliografico: R. Rhodes, L’invenzione della bomba atomica, Rizzoli, Milano, 1990 ; J. Bernstein, Hitler’s Uranium Club : The secret Recordings at Farm Hall, Woodbury, N.Y., American Institut of Physics, 1996 ; David C. Cassidy, Un’estremasolitudine.La vita e le opere di Werner Heisenberg, Bollati Boringhieri 1996; T. Powers, La storia segreta dell’atomica tedesca, Milano 1994 ; R. Pierls, Atomic Histories, New York, Springer-Verlag1997, pp.108-116; L. L. Rose, Heisenbergand the NaziAtomic Bomb Project : A study in German Culture, Berkeley, University of California Press 1998; A. D. Beyerchen, Gli scienziati sotto Hitler. Politica e comunità dei fisici nel Terzo Reich, Zanichelli 1981; M. Walker, Nazi Science. Myth, Truth, and the German Atomic Bomb, Plenum Press 1995; W. Sweet, Hitler’s Uranium Club : the SecretRecordings of Farm Hall, Aip Press 1966; nonché i classici B. Pash, The Alsos Mission, New York, Awrad Books, 1969, S. Goudsmit, Alsos : The Failure in GermanScience, London, Sigma Books 1947; e L. Groves, Nowit can be told, un estratto del quale fu pubblicato in Der Spiegel, anno XVI, n.34; D. Irving, The Virus House, Collins 1967.18
Le tappe incompiute del progetto atomico tedesco come risultano dalla versione ufficiale fatta propria dal romanzo di Jorge Volpi In cerca di Klingsor al quale titolo si ispira in parte il presente articolo, arenatesi nel 1945, agli sgoccioli della guerra, col mancato funzionamento dell’ultimo modello di reattore B-8 di Heisenberg, mentre Fermi, il “Navigatore italiano”, era riuscito nell’impresa già alla fine del 1942, andrebbero meglio approfondite, giacché regna il sospetto che le cose possano essere andate diversamente.19
A una trama gialla, riconnessa a questo genere di storie segrete alle quali ricorreva, parallelamente all’ufficialità, lo storico bizantino Procopio, sembra ispirarsi – sotto forma di romanzo a intreccio, costruito su diversi piani temporali – il libro di fantasia dello scrittore messicano Jorge Volpi, In cerca diKlingsor (Mondadori 2000). Klingsor (in tedesco il suonatore), un personaggio del Parsifal (pag. 180, dove viene evocata, come regione magica, proprio la Sicilia),20 potrebbe nascondere una singolare versione della scomparsa di Majorana, grandissimo fisico teorico dell’epoca di Fermi, che si sarebbe invece suicidato, gettandosi in mare dal piroscafo.21
In questa intricatissima e avvincente ‘realtà romanzesca’ costruita da Volpi, non disgiunta da elementi di verità e che ripercorre alcuni aspetti della missione segreta americana Alsos prima e dopo la capitolazione della Germania, e durante e dopo il processo di Norimberga, attraverso tutta una serie di narrazioni, di episodi e anche di immaginarie interviste da parte del tenente americano “Bacon” a Werner Heisenberg (rientrato in Germania dopo il periodo di sei mesi trascorso a Farm Hall in Inghilterra), a Stark, a Planck, a Schroedinger, a von Neumann, e a Borh, tese a snidare l’identità segreta di “Klingsor”, figura centrale e invisibilmente presente, un misterioso personaggio, un matematicodiLipsia, colui che avrebbe controllato tutta la ricercascientifica del Terzo Reich e che non avrebbe peraltro lasciato alcuna traccia di sé (tanto che si afferma nel romanzo: …Lei non troverà nessun documento firmato.., né un rapporto sulle sue attività, né un memorandum indirizzato al suo ufficio…).
A questa misteriosa figura si dovrebbe perciò arrivare esclusivamente in base ai soli fatti (ogni riferimento a Klingsor è stato espunto dagli atti del Processo di Norimberga , ma quanto ai fatti, … Se li osserva bene, tenente, sarà in grado di interpretarli, e da quella base potrà arrivare a lui …).
Un romanzo è solo un’invenzione, ma è singolare che Jorge Volpi abbia inventato una storia simile.22 Potrebbe trattarsi di realtà romanzata, il cui esito finale avrebbe potuto essere l’Argentina di Peròn.
Goering morì avvelenato. Meglio, si sarebbe ‘suicidato’, in circostanze misteriose, alla vigilia dell’esecuzione capitale. Goebbels e Hitler erano morti nel bunker di Berlino. Martin Bormann fu condannato a morte in contumacia. Infine il ministro degli Armamenti Speer se la cavò con una condanna a vent’anni di carcere, per quanto ad avviso dello storico Trevor-Roper sia stato “uno dei nazisti più colpevoli”.23
Il romanzo di Volpi prende avvio dal famoso processo di Norimberga. Klingsor è un’identità segreta, artatamente espunta dai verbali del processo, se non piuttosto l’ombra mitica del personaggio del Parsifal. Pagina 338: Non credodi esagerare se dico che, in effetti, uno dei tanti nomi dell’elettrone avrebbe potuto essere Klingsor. E a pag. 352: Dev’essere comunque qualcuno che, anche se è un fisico, padroneggiava la teoria quantistica, la relatività, i rudimenti della bomba …
L’entità misteriosa è un grande scienziato, una figura di primissimo piano. Il mistero resterà tale, e il tenente “Bacon” dell’Alsos non giungerà mai a una identificazione. E’ questo l’aspetto inquietante della ‘fiction’ narrativa. Chi è Klingsor? Klingsor (un personaggio del Parsifal) sarebbe una figura scientifica molto vicina a Hitler, posta al di sopra di tutti gli altri scienziati tedeschi del Club dell’Uranio (pagina 151), il suo consigliere scientifico personale. Possibile?
Il caso Majorana, che del resto si proiettò in modo anticipato nel tempo sul grande sfondo, mitico e drammatico, dell’avventura atomica, cos’ha a che fare con la sorprendente traccia di questo romanzo? E’ l’ipotesi che analizziamo, consapevoli dei limiti e dell’azzardo della questione.24
2* Klingsor viene da Klingen, suonare, risuonare, tintinnare. In Linneo l’erba maggiorana è definita origanum majorana. Con un po’ di fantasia (lo aggiungiamo noi), il passo è breve: ‘origano’ può stare per ‘organo’ (si pensi alle katiusce, gli organi di Stralin che tanto preoccupavano i tedeschi). Da qui, con l’evocazione del Concerto d’organo in Re Maggiore di J.S. Bach (Rex Major), ecco che si può arrivare addirittura… a EttoREMAJORrana.. Una traccia, se mai, che apparterrebbe al solo Volpi,25 che si
astiene da ogni riferimento a Majorana, tranne la Sicilia. A un’ipotesi Klingsor accennava in una nota Umberto Bartocci: Leonardo Sciascia e il caso Majorana: siciliani scompaiono nel nulla, ma un’ipotesi tarda ad apparire).26 L’ipotesi ‘tedesca’ si scontrerebbe con due grossi limiti, due obiezioni che non sembrerebbero trovare risposta: perché nei confronti di Majorana (pur avvistato in Argentina secondo Recami), sarebbe stato praticato un assoluto silenzio; e come mai non è affiorato nulla, dopo tanti anni? Ettore era nato nel 1906 ed è impossibile che possa essere in vita. Ciò non autorizza ad alcuna illazione. Né è questo il nostro scopo. Non si vuole offendere la memoria di un genio, di un uomo di grandissimo valore morale, quale fu Ettore Majorana. L’ipotesi è accademica. Rientra nella libertà di ricerca. Il caso di una fuga segreta in Germania non solo non può essere escluso, ma deve essere preso in esame.27
Sull’inserto Venerdi di Repubblica, 19 luglio 2002, pag. 45, era stata riportata la copia di una lettera di Leonardo Sciascia, indirizzata al giudice Paolo Borsellino in data 21 aprile 1998, in cui si chiedeva in modo confidenziale e in via d’amicizia qualche notizia o conferma a proposito dell’inchiesta che si stava allora conducendo da parte della procura di Palermo sul cosiddetto “uomo cane” di Mazara del Vallo, il sedicente Tommaso Lipari, nel quale si poteva pensare di poter identificare Majorana, sempreché il vagabondaggio, durato per anni, corrispondesse a un caso di mancato suicidio senza dare notizie.28
Sciascia (autore del rinomato pamphlet La scomparsa di Majorana uscito in prima edizione nel 1975 e fautore dell’ipotesi del rifugio in convento), sosteneva di non essere convinto dell’ipotesi di Recami sulla fuga “pirandelliana” in Argentina, dove sarebbe stato riconosciuto da qualche credibile testimone negli anni del dopoguerra, rimanendo però incerto tra l’ipotesi della fuga volontaria in analogia al Fu Mattia Pascal oppure la pista alla Conrad, quella dell’uomo di mare.
Il Lipari pare nascondesse un suo mistero, e forse era un uomo di mare che aveva fatto qualche errore, che sentiva di avere qualche colpa, come riferiva Sciascia nella lettera a Borsellino, poi ucciso dalla mafia.29
Con questo abbiamo citato i principali autori che si sono interessati del caso Majorana, mentre altri contributi provenivano in passato dal grande fisico di via Panisperna, Edoardo Amaldi, che nel 1966 si era occupato della Vita e l’opera di Ettore Majorana, per tornarci sopra con un breve appunto nel 1968.30 Il caso fu trattato da registi e sceneggiatori televisivi, dando luogo a un film (I Ragazzi di via Panisperna), e a vari servizi o documentari.(Possiamo altresì aggiungere brevemente: Leandro Castellani, Dossier Majorana, Milano 1974; B. Russo, E. Majorana. Un giorno di marzo, Palermo 1997,31 per terminare con la bella monografia della storica della scienza Luisa Bonolis su Majorana, il genio scomparso, Quaderno de Le Scienze’, anno V n. 27, giugno 2002, Collana I grandi della scienza).
Infine, gli elementi forniti da Valerio Tonini in Il Taccuinoincompiuto – Vita segreta di EttoreMajorana’, Roma 1984, appaiono frutto di una personale ricostruzione dell’autore, senza alcuna effettiva aderenza alla realtà. Al contrario di quanto invece rivelato nel 1965 da Fiorenza Tebalducci che da ragazza, nel 1935, avrebbe frequento Ettore a Firenze, circostanza però subito smentita dal fratello Salvatore, e egli si servisse appunto dell’amicizia con questa ragazza, frequentando il circolo degli studenti, appunto come schermo di copertura per i contatti con un gruppo di stranieri, che parlavano una lingua nordica (si può immaginare danesi, ma per copertura).32
Se l’opera scientifica di Majorana (in tutto nove articoli, come le sinfonie di Beethoven, oltre a un articolo postumo, pubblicato nel 1942 da Gentile), non finisce di sorprendere e di stupire (si stanno conducendo studi sperimentali assai delicati sui neutrini di Majorana che coincidono con i loro antineutrini: ipotesi teorica davvero rivoluzionaria, come del resto la sua teoria del nucleo, ancora citata in pubblicazioni scientifiche), ancor più sorprendente e sconcertante è la sua scomparsa avvenuta negli ultimi giorni di marzo del 1938.
Alcuni manoscritti di Majorana sono invece conservati presso la Domus galileana di Pisa (elenco Liotta). Ci si deve tuttavia domandare dove siano andati a finire gli altri manoscritti di cui si è conoscenza (su questo e altri elementi ancora si vedano, in ogni caso, gli interventi di Erasmo Recami e di Salvatore Esposito).33
3* Secondo Enrico Fermi (il costruttore della pila atomica in America), Majorana era un genio assoluto, della portata di un Galileo o di un Newton. Se avesse deciso di sparire lo avrebbe saputo fare senza lasciare traccia. Fatto è che i cadaveri, anche quelli degli annegati, non spariscono da soli, come argomentò allora il Capo della polizia, Arturo Bocchini.
Le acque del golfo di Napoli (e più in generale il mare aperto), prima o poi restituiscono i corpi degli annegati. Si suicidò per davvero, lui che era un discreto nuotatore, gettandosi dalla nave che lo riportava da Palermo da Napoli, la notte tra sabato e domenica 27 marzo del 1938?34
I dubbi di Sciascia (che ha il merito di riprendere in modo organico il caso Majorana, tuttavia non sfuggito alla stampa, sia subito dopo il fatto, che negli anni che seguirono), sono gli stessi di Recami e di Bartocci. Il quadro indiziario non consente conclusioni univoche, ma anzi solleva forti perplessità di vario genere.35
Un velo d’incertezza copre indistintamente tutte le piste: quella della fuga, quella del ritiro in convento, quella del suicidio, e quella del rapimento e persino dell’omicidio.36
Non era la prima volta che un grande fisico avesse deciso di ammazzarsi. Nel 1906 (anno della nascita di Majorana ) si era suicidato Boltzmann, e il 25 settembre del 1933 (quando Majorana era già rientrato dal soggiorno di studio a Lipsia), si era ucciso Eherenfest (che lo stimava moltissimo).
Diversi tra loro i motivi di questi suicidi. Quali motivi aveva Majorana per sopprimersi? Per quanto si voglia negarlo con argomenti attendibili, non si può tuttavia escludere che Majorana avesse compreso in anticipo il rischio atomico con le sue futuribili conseguenze. Del resto l’Austria era stata da un paio di settimane annessa alla Germania, correvano venti di guerra, e ai primi di marzo Hitler era stato nominato capo assoluto delle forze armate.
Lo scoppio di una guerra europea, col rischio di un conflitto di portata mondiale, era ormai prossimo, nonostante le diplomazie all’opera e tutti gli sforzi di pace. Dunque, perché un rifugio in convento, di cui nulla si è mai saputo, neanche dopo la fine della guerra, con la catastrofe nucleare sul Giappone, e non invece un segreto schierarsi dalla parte dei tedeschi, prevedendo l’opposta militanza – come di fatto avvenne – di altri fisici romani, cioè Fermi e Segrè ?37
Ettore soffriva inoltre di forti disturbi gastrici, di natura imprecisata, dal 1933. Un giorno di gennaio del 1938, tre mesi prima della scomparsa, lo aveva incontrato Occhialini, che di ritorno dal Brasile, aveva profittato di una sosta della nave nel porto di Napoli, per correre all’Istituto di fisica da Carrelli, dove appunto incontrò Majorana. Ettore sembra annunciargli il già maturato proposito: Sei appena arrivato in tempo…Perché ci sono quelli che ne parlano, e ci sono quelli che lo fanno…38
Un annuncio di morte, oppure un bluff anticipato? Ma un ‘annuncio’, fatto ad un ‘fisico italiano’. Di lì a pochi mesi, la fuga di Fermi e di altri fisici italiani e non, verso l’America. Tra i pochissimi che restano in Italia della scuola di Via Panisperna sono Edoardo Amaldi (che proprio non riuscì ad andarsene) e Giancarlo Wick (che nel 1942 è in Germania, a Lipsia, in visita da Heisenberg).
Fatto è che Majorana decide a un certo punto di sparire,‘realizzando’ oppure soltanto ‘simulando’ una specie di ‘suicidio perfetto’ (dietro le cui apparenze – volute o soltanto fatte sembrare – potrebbero nascondersi altre ipotesi, ma non quella dell’omicidio politico, poiché Ettore revocò tutto quanto appena la mattina dopo, e di buon’ora).39
Prima di sparire Ettore non dimentica il passaporto e ritira anche i liquidi giacenti sul conto bancario (all’incirca l’equivalente di diecimila dollari, trascurando lo stipendio del mese di marzo, pagabile soltanto sabato 26 marzo poiché allora le banche restavano aperte). Per imbarcarsi da Napoli, venerdì 25 marzo, sul traghetto della Tirrenia, in partenza alle 22,30 per Palermo (nella cui Università già insegnava Segrè dal 1935 e dove Ettore avrebbe dovuto occupare nel 1938 la cattedra di fisica teorica, se nel concorso del 1937 non fosse intervenuta l’anomalia di una procedura “extra ordinem”, che salvando la triade già programmata, lo condusse invece a Napoli)? 40
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La nave, un traghetto postale, egli lo sa bene, parte verso le 11 di sera. Ma s’imbarcò veramente sul traghetto, oppure quel viaggio fu compiuto da altri, per suo conto?41
Giunto a Palermo la mattina di sabato 26 marzo verso le sette, sembra che prendesse alloggio all’Hotel Sole (nome alquanto allusivo ), e che insieme a due telegrammi urgenti, abbia inviato (su carta intestata dell’hotel, che a stretto rigore si sarebbe dovuto chiamare “albergo”) una seconda lettera a Carrelli (una lettera espresso che forse viaggerà con lui, durante il ritorno per domani all’albergo Bologna di Napoli che aveva lasciato il giorno prima verso le ore 17). Con l’espresso smentiva il proposito suicida, già messo per iscritto, ma confermava in ogni caso la volontà d’abbandono dell’insegnamento.
Il telegramma per Carrelli (Non allarmarti – Alt – Segue lettera),42 che arriverà proprio alle 11 di mattina di sabato 26, prima della lettera stessa, spedita da Palermo, e di una lettera precedente inviata il 25 marzo, spedita da Napoli, che giungerà a Carrelli sabato 26, con la posta delle ore 14. Più che una contingenza, s’intravede una linea di trama. Carrelli viene colto di sorpresa, soltanto a cose fatte comprenderà quale fosse la lettera a seguire: non la prima di venerdì 25, per posta ordinaria, bensì l’espresso giuntogli domenica 27 da Palermo. Il telegramma era ambiguo. Ettore avrebbe dovuto telefonare. Così facendo, avrebbe messo tutto a tacere; ma non lo fa. E’ lui a far scoppiare lo scandalo.
Prima di lasciare l’albergo Bologna verso le 17, pagato il conto, ma senza valigia al seguito, indossando un soprabito grigio ferro e un cappello marrone, e di imbarcarsi da Napoli per Palermo,43 il traghetto salpava alle 22.30,44 aveva spedito una lettera d’addio a Carrelli, con velati propositi di suicidio: parlando di improvvisa scomparsa e di decisione che era ormai inevitabile, ma senza un sologranello di egoismo.45
Questa prima lettera da Napoli per Carrelli, contiene alcune stranezze. Ambiguamente si parla di scomparsa. La parola morte è stata sempre evitata. C’era un saluto agli studenti, particolarmente a Sciuti, dei quali tutti conserverò un caro ricordo almeno fino alle undici di questa sera, e possibilmenteanche dopo (Sciuti divenne professore. Nel 1938 era uno studente di fisica al terzo anno. Per quel che può significare, l’anagramma del suo cognome è ‘usciti’).46
Ettore ha lasciato in camera un brevissimo messaggio per la sua famiglia, contenuto in busta,47 in un angolo della sua camera d’albergo a Napoli (si trattava dell’Albergo Bologna, in Via Depretis 27, dove aveva già preso la residenza anagrafica, dopo aver girovagato per vari alberghi, ma senza mai andare a stare in una pensione, come invece scritto il 22 gennaio. Il nonno di Ettore era stato per due volte ministro nei governi Depretis. A Bologna insegnava come fisico sperimentale lo zio Quirino, che era un irriducibile antirelativista.48 Dalla nuova stanza dell’albergo Bologna avrebbe, di lì a tre mesi, visto il passaggio diHitler’ in visita in Italia, come anticipava nella penultima lettera alla madre il 23 febbraio, in costanza di vacanze di Carnevale (il sarcasmo di Ettore era ben noto).49
Poiché la breve lettera ai familiari del 25 marzo, lasciata in una busta nella camera d’albergo Bologna a Napoli (Ho un solo50 desiderio : che non vi vestiate di nero. Se volete inchinarvi all’uso, portate pure, ma non per più di tre giorni, qualche segno di lutto. Dopo, ricordatemi, se potete, nei vostri cuori e perdonatemi), e quella a Carrelli, spedita da Palermo sabato 26 per espresso, su carta intesta dell’Hotel Sole, e pervenuta alle ore 14 di domenica 27, forse viaggiando con la stessa nave postale, terminano con un aff.mo Ettoreovvero unaff.mo E. Majorana, con la singolarità ce recano l’annotazione dell’anno XVI dell’era fascista, a differenza della prima lettera da Napoli in data 11 gennaio.51
L’ultimo scritto è la lettera del 26 marzo, indirizzata a Carrelli: Spero ti siano arrivati insieme il telegramma e la lettera. Il mare mi harifiutatoe ritornerò domani all’albergo Bologna, viaggiando forse con questo stesso foglio. Ho però intenzione di rinunciare all’insegnamento. Non mi prendere per una ragazza ibseniana perché il casoèdifferente.Sono a tua disposizione perulteriori dettagli.52
Due lettere, prima dell’imbarco per Palermo. “Poi”,53 un telegramma e una lettera finale da Palermo, sempre per Carrelli. Nient’altro, se non un secondo telegramma per il Bologna. Ma tutto con una grafia ordinata e misurata. Majorana è ineccepibilmente preciso e scrupoloso, ed è al tempo stesso apparentemente strampalato, ambiguo e oscuro.
Quando Ettore iniziò a mentire poiché ha mentito?54 Come, dove, quando e perché sarebbe “scomparso”?55
Altra corrispondenza, indirizzata ai familiari e agli amici ( Giovannino Gentile, in data 2 marzo, il giorno delle Ceneri), aveva preceduto, con una certa regolarità, queste ultime lettere del 25 e del 26 marzo.
Majorana si era recato a gennaio da Fermi, al nuovo Istituto, che non era più quello di via Panisperna, dove difatti lo incontra Cocconi: Unafaccia scura.E fu tutto lì.56 Poi sembra che non sia tornato a Roma sempre più di rado. E’ da notare che nella lettera alla madre del 22 gennaio fa presente che verrà fra pochi giorni ma solo perpoche ore, perché devo ritirare un libro da Treves e altri da casa. In seguito si tratta soltanto di rinvii. Con questa lettera chiedeva l’invio tramite banca della parte liquida della sua eredità paterna. La lettera a Gentile Jr. del 2 marzo si chiude con uno spero che ci rivedremo presto, e quelle ai familiari del 9 e del 19 marzo, con uno spero di venire in fine settimana e con un vi mando un telegrammaperché non mi aspettiate stasera, ma verròcertamentesabato prossimo, e si tratta questa volta di sabato 26 marzo, quello della effettiva scomparsa: il termine è suo, in contrapposizione al lutto, che avrebbe avuto senso solo e soltanto col cadavere del morto.57
Come tutti i siciliani Ettore era molto legato ai suoi, in particolar modo alla madre (soprattutto dopo la morte del padre)58. E’ stato descritto da tutti quelli che gli furono vicini (così anche dalla perizia grafologica eseguita nel 1972 da G. Sansoni) come un carattere buono, introverso, ancorché irrequieto, mai soddisfatto di sé e degli altri. Non un genio affetto da patologia, ma soltanto portato all’isolamento e all’introspezione, oltre che dotato di una razionalità dominante. Un vero genio, che all’improvviso, dopo anni d’intensissimi studi, ma anche d’apparente isolamento, per quanti meriti gli si riconoscessero,59 decide alla fine di scomparire, apparentemente senza ragione, dopo aver voluto e ottenuto una cattedra prestigiosa. Chi si uccide, lo fa e basta. Non ha bisogno di troppe lettere, per quanto brevi e compendiate. Scomparire da vivi, dopo aver revocato apparenti propositi di suicidio, e mentendo sul ritorno, non è follia e nemmeno il segno o indizio di una trappola in cui sarebbe stupidamente caduto, lasciandoci la vita. C’erano mille altri modi per realizzare certe precauzioni o altri scopi. Mai a dispetto dei suoi cari, che nel caso di una fuga insensata dal mondo sarebbero stati colpiti più volte di seguito.
Dovendo scartare a priori il caso della congiura, inconciliabile con le lettere (basta scorrerle), non rimane che la fuga segreta di scopo.
Quell’andare e ritornare da Palermo, era un inganno. Le lettere del 1938 contengono, per forza di cose, inserita nel loro seno, la verità “autentica” dell’esclusivo ‘Autore’ di se stesso.60 Il mistero va cercato anzitutto nelle ultime lettere, in particolare quelle che precedono la scomparsa, essendo questi gli unici documenti oggettivi sui quali appoggiarsi.61
Sembra affiorare una traccia, che chiameremo ‘ibseniana’, in contrapposto alla versione ‘pirandelliana’ di Amaldi e di Recami (Majorana era un avido lettore di Pirandello, ma anche di Artur Schopenhauer)62. Potremmo anche aggiungere quella alla ‘Conrad’.63 Queste tracce sembrano condurre lontano, all’ipotesi della fuga dolosa.
Abbiamo marcato in neretto alcuni passi delle lettere, i più ‘significativi’, trascurando per ragioni di spazio altri aspetti che potrebbero alimentare un quadro di messaggi trasversi e criptati (infatti dove c’è ‘configurazione’ ci dovrebbe essere anche ‘significato’).
Majorana avrebbe sfruttato uno schema logico a croce, di tipo speculare, del tutto coerente e accordato col modo esecutivo di scomparsa, costruita (di necessità) col doppio viaggio (apparente) di andata e ritorno, nulla concedendo (sotto l’aspetto logico e formale) ad altre ipotesi, se non quella dell’apparente suicidio, ma rovesciando, ben inteso nella vera sostanza dei contenuti, il suo ‘autentico’ messaggio di addio.
E’ questa una considerazione preliminare, funzionale all’ipotesi Klingsor, qui argomentata. Sosteneva Talete che la veritàva ricercata come una pagliuzza d’oro nel fango.64
4* Accostandomi al caso come ‘giurista’ e come ‘investigatore’ 65 devo chiedermi se alla scomparsa seguì a istanza dei congiunti o degli interessati una dichiarazione di ‘assenza’ e poi di ‘morte presunta’ (dopo dieci anni), secondo le norme allora vigenti del codice civile del 1865 e in seguito quelle del codice del 1942. Risulta soltanto che la madre restò sempre convinta che il figlio non fosse morto, anzi lo nominò nel testamento, “per quando sarà tornato”.66
I familiari l’hanno creduto, pressoché da subito, sano e salvo, magari rifugiato in un convento, anziché morto suicida. Secondo il fratello Luciano, se ci fosse stato papà, questo non sarebbe successo. Erano sicuri del ritorno a Napoli: dopo di che tutto fu possibile.67
Nessuno crede oggi al suicidio, ma il mistero della scomparsa resterebbe intatto, a meno di non dover prendere in considerazione una fuga segreta di scopo, resasi necessaria e inevitabile. Fuga segreta significa occultarne la destinazione e le ragioni. Ma la posizione morale dei familiari è distinta da quella di ogni estraneo. Perciò, se si riesce a dimostrare, che a costo di mettere inizialmente in crisi i suoi cari, tuttavia Ettore non li ingannò (versando difatti in una condizione di forza maggiore), ma comunque riuscì a informali, sebbene a fatto compiuto, però escludendo gli estranei, ecco che avremmo risolto il caso differente, altrimenti irresolubile.68
Se si esaminano le ultime lettere secondo un certo angolo di visuale che le ricomprenda tutte come un insieme intenzionale e coordinato di messaggi trasversi, ciascuno di essi legato all’altro da accenni particolari, da rimandi e da rapide allusioni, è allora possibile ricavare ‘tracce’ assai interessanti, in grado di ricondursi a un quadro unitario, che Majorana avrebbe dunque consapevolmente e studiatamente messo in atto, già da qualche tempo prima (appunto ‘tre mesi’). Occorre leggere con attenzione, alcune volte al contrario, certe frasi significative che figurano in questa corrispondenza, in un contesto globalizzato e uniformato dalla necessità costringente di una fuga, che doveva rimanere misteriosa e inesplicabile, ma non nei confronti della famiglia, il cui iniziale sconcerto e smarrimento era però funzionale alla trama (e si apprenderebbe, a questo punto, ‘dove’ scappa e ‘perché’ lo fa).
Majorana potrebbe aver fatto uso dello schema logico della ‘diagonale’, secondo cui ogni possibile affermazione di realtà e anche ogni momento concreto, sembrano contraddetti e bilanciati – formalmente – da ogni altro corrispondente elemento specularmente rivolto all’esatto contrario (in una sorta di ‘indecidibilità’), a meno di un ‘punto centrale di fuga’ (ci si passi l’immagine che si richiama al centro di una coppia di assi cartesiani ortogonali), capace di raccogliere a senso compiuto, ma in chiave questa volta contenutistica, vale a dire in filigrana, ciò che altrimenti apparirebbe contraddittorio e opposto (il paradosso del bugiardo è richiamato anche nel romanzo di Volpi e guarda caso il suo illustratore è proprio von Neumann). La teoria elementare dei nodi stabilisce che i lati e le diagonali di una busta chiusa non possono essere percorsi senza sollevare la penna dalla carta. Se invece si apre la busta, e si crea cioè il lembo superiore a triangolo, allora il percorso più essere completato. L’analogia qui serve semplicemente per indicare che la mera rappresentazione formale, contraddittoria e inceppata, si risolve in verità autentica, in una fuga per lettera, se si solleva il lembo e si va a scrutare all’interno (se si ‘apre’ la lettera).69 La verità autentica di questo “caso” d’Autore, sarebbe stata opportunamente inserita in modo defilato.70
Majorana avrebbe concepito il doppio viaggio, in nave o traghetto postale, Napoli-Palermo e successivo ritorno, per inquinare le sue reali intenzioni, nell’incertezza dei dubbi. Nel frattempo è fuggito. Altri hanno agito per lui.
Le lettere prima dell’imbarco, e le missive dopo l’arrivo a Palermo (che non è un dato certo), servivano a depistare, mentre contengono elementi contenutistici di massimo interesse, sebbene nascosti.
“Carlo Price”, il terzo passeggero, un ‘inglese’, della cabina 37, durante il presunto viaggio di ritorno a Napoli (come immaginava Leonardo Sciascia per primo, ma questo potrebbe far parte, ancora una volta, del ‘gioco di specchi’ concepito da Majorana), potrebbe essere sia Majorana, come altra persona (ad es. un commerciante, cui M. ha offerto il proprio biglietto di ritorno, oppure addirittura un ‘controllore ad hoc’).71
Majorana deve comunque far credere, e con ogni ragionevolezza, di essere su quella nave, durante il ritorno, ma forse di non essere poi sbarcato.72
E’ negli occhi testimoniali del Prof. Strazzeri che si perde, in definitiva, il mistero delle identità e dei fatti, nonostante il possibile riconoscimento di Ettore (certamente gli sarà stata mostrata qualche fotografia).73
Alcune apparizioni di Ettore nei giorni successivi a Napoli servirono ad avvalorare l’ipotesi del rifugio in convento, alla quale sembrarono voler credere sia i suoi familiari, che la polizia, nonostante il rifiuto che certe richieste di poter effettuare degli “esercizi spirituali” avrebbero ricevuto, e malgrado l’esito negativo di ogni successiva ricerca.74
Che non sia mai andato a Palermo, cioè che non sia stato presente sulla nave all’andata e al ritorno, e sia pure che non sia più ripartito da Palermo per Napoli, oppure che sia effettivamente rientrato a Napoli, Majorana ha in ogni caso confuso le acque e potuto fare il suo gioco. Nessun cadavere fu trovato in mare. La mancanza del cadavere autorizza soltanto il caso della scomparsa volontaria. Chi pretenda di aggiungere l’ipotesi – esterna e involontaria – del rapimento o dell’omicidio tombale, dimostra banalmente di non essere stato capace d’intendere le lettere di scomparsa, che prefissavano rigidamente il thema decidenum, e, comunque, falserebbe arbitrariamente i fatti accertati.75
Potrebbe essere sparito sbarcando nuovamente a Napoli [Per portarsi a ‘Taranto’? - Vedremo il perché di questa strana ipotesi76 - Dopo aver bussato, poniamo per depistaggio, a qualche convento napoletano].
Per Napoli ci sarebbe anche una testimonianza dell’infermiera, che lo avrebbe, nei giorni successivi, proprio nel centro di Napoli. Più difficile pensare a una sparizione da Palermo, a meno che non sia stato aiutato (ma non rapito o ucciso) dagli agenti di un servizio segreto, che poi avrebbero continuato la sceneggiata del ritorno (in tal caso “Price” sarebbe una spia, eventualmente somigliante a Majorana, se la testimonianza di Strazzeri fosse da accogliere per come Sciascia ha preteso di interpretarla).77
Majorana ha innescato (da solo o con la complicità di altri) un depistaggio, ma non può certo urtare l’amore familiare, e deve dunque lasciare campo alla speranza per i suo cari. Se fosse segretamente fuggito in Germania questa drammatica speranza non soltanto la indica, ma la lascia intendere tutta, nella sua cruda verità: non c’è un solo granello di egoismo nella sua scelta forzata, che è una fuga senza ritorno, poiché si tratta di una decisone ormai inevitabile come scelta di campo:‘vedrà’ Hitler, e il lutto non potrà essere portato, nemmeno per soli tregiorni.
In questo conte uesto ‘contesto’ di allusioni, si colloca l’affermazione che il ‘suo’ caso è ben differente da quello di una ragazzaibseniana. Ricordando il suicidio di Boltzmann, avvenuto nel 1906, e la morte di Ibsen occorsa nello stesso anno, che è poi quello della nascita di Ettore, si rafforza l’idea, suggerita dai contenuti del dramma La donna del mare, che lo scomparso abbia fornito delle indicazioni precise, insieme alle dimissioni dall’insegnamento (a quel punto necessarie, dopo alcuni tentennamenti, per la realizzazione della nuova scelta di vita, ovviamente senza riscuotere l’ultimo stipendio pagabile sabato 26 marzo).78
Sarebbe questa serie d’indicazioni un’ulteriore ‘prova di vita’ (contro ogni annuncio di lutto), che Ettore ha voluto fornire ai suoi cari. Non mentiva, dicendo tutto quello che doveva ‘dire’. Egli non ha mai parlato di ‘morte’ o di ‘suicidio’.79 La sua è stata una vera e propria scomparsa, nel senso di sparizione dolosa. Non comprenderlo non depone a favore di certi investigatori improvvisati.80 Da Palermo arriverà un sole, domenica 27, con ‘domenica’ che per l’appunto è il giorno del ‘sole’ (sia in inglese che in tedesco). Come si spiegherebbe il sole all’alba? Con l’incapacità di ‘talento investigativo’ dei soliti autori, che nemmeno si sono accorti delle fatali contraddizioni o dei loro falsi ragionamenti, in cui sono incappati per distrazione oppure perché qualcuno di essi l’ha fatto apposta?
Del resto, sia pure che Ettore sia risultato presente sul traghetto postale “Città di Palermo” della “Tirrenia” (navi T), nel viaggio di ritorno, oppure che sia sparito da Palermo, senza imbarcarsi di nuovo, si tratta sempre di una circostanza irrilevante, coperta e superata dalla scomparsa, se appunto il ‘suo’ biglietto di viaggio era stato ceduto ad altri: ma con quale certezza che costui si sarebbe imbarcato al suo posto? Oppure avesse viaggiato col ‘suo’ biglietto, mentre Ettore ne avrebbe acquistato un altro, magari sotto falso nome. Lo scopo era ugualmente raggiunto. Anche se non fosse mai andato a Palermo, qui agendo per suo conto dei suoi incaricati che con documenti autografi già predisposti avrebbero fatto tutto ciò che dovevano fare (prima, durante, e dopo). “Carlo Price” potrebbe anche essere stato ‘Majorana’, ma non un qualsiasi passeggero estraneo, poi svanito nel nulla. “Price” poteva essere una spia, un agente, un controllore, ma pur sempre facente parte del piano predisposto da Ettore. La sua identità ‘inglese’ lo lascerebbero sospettare. Oppure, Majorana si è dotato a Palermo di un passaporto falso, per ingenerare altri equivoci. Chi pretenda di rifarsi a fantasiose invenzioni di altro genere (oppure intenda scrivere qualcosa di sensato sul terzo passeggero ‘inglese’ della cabina n. 37 a tre letti: tale affermazione fu fatta a Strazzeri da uno dei fratelli di Ettore), deve tener conto che è impossibile che un turista non abbia lasciato tracce in un qualche albergo o locanda di Palermo e poi di Napoli.
Se si ipotizza che il prof. Vittorio Strazzeri81 (non facente parte della congiura), abbia viaggiato quella notte con gli assassini, per prima cosa occorre precisare quando avvenne quel viaggio notturno (se la notte tra sabato e domenica o la notte successiva),
Ma è anche possibile che Ettore non si sia mai recato a Palermo, qui agendo suoi emissari, i quali compirono il viaggio di andata, quanto dovevano fare a Palermo su autografi già predisposti, infine compiendo il viaggio di ritorno e poi realizzando altri depistaggi, a Napoli, nei giorni successivi.82 Colpisce senz’altro il mutismo di uno dei due passeggeri, riferito da Strazzeri.83 Dalla cabina n. 37 sparirono nel nulla due passeggeri su tre.84
L’ipotesi ‘ibseniana’, che è d’accesso rispetto all’ipotesi Klingsor, mostra e dimostra che il caso era veramente differente. Non ha alcun senso far intendere un suicidio in mare, quando poi la mattina dopo si afferma che si ritornerà immediatamente per nave. Per cui, l’espressione melodrammatica Il mare mi ha rifiutato è la vera chiave del giallo.85 Il semplice ‘sospetto’ di ‘filonazismo’ da parte di Majorana già aveva fatto gridare allo scandalo Amaldi, che non vi ravvisava alcun fondamento, per quanto assai singolari vicende abbiano riguardato una famosa lettera di Ettore scritta da Lipsia, nel 1933, all’‘ebreo’ Emilio Segrè, poi discusso e contestato premio Nobel in un tardivo processo in America, che dal 1935 teneva la cattedra di fisica sperimentale a Palermo, lettera ‘sgradita e offensiva’, che sarebbe andata perdura nel 1956, con l’affondamento dell’Andrea Doria, ma che fu poi ritrovata e pubblicata,86 per la quale si verificò un vivace scontro tra Sciascia e Segrè (L. Sciascia, Majorana e Segrè, in Fatti diversi di storia letteraria e civile, Sellerio, Palermo, 1989, pag. 129 ss.: vicenda incredibile, ma verissima. Quest’altro ‘giallo’ Majorana certamente non poteva prevederlo).
Ettore vuol far remotamente sapere, in filigrana, ai suoi familiari, che non si è tolto la vita. La donna del mare è un dramma di Ibsen scritto nel 1888, che ha riguardo all’ignoto e ai traumi infantili, e alla liberazione di una scelta o decisione finale, consapevole e meditata. Erik Ibsen soggiornò a lungo a Roma, in prolungati periodi, tra il 1864 e il 1891, e nelle sue memorie figurano, in modo particolarmente marcato, gli stati d’animo del suo primo viaggio da Copenaghen a Roma, passando da Berlino. Nel 1866, Ibsen scrisse, proprio a Roma, un dramma in versi sul tema della ‘missione divina’ o ‘vocazione’, percorso da molteplici implicazioni simboliche, non soltanto religiose. Ibsen soggiornò anche in Campania.
Oswald Spengler (morto nel 1936) aveva scritto Der Untergang des Abendlandes sull’incombente catastrofe della civiltà occidentale – opera certamente nota a Majorana, con la quale il filosofo aveva rivendicato al popolo tedesco il diritto all’egemonia politica e teorizzato la necessità dell’obbedienza allo stato. Ettore era di destra, un fervido ammiratore della Germania, ma quella era anche la Germania di Hitler (dunque era anche un ammiratore di Hitler).87
In questa ‘scelta’, simile alla morte o a un viaggio senza più ritorno, se non da vincitori, non ci poteva essere – certamente – neppure un solo granellodi egoismo.88 E non dovevano certo sfuggirgli i rischi connessi (nazismo compreso, con le sue esasperazioni estreme e contro il senso stesso dell’umanità), se per ben quattro anni, prima dell’assegnazione nel 1937 della cattedra universitaria per ‘chiari meriti’ e dopo il suo ritorno da Lipsia, alla fine dell’estate del 1933, si era isolato in uno studio forsennato di cui non si hanno però tracce scientifiche. Più che di fisica in quel periodo si interessava di economia politica, delle flotte dei diversi paesi e dei loro rapporti di forza, delle caratteristiche costruttive delle navi.89
Egli restò per tutto il tempo della sua vita prigioniero di una lucida razionalità e del freddo calcolo. Ma la svalutazione del mondo dei sentimentiera in lui solo apparente eforzata.90
Sciascia ricorda le eccezionali capacità matematiche del bambino prodigio, che a tre-quattro anni si nascondeva ‘per vergogna’ sotto il tavolo, quando gli davano da risolvere calcoli assai complicati (estrazioni di radici, divisioni a più cifre), soprattutto per un bambino di quella tenerissima età. E ricorda anche la facilità con la quale verificò, in una sola notte (avrà anche dormito), al primo incontro con Fermi, col quale ebbe in seguito più di un’occasione di scontro e di contrasto, una complicata ‘tabella’ di calcolo del Papa romano della fisica d’avanguardia, che aveva richiesto giorni e giorni interi di lavoro, trasformando in questo caso l’equazione Thomas-Fermi in un’equazione di Riccati.91
Majorana non andava d’accordo con Fermi e il gruppo di allievi adoratori del Maestro.92 I suoi interessi erano sovrastanti, in definitiva batteva soltanto la sua strada, aggiornatissimo com’era, rispetto alle frontiere della ricerca.93 E’ possibile che avesse mantenuto un remoto contatto con i fisici tedeschi e che comunque lavorasse in nuove direzioni, probabilmente anche antirelativistiche.94 Infine nulla esclude che avesse potuto in qualche modo anticipare le stesse concezioni della ‘teoria della coerenza’ di un Giuliano Preparata (Dai Quark ai cristalli, Bollati Boringhieri, 2002), che si fosse già precocemente incamminato in quella direzione al cui termine potrebbe esservi la teoria della ‘fusione fredda’ e anche il completamento della teoria rivoluzionaria del ‘doppio decadimento beta’ e delle forze di scambio del nucleo.95 Anche se soltanto nel dicembre del 1938 (il giorno del solstizio) Otto Hahn era pervenuto alla ‘fissione’ del nucleo pesante e instabile dell’uranio (isotopo U-235: nucleo dispari), un genio come Majorana poteva essersi già reso teoricamente conto della possibilità della fusione e della reazione a catena, con liberazione di energia di legame. Nulla esclude (anzi molti indizi inducono a ritenere) che avesse compreso già alla fine del 1934. Vale la pena d’osservare incidentalmente che Ettore avesse ben afferrato anche i principi basilari della “fusione” nucleare, cioè i processi stellari studiati proprio in quegli anni.96
Majorana era un genio teorico, un fisico e un matematico di grandissima classe, capace di mettere in imbarazzo chicchessia e di correggere gli stessi lavori di Heisenberg e di Dirac. Probabilmente, era un genio assoluto. Ma era anche un genio insoddisfatto, scontroso, scorbutico, poco comunicativo e assai perfezionista. A suo avviso la fisica stava imboccando una strada sbagliata.97 Nel 1932, si era accorto che i coniugi Joliot-Curie avevano scoperto – senza volere e senza saperlo – il ‘protone neutro’, poi chiamato ‘neutrone’, ma non volle pubblicare nulla al riguardo. Nel forsennato periodo di studio solitario, tra il 1934 e il 1937, ugualmente non aveva pubblicato lavori scientifici, ma doveva averne prodotti diversi.
Dove sono finiti questi lavori? Sono spariti anche alcuni documenti contenuti nella famosa ‘cartellina’ personalmente consegnata la mattina di venerdì 25 marzo 1938, che non era giorno di lezione, giorni precedenti la all’allieva Gilda Senatore. 98
Se Majorana fuggì segretamente in Germania, allora perché il grande segreto scientifico della “fissione nucleare” fu rivelato da Berlino (al KWI), con Otto Hann e Lise Meittner, sua collaboratrice ‘ebrea’, ottimo fisico, scappata via poco prima, passando la frontiera con un passaporto scaduto? Pochi giorni prima Fermi aveva ricevuto a Stoccolma il premio Nobel per la fisica dei neutroni, anticipatogli in estate da Bohr violando le regole. Hitler aveva impedito ai fisici tedeschi di accettare premi Nobel. Possiamo registrare soltanto queste anomalie, tanto più che Fermi, prima di poter scappar via dall’Italia, era spiato nel suo nuovo Istituto (se ne era reso conto: i telefoni era controllati).99
5* Insomma, Majorana avrebbe architettato la sua “scomparsa” in modo fattuale, però non senza lasciare almeno una traccia a conforto dei suoi familiari, che lo conoscevano bene, e che potevano a un certo punto, dato il silenzio, vagliare attentamente tutte le sfumature, rendendosi così conto dello stato di necessità in cui egli era costretto ad agire. Talvolta la ‘verità’ è aleatoria, spesso è spiacevole. L’ipotesi ‘ibseniana’ o ‘spengleriana’ è asservita all’ipotesi Klingsor, il ‘suonatore’; se vogliamo, a quell’erba maggiorana che tanto ricorda – nel nomen – l’allusiva suonata in Re Maggiore di Bach, piuttosto che il Parsifal di Volpi.
Volpi non cita Majorana’ né fa alcun riferimento alla sua figura. Tuttavia si comprende dalla narrazione dei ‘fatti’, per quanto assai intricati, che questo Klingsor non è Heisenberg, il primo sospettabile, e neppure quel ‘Gustav Links’, altro personaggio che compare all’inizio e poi meglio alla fine, ma sempre presente come ‘io narrante’, un matematico di Lipsia, che si ritrova prigioniero, negli anni Settanta, in un manicomio della Germania dell’Est. Neppure questo Links è realmente ‘Klingsor’, ricercato ‘tenente Bacon’ della missione ‘Alsos’, sfuggito a ogni cattura, a ogni processo, e di cui non resta nessuna traccia, oltre a un semplice nome convenzionale e alla mera pista dei nudi fatti. Egli soltanto aveva diretto il vero progetto atomico tedesco, non Heisenberg.
E’ un romanzo, ma non possiamo non domandarci a chi potrebbe aver alluso Volpi. Poteva riferirsi a Majorana, grandissimo matematico e fisico teorico, che come figura scientifica, sovrastando Fermi, sovrastava anche Heisenberg. Majorana ‘nazista’ (ipotesi già avanzata in passato) farebbe torto a questa grande figura, del resto estranea ai crimini nazisti.
Fuggendo, a rischio di gravissimo reato di alto tradimento, era consapevole dell’‘olocausto’personale, quella sua scelta di donazione incondizionata, senza ritorno per molti anni, cui si poteva accompagnare, in tale ipotesi, il termine di scomparsa da lui stesso adoperato.100
La storia della ‘bomba atomica’ tedesca non è chiara.101 Lo prova, tra l’altro, il misterioso e controverso incontro, o tentativo di abboccamento di Heisenberg con Bohr, a Copenaghen, nel settembre del 1941, quando la Germania nazista sembrava trionfare in tutta Europa. In quest’occasione sarebbe stato esibito anche un disegnino contenente lo schema del reattore nucleare (la ricostruzione di questo singolare incontro, con le versioni dei protagonisti e dei loro critici, si trova nella monografia di M. Cattaneo dedicata a Heisenberg, Quaderno delle Scienze n. 17, novembre 2000, al paragone di quella risultante nel romanzo di Volpi).
L’autobiografia di Werner Heisenberg (Fisica e oltre) tralascia quasi tutto, apparendo come versione addomesticata di assai più articolati e complessi eventi, in verità drammatici. In quest’opera Majorana non è mai citato. Un silenzio davvero inspiegabile, considerata la statura scientifica dell’italiano e gli strettissimi rapporti con il tedesco (le cui teorie erano state, nel 1933, corrette da M.).102
Arrivarono i tedeschi a un prototipo di arma nucleare?103 Contrariamente alla versione diffusa, che neppure la pila atomica di Heisenberg avrebbe mai funzionato, un sospetto di notevole profilo deriva dall’aver i tedeschi puntato tanto sulla missilistica (W. von Braun si rifarà una ‘carriera’ negli Stati Uniti ), l’attuale strategia fondamentale.
C’è la testimonianza dell’inviato speciale di Mussolini, il giornalista del Corriere della Sera Luigi Romersa, che avrebbe assistito nell’ottobre del 1944, nell’isola di Ruegen, sul mar Baltico, all’inerno di un bunker, all’esplosione di un ordigno d’inaudita potenza per quei tempi. Ci sarebbe poi il ‘mistero’ dell’esplosione improvvisa della corazzata “Roma” (un pennacchio alto più di un chilometro e 1252 morti su un totale di 1849 uomini : foto riportata dall’Enciclopedia Militare Rizzoli- Purnell, vol. VI, pag. 219), colpita il 9 settembre del 1943, da bombe d’aereo tedesche teleguidate presso le Bocche di Bonifacio (che ancora presentano tracce di radioattività, però giustificabili con la presenza di una base Nato). Il fisico Carlo Bresciani ha avanzato l’ipotesi che la corazzata trasportasse una specie di bomba atomica . La realtà supera la fantasia?
Secondo una ricostruzione (A. Trizzino, Settembre nero), un’altra bomba tedesca FX attraversò la Littorio e scoppiò in mare. Dalla falla che si produsse entrarono 800 tonnellate d’acqua, ma la nave si rimise in formazione. L’ammiraglio Bergamini non intendeva assecondare l’ordine di consegna a Malta, anzi neppure fece ‘ornare’ la sua ammiraglia Roma, colpita da un’unica bomba affondò in un attimo, dei previsti contrassegni neri di riconoscimento. Forse intendeva dirottarsi verso un porto neutrale del Mediterraneo, molto probabilmente la Spagna. Un aereo alleato assiste indisturbato all’affondamento. Si trattava di un ricognitore americano, con equipaggio inglese (sic), che era andato ‘a gettare un’occhiata’. [Trizzino riporta anche la sua fonte, che è Butcher, uno storico inglese: quante stranezze].
Le sorprese non finiscono qui. Solitamente anche gli autori più informati che si sono occupati del nazismo e della storia della seconda guerra mondiale tacciono volentieri sulla tecnologia militare tedesca (per es. J. C. Fest, Ilvolto del Terzo Reich, libro comunque assai importante).
E’ proprio vero che il ministro Albert Speer mo – dal giugno del 1942 – avrebbe mollato con l’atomica tedesca, come racconta Heisenberg? E’ poi chiaro che anche i tedeschi tenevano sott’occhio il progetto americano ( E. Gimpel, La spia tedesca,1966 ). Gimpel, l’agente n.146, fu mandato alla ‘caccia di segreti atomici’, sbarcato nel 1944 in America da un sottomarino oceanico tedesco (non importa se presto individuato e catturato).
Più in dettaglio si veda B. Spampanato (Contromemoriale, Edizioni di Illustrato, Roma 1952). Anzitutto (vol. III, pag. 238 ss., appendice storica), c’è la nota ‘segretissima’ dell’Ambasciatore della R.s.i. Filippo Anfuso, da Berlino, 26 luglio 1944, sulle V-2 e sui successivi modelli (si arrivava fino alla V-10 , che distruggeva nel raggio di dieci chilometriogni elemento di vita). C’è poi la testimonianza del Magnifico Rettore dell’Università di Bologna (vol.II, pag. 29), prof. Goffredo Coppola, fucilato a Dongo, che ritornato da un congresso scientifico in Germania, così riferisce (il 16 febbraio 1945): I tedeschihanno trovato il mezzo per disintegrare l’atomo. E’ una scoperta elettronica, La disintegrazione avviene a cicli successivi e prende aree vastissime di diecine di chilometri. Nei laboratori si lavora in pieno.
E’ il sogno a occhi aperti degli sconfitti, all’ultima spiaggia? Sentiamo quel che sostenne il generale Rodolfo Graziani (incriminato e sottoposto a processo presso la Corte d’Assise speciale di Roma per essere condannato nel1950 a 19 anni di carcere, di cui 2/3 condonati), nelle dichiarazioni rese in giudizio: Quanto alla bomba atomica io ho letto nel campo d’Algeria (durante il periodo di prigionia), e l’ho udito alla radio, un discorso di Churchill chealzava un inno alla Provvidenza Divina: I tedeschi ci precedevano di sei mesi nella costruzione della bomba atomica, ringraziamo Iddio el’Onnipotenza Divinache ci hanno evitato la distruzione dell’Inghilterra. Aggiunge Graziani che sarebbe stato Otto Hahn aconsegnare agli alleati alcuni segreti atomici, mentre la fonte dell’ambasciatore a Berlino Filippo Anfuso104 era un elemento sicuro: un italiano nato in Germania e da tempo investito di funzioni di responsabilità nel ConsorzioJunker (B. Spampanato, op.cit., vol.III, pag. 238 e pag.239).
Secondo lo stesso Spampanato, in un incauto discorso del 6 agosto 1945, subito dopo la prima esplosione atomica in Giappone, Truman, da poco Presidente per la morte di Roosevelt il 12 aprile, si sarebbe fatto trascinare dall’euforia, affermando testualmente: Il Giappone conoscerà quantoprima altrisegreti militari preparati a Berlino. Una tale affermazione non esime, infatti, da alcuna responsabilità morale. Solo dopo la fine della guerra si cominceranno a conoscere i primi particolari sulle ‘armi segrete’ tedesche, ma secondo Bruno Spampanato, i vincitoriimporranno presto sull’argomento unnuovo ermetico segreto (vero o falso che sia).105
6* La missione segreta americana ‘Alsos’ (capeggiata dal generale Leslie Groves già a capo del Progetto Manhattan: in italiano boschetto e in greco alsos, scientificamente coordinata da un fisico ebreo emigrato in America, l’olandese ‘ebreo’ Samuel Goudsmit, che non aveva in alcun modo preso parte al Progetto Manhattan e che non perdonerà mai a Heisenberg di non aver fatto nulla per salvare dal campo di sterminio nazista i suoi genitori che erano rimasti in Olanda), era stata incaricata dal Governo americano dell’obbiettivo primario dello spionaggio atomico e della successiva caccia agli scienziati nazisti quale misura d’appoggio dell’arma nucleare che si stava in tutto segreto allestendo a Los Alamos, dopo la famosa lettera di Einstein a Roosevelt, scritta nel 1939.106
Intantol’esistenza di queste nuove armi (Flat Man e Little Boy, come vennero denominate) fu portata conoscenza del presidente Truman in una riunione riservata, uscendo dalla quale l’ammiraglio Leahy, che vi aveva partecipato, così si espresse: Si trattadella cosa più stravagante che abbia mai sentito… La bomba nonfunzioneràmai. Io me ne intendo. Sono un esperto di esplosivi (R. Cartier, Storia della seconda guerra mondiale, Vol. III, pag.856, Mondadori, 1968).
Con l’Alsos fu possibile acciuffare Heisenberg, che non aspettava altro, rifugiato nella sua villetta di Urfeld, in Baviera, a non più di duecento chilometri dai villaggi di Hechingen e Beisingen, nella Foresta Nera, dove in ampie caverne, erano stati messi al riparo, verso il fronte ovest, le strumentazioni e gli armamentari atomici (compresi quelli missilistici), delocati a seguito dei bombardamenti alleati e poi sgomberati del tutto da Berlino, sede dell’Uran-Verein (il Club dell’Uranio tedesco).107
L’Alsos aveva passato il Reno nel marzo del 1945. I Russi stavano accerchiando Berlino. La Germania era stretta tra due fronti, anche se un ampio territorio, soprattutto il Nord Europa, restava sotto il suo controllo.
Hitler viveva rinchiuso nel bunker della Cancelleria sotto metri di cemento armato, insieme a Goebbels e Martin Bormann. Si erano già avuti da più parti alcuni controversi tentativi di abboccamento per un armistizio. Il drammatico quadro politico-militare della Germania è permeato in quest’ultimo periodo da trame nascoste. Siamo ormai alla resa dei conti. Il 30 aprile il suicidio di Hitler, al quale i russi non vorranno credere per lungo tempo, seguito da quello di Goebbels. Bormann vuole sopravvivere. Dopo l’inutile tentativo notturno del generale Krebs di negoziazione di un armistizio con i Russi, la situazione si fa ancora più caotica. Siamo alla notte del 1 maggio. Bormman tenta la fuga da Berlino secondo un preciso itinerario (per la ricostruzione di queste ultime ore di Berlino si vedano, ad es., R. Cartier, La seconda guerra mondiale, vol.III, pag. 872 e ss.; A. Tully, Le ultime ore di Berlino, 1971; G. Boldt, Erocon Hitler, 1967; e soprattutto H. Trevor-Roper, Gli ultimigiorni di Hitler).
La mattina del 2 maggio (non del 3) il colonnello Pash dell’Alsos (con una impresa quasi inverosimile, condotta dentro le linee tedesche: M. Bar-Zohar, La caccia agli scienziati nazisti, 1971, pag. 85 e ss.), arresta Heisenberg, nella sua casa di montagna di Urfeld, dove si trovava anche l’abitazione di Colin Ross, il noto scrittore nazista americano, rifugiatosi in Germania, autore di Unser Amerika. Ross si suiciderà quella mattina stessa dopo aver ucciso i suoi familiari. Pash bussa all’uscio dello chalet, e pochi istanti dopo un uomo apre. Professor Heisenberg, conosco degli scienziati assai desiderosi di vedervi e di parlarvi. Da questo momento consideratevi prigioniero dell’esercito americano.
E’ la mattina del 2 maggio e siamo ancora dentro le linee tedesche.Nella ricostruzione di Volpi (pag. 427) Heisenberg sarebbe stato arrestato la mattina del 3 maggio. Questa data è sbagliata. I militari del colonnello Pash lo raggiunsero la mattina del 2, e soltanto il 3 maggio Heisenberg, che attese a Urfeld un giorno intero, fu assicurato dagli Americani.
Assai incerte si presentano altresì le datazioni degli eventi riguardanti le notizie positive (se non addirittura l’allestimento) del Trinity Test di Alamogordo, durante la conferenza di Potsdam, nei pressi di Berlino, che alcuni autorevoli storici fissano al 16-17 luglio (si veda in particolare la ricostruzione fatta da D. Elstein in Enciclopedia Militare Rizzoli-Purnell, vol.VI, pag. 483 e ss.).
E’ nostra impressione che l’incertezza o la confusione delle date potrebbe nascondere qualche sospettabile mistero. Infatti, anche altre ricostruzioni dei fatti appaiono incerte e contraddittorie. Evitiamo ogni approfondimento per semplici ragioni di spazio e di convenienza.
Quella stessa notte Martin Bormann108 ha cercato la fuga dal bunker della Cancelleria, tentando di superare la morsa avvolgente dell’accerchiamento di Berlino.109
Simon Wiesenthal, il noto cacciatore di criminali nazisti, è dell’opinione che effettivamente Bormann sia morto quella notte, a Berlino, meglio, si sia avvelenato, constatando l’impossibilità di forzare l’accerchiamento (S. Wiesenthal, Giustizia, non vendetta, 1989, pagg. 137-139). Tuttavia, la morte di Bormann è tutt’altro che certa (si sa soltanto che fu visto da Axmann, accasciato a terra, ma non ferito e sanguinante, e anche da altri scampati all’accerchiamento di Berlino).
Secondo Trevor-Roper la questione relativa a Bormann rimase insoluta fino al 1972, quando durante certi lavori di costruzione in quell’area dove erano stati visti l’ultima volta (nel quartiere berlinese di Moabit, fra la Lherterbanhof e la Invalidenstrasse) i presunti corpi supini di Bormann e di Stumpfegger, furono per caso ritrovati i resti di due corpi, e si poté riconoscere dal’arcatura dentaria (per i dettagli medico-legali, si veda Storia Illustrata, n.189, agosto 1973, pag. 4-5 ), proprio quello di Bormann.110 Quindi la testimonianza di Axmann e altri sarebbe esatta, col piccolo dettaglio, però, che i due transfughi dal bunker non erano stati colpiti alla schiena, ma si erano (ambedue) avvelenati. Una storia, questa, che ha, comunque, qualcosa di ‘incredibile’.
In ogni caso, Martin Bormann fu processato in contumacia a Norimberga e fu condannato a morte. Ma al grande processo contro i criminali nazisti mancavano tutti i massimi esponenti del regime, e la morte di Hermann Goering (che si sarebbe suicidato con un fiala di cianuro passatagli dentro un pezzo di sapone dal generale Bach-Czelewski) è connotata da assolute stranezze. Quando si dice il perfido, inafferrabile ‘Klingsor’(non lui, ma il suo segreto).
Apriamo un’altra ‘finestra’. Madaleine Duke (mensile Historia, n.31, anno IV, giugno 1960, pag. 80 ss.) racconta in prima persona di quando nel 1946, a Vienna, prese parte attiva alla fuga dai Sovietici dello scienziato atomico tedesco Hans von Hassler e dei suoi due assistenti, Dornig e Kellerman, tutti e tre scomparsi subito dopo la caduta di Berlino.
Nel numero 12 di Historia del novembre 1958 (anno II, pag. 44 ss.) figura invece, sempre in prima persona, un articolo di H. Schaeffer sulla missione segreta (sempre in completa immersione ) del sommergibile oceanico tedesco U-977 (analoga avventura quella dell’U-530), diretto in Argentina subito dopo la caduta di Berlino, e, perciò, sospettato di aver trasportato, dopo un lungo e pericoloso viaggio, proprio il Fhurer ed Eva Braun sulla spiaggia del Mar del Plata. L’autore respinge l’accusa, ma non chiarisce lo scopo di quell’ultima missione, caratterizzata da stranezze, compreso un ordine degli Alleati (sic), che la farebbe restare avvolta nei soliti veli del mistero.111
6* La nostra ipotesi Klingsor (qui ispirata al romanzo di J. Volpi), è giunta al suo epilogo. E se questo sommergibile, poniamo, avesse trasportato, in Argentina, Bormann e Majorana ?112
Scatenando la fantasia (un’incredibile realtà romanzesca),113potrebbe essere andata così. Majorana si trovava ancora a Berlino. Lo sapeva bene Bormann, e glielo avevano confermato sia Speer, che Goebbels, e la stessa missione von Greim, cosicché quella notte lo prelevò per portarlo con sé. Era già concordato da qualche giorno. Hitler aveva fatto assegnazione sul segreto atomico, la cui mancata realizzazione era soprattutto dovuta ai bombardamenti alleati e alla mancanza di mezzi. La teoria c’era già tutta. Il prezioso ostaggio era una pedina di scambio anche con i Russi; ma poteva esserlo anche con gli Americani, ovviamente in funzione antisovietica. Bormann sarebbe riuscito a fuggire da Berlino con l’aiuto dei servizi segreti americani. Axmann (se la testimonianza è credibile) lo vede riparato a terra. L’altro compagno di fuga forse non è Stumpfegger, ma Majorana (Bormann era alto come lui, un metro e sessantotto).
Bormann riparò in Argentina col consenso americano e qui sarebbe morto (altro giallo irrisolto fino a quando vi mise mano il procuratore generale di Berlino nel 1972, ma questa ricostruzione sarebbe fittizia). Soltanto dopo la morte effettiva di Martin Bormann sarebbe stato inscenato dai servizi segreti americani, con la complicità di quelli tedeschi, il falso ritrovamento del suo cadavere, per l’esattezza soltanto una parte del cranio.
Con Majorana, superato l’accerchiamento di Berlino, cosa che del resto fecero altri scampati, anche donne, Bormann si sarebbe consegnato agli alleati, che nel frattempo erano già stati avvertiti di questa possibilità di poter mettere le mani sui segreti nucleari tedeschi, e dunque si erano dichiarati d’accordo.114
Anche Heisenberg, contattato dall’Alsos, prima dell’arresto a Urfeld, aveva fornito delle informazioni. Majorana metterà in grado gli Americani, e questi soltanto, di fare i calcoli di ‘implosione’ della bomba al plutonio, senza i quali le testate, non ancora completate, sarebbero rimaste inutili.115
Il progetto atomico americano – quello al plutonio, cioè il vero progetto –che si era arenato su difficilissime questioni matematiche,116 non risolte neppure da von Neumann [il costruttore del primo calcolatore elettronico, al quale i tedeschi erano arrivati nel 1944, che faceva a gara di calcoli rapidi con Fermi, munito soltanto di un regolo, mentre Fermi, a Roma, era regolarmente sconfitto da Majorana, che faceva i calcoli a memoria, girandosi a lato della lavagna], può riprendere in pieno, e di lì a poco, il 16 luglio, appunto, può essere realizzato, ad Alamogordo, il Trinity test, al quale assistono, tra gli altri fisici, anche Fermi e Segrè.
Narra lo storico inglese Liddell Hart nella sua Storia della seconda guerramondiale che nel pieno corso della conferenza di Potsdam fu recapitato un telegramma a Churchill con l’annuncio della felice nascita dei gemelli il giorno prima (sic). Le date riportate da questo storico sono testualmente il 13 e il 14 luglio (sic). Il Trinity Test sarebbe avvenuto alle 5.30 della mattina del 16 luglio, ora locale. L’esplosione sperimentale riguardò Flat Man (il grassone), cioè la bomba al plutonio, che esploderà sul Giappone soltanto il 9 agosto, mentre Little Boy (la testata all’uranio) esplode il 6. Qui qualcuno si è sbagliato?117
Ci sono altre stranezze. Alla fine del 1942 si diffuse in America il terrore che Hitler si accingesse a lanciare sulle città ‘bombe piene di materiale radioattivo’.118 Questa paura si era rinnovata in occasione dello sbarco in Normandia. Subito dopo l’otto settembre del 1943 e l’inizio dell’estate del del 1994, gli addetti militari della missione Alsos frugarono tonnellate di scartafacci’ prima all’Università di Napoli (!), poi a Brindisi e a Taranto (M. Bar-Zohar, op. cit., pag. 40). Nel 1944 i militari dell’Alsos interrogarono a Roma Amaldi, il ‘cucciolo’ dell’istituto di Via Panisperna, che conosceva bene Majorana. Lo stesso Fermi fu sollecitato a fornire ogni elemento utile sui propri amici e collaboratori restati in Italia. Perché?
Il giorno prima dello scoppio dell’atomica in Giappone (6 agosto), Goudsmit, che si trovava a Berlino e, si noti bene, non aveva in alcun modo preso parte al progetto Manhattan, fu ‘arrestato’ dalla polizia militare americana e ‘messo in sicurezza’. Per quale motivo?
La fumosa e rocambolesca ‘ipotesi Klingsor’ (non il romanzo di Volpi) si colora sempre di più di tinte ‘gialle’, e non si tratta di ‘realismo fantastico’, alla Pawuels e Bergier, bensì di un quadro indiziario quantomeno inquietante, anche se magari non del tutto convincente, e, anzi, piuttosto incredibile nel suo (raffazzonato) collage: ma c’è un’altra serie di fatti sorprendenti.
La notte tra il 22 e il 23 aprile, Albert Speer, il quarantenne ministro tedesco degli Armamenti, si presenta nel bunker del Fuhrer, proveniente in automobile da Amburgo. Da Rechlin, dove aveva appreso che non era più possibile raggiungere Berlino via terra, si era fatto portare con un aeroplano da turismo all’aeroporto Gatow, all’estremità occidentale della capitale, per raggiungere poi il bunker della Cancelleria con mezzi di fortuna. Giunto alla presenza di Hitler ammise tutte le sue ‘colpe’ quanto al ‘sabotaggio’ dell’ordine di distruzione totale degli impianti produttivi e militari che aveva ricevuto, ma il Fuhrer – sorprendentemente – non lo fa arrestare, ed anzi la conversazione continuò, spostandosi su molti altri temi. Stranamente, quella notte Hitler era sereno. Hitler aveva sperato che come Federico II di Prussia si era potuto salvare all’ultimo momento, così l’improvvisa morte di Roosevelt avrebbe rovesciato in qualche modo la situazione drammatica nei confronti dei Russi. Hitler confidava che con l’elezione di Truman, avvenuta il 12 aprile, appena pochi giorni prima, sarebbe completamente cambiata la politica americana nei confronti della Germania. Qual era il reale fondamento di questa speranza?
Allo stesso modo Mussolini nell’ultimo discorso del Teatro Lirico di Milano il 16 dicembre 1944 aveva fatto un accenno alle ‘armi segrete’ dei tedeschi, capaci di rovesciare le sorti di una guerra, altrimenti perduta. Quest’accanimento disperato delle forze dell’Asse a resistere a ogni costo era alimentato da qualche remota speranza? Affermo il Duce della R.s.i., in un passo di questo discorso: Non si tratta di armi segrete, ma di armi nuove che – è lapalissiano il dirlo – sono segrete sino a quando non vengono impiegate in combattimento.119
Il 24 aprile 1945 l’accerchiamento di Berlino è completato. Rispondendo alla convocazione di Hitler, il generale von Greim raggiunge Rechlin, e all’alba del 26 aprile, scortato da un gruppo di caccia, prende il volo per l’aeroporto berlinese di Gatow. Il pilota del suo biposto Focke Wulf è una donna, l’aviatrice Hanna Reitsch, ardimentosa, fedele e fanatica, che ha voluto quest’ultima occasione per rivedere il Fuhrer. A Gatow la Reitsch e Greim si trasferiscono su un Fieseler-Storch e con quest’ultimo ai comandi volano rasenti ai tetti, su Berlino in fiamme, per portarsi presso la Porta di Brandeburgo, con il generale che però ha perso conoscenza, colpito da un proiettile a una gamba, e Hanna che si è dovuta mettere ai comandi.
La Reitsch riesce ad atterrare; trovano un’auto, e arrivano alla Cancelleria. Qual era il vero scopo di questa ‘missione impossibile’, oltre a quello apparentemente dichiarato, e invero assai poco credibile, di una semplice promozione?
Passano alcuni giorni (siamo arrivati alla sera del 28 aprile), e la Luftwaffe del generale Greim compie ripetuti sforzi per liberarlo dalla trappola di Berlino; alla fine, un piccolo apparecchio, un aero-scuola Arado 96, riesce ad atterrare intatto. Bormann, nel frattempo, si era domandat cosa ‘stessero a fare i due’ (così le fonti). Si è fatta l’alba del 29, e Greim, gravemente ferito, viene trasportato da un carro armato per superare le poche centinaia di metri che separano la cancelleria dall’asse sudovest. Greim deve immediatamente recarsi da Donitz, per catturare Himmler!120 Hanna Reitsch, con abilità straordinaria, riesce a far decollare l’Arado, riconducendo Greim a Rechlin.121 Perché tutto questo?
Il 30 aprile, alle 15.30, Hitler si suicida.122 La notte tra l’uno e il due maggio, Bormann e altri tentano la fuga dal bunker. La mattina del 2 maggio (non del 3) Heisenberg è già in mano agli americani del colonnello Pash, ancora dentro le linee tedesche, tra le quali il piccolo nucleo di militari della missione Alsos si era sorprendentemente e inopinatamente incuneato (altra stranezza).
Poiché dobbiamo rimanere onesti e ponderati, ci chiediamo se si può fare torto alla memoria del grande Ettore Majorana, accusandolo di nazismo, nonostante il giallo dei presunti ‘taccuini’ misteriosamente fatti recapitare, dopo la ‘scomparsa’ e comunque prima della guerra, al prof. Valerio Tonini. I “taccuini di Majorana” (meglio: degli appunti su carta consunta e quasi illeggibili, scritti con calligrafia falsata e probabilmente apocrifi, andati in seguito perduti durante un bombardamento su Cagliari, ma restati impressi nella memoria di Tonini), restano un ‘mistero’ dal momento che non si può mettere in discussione la sincerità di un uomo il cui fratello Giulio si suicidò negli anni trenta, alla vigilia di una brillante laurea in giurisprudenza, buttandosi dalla Torre di Pisa.123
In chiusura vorremmo ricordare almeno due cose. Majorana era un uomo umanamente buono e nobile, un genio autentico, superiore a Fermi (come Fermi stesso riconosceva). Sempre controversi sono stati del resto i difficili rapporti tra potere politico e scienza (si veda al riguardo il saggio di D. Minerva e C. Bernardini, La scienza e il potere, 1992, con un intero capitolo dedicato alla bomba atomica, come pure le memorie del fisico inglese F. Dyson). La storia è una congiura, e crediamo per davvero che in essa agiscano e interagiscano gruppi di potere, magari i più diversi tra loro.124 Se anche Majorana, poniamo il caso, fosse realmente fuggito in Germania, anziché suicidarsi (per poi riparare in Argentina, dove sarebbe stato effettivamente visto da alcuni testimoni, oppure finire come l’uomo cane di Mazara del Vallo, o, piuttosto, ritirarsi in un convento),125 però la bomba atomica tedesca non è stata mai impiegata (e diciamo, anche, mai costruita). Questo è certo, forse proprio perché (sempre in ipotesi) vi si oppose Majorana, che non collaborò più, e, a nostro giudizio, egli era uno scienziato superiore a Fermi, in grado di stabilire tutti i fondamenti teorici di una bomba ancor più potente di quelle a fissione, all’uranio 235 o al plutonio [seguite poi dalle bombe all’idrogeno in pieno maccartismo], che furono sganciate sul Giappone il 6 e il 9 agosto 1945, con la ‘cieca forza’ del Sole.
***
[Il progetto atomico tedesco era suddiviso in gruppi in competizione. Heisenberg non era l’unico punto di riferimento. E’ pur vero che a un certo momento Heisenberg si trovò a capo del progetto del reattore, che sembra non abbia mai funzionato, ma questo sarebbe soltanto un aspetto parziale e delimitato dell’intera faccenda. Werner Heisenberg, i cui sospetti di fedeltà al nazismo – nonostante la vicenda con Stark, nel 1937, e le accuse di ‘ebreo bianco’ – appaiono lungi dall’esser stati chiariti, fu prontamente riabilitato, subito dopo l’internamento inglese a Farm Hall, insieme agli altri fisici tedeschi messi sotto osservazione. Rientrato in Germania costruì i primi reattori atomici tedeschi, il cui prototipo fu venduto all’Argentina negli anni cinquanta. Nessuno ha mai scritto la ‘vera storia’ della bomba atomica, per quanto alcuni autori alternativi abbiano tentato di battere un nuovo orizzonte, al di fuori dei canoni. A raccontare la storia dell’atomica tedesca ci provò Thomas Powers, da un punto di vista alternativo, però messo in dubbio dal fisico Richard Peierls. Molto oscuri restano sia i motivi, che i contenuti, del famoso incontro tra Heisenberg e Bohr nel 1941, a Copenaghen, e traendo spunto dal dramma Copenaghe’ di Michael Frayn, che raccolse straordinario successo a Londra, a Parigi e a New York, Abraham Pais (famoso biografo di Einstein), spese altre parole su questa vicenda, nella biografia di Bohr. Pochi sanno che il fisico olandese Samuel Goudsmit, con la pubblicazione delle sue Memorie, sollevò involontariamente, nei primi anni sessanta, il formidabile scandalo della Cellastic, una ditta di Amsterdam che durante la guerra fungeva da paravento per i tedeschi, per l’acquisto di brevetti in tutto il mondo, e che aveva sede nella capitale olandese, nel rinascimentale palazzo Bartolotti, sulla cui facciata spicca il motto Ingenio etAssiduo Labore. Religione et Probitate. Potrebbe essere questo un distico applicabile al supergenio Ettore Majorana, anche a voler dare credito indiziario all’ipotesi Klingsor, qui argomentata. Non possiamo professare la certezza di Sciascia, con la quale si chiude allusivamente – << Ed è vero >> – il famoso saggio sulla scomparsa.126 Ma vorremmo anche ricordare l’evocazione che …siciliani scompaiono nel nulla, ma un’ipotesitarda ad apparire…127
Nessuno sa veramente come siano andate le cose. Quale fu il dopo?
Molti segreti dormono ormai in pace, in fondo agli abissi del tempo e negli incartamenti segreti. E intanto, col nuovo secolo, siamo arrivati a nuove orrende visioni, quelle presagite dallo scrittore cattolico trappista Thomas Merton, che in una profetica poesia, risalente al 1962, intitolata a New York, così scriveva (riportiamo soltanto alcuni versi): Fuse da qualeterrore, / da quale miracolo,/ quali fuochi, quali luci / hanno smembrato / nella collera bianca / della loro accusa / quelle due torri d’argento ed’acciaio?
***
L’ipotesi Klingsor vuol essere una provocazione ad approfondire gli insidiosi misteri della verità e forse qualche lettore vorrà darci atto che, in effetti, le ultime lettere di Majorana possono celare qualcosa che ancora sfuggirebbe. Se così fosse, avremmo comunque raggiunto lo scopo.128
Postfazione
La riproposizione nel gennaio 2014 – in veste modificata e aggiornata – dell’ipotesi Klingsor (definita tale per brevità), costituisce un utile preludio alla puntuale ricerca sulla scomparsa di Majorana che farà parte di una serie di interventi successivi. Va ricordato che sono ancora in corso delle indagini giudiziarie e che in ogni caso la verità “autentica” si arresta alla data di sabato, 26 marzo 1938. Per il “dopo” rimarrebbe una discussa fotografia, sulla quale è prematuro pronunciarsi.129
1 Brano di una lettera di Gentile Delio Cantimori, un grande storico, riportato da Paolo Simoncelli in Tra scienza e lettere – Giovannino Gentile (e Cantimori e Majorana), Firenze, 2006, pag. 37. Gentile si riferiva all’Istituto di fisica di via Panisperna, dove alla fine del 1934 fu – di fatto – f realizzata per la prima volta la scissione del nucleo dell’uranio.
2 Francesco Guerra è un importante fisico teorico della Sapienza e Stefano Roncoroni, regista e scrittore, è un Majorana per linea materna. La morte precoce di Ettore nel 1939 non è provata.
3 Bruno Russo per il suicidio. Leonardo Sciascia per il ritiro in convento. Umberto Bartocci per un complotto. Erasmo Recami e Salvatore per l’Argentina. Giorgio Dragoni e Arcangelo Papi per la Germania.
4 La considerazione che la scomparsa volontaria colpiva la famiglia è evidente. I fautori del complotto ritengono, ma senza fondamento, che la mancata ricomparsa e il silenzio siano dovuti a un fatto delittuoso esterno, mirato e involontario. Tuttavia manca il cadavere. L’asserzione è una supposizione inconsistente rispetto ai modi di scomparsa, alle dichiarazioni e ai comportamenti di Majorana. Basta la lettera del 22 gennaio 1938 a vanificarla.
5 La misteriosa vicenda della fuga di Martin Bormann da Berlino, ormai accerchiata dai Russi, ha sempre dato adito a mille dubbi. All’ipotesi ufficiale, ufficializzata nel 1972 dalla Procura tedesca, che Bormann sia morto durante il suo tentativo di fuga, si contrappongono altri serissimi argomenti. Pierre de Villemarest, responsabile dei servizi segreti militari francesi, nel 2002 aveva pubblicato il Dossier Saragozza, un libro nel quale si facevano importanti rivelazioni. Il 14 febbraio 1947 i servizi inglesi avevano intercettato il messaggio 64-330-237-1136, in cui la Centrale di Barcellona chiedeva “ se M. conosce Martin Bormann e se Bormann saprebbe riconoscerlo”. L’organizzazione ha bisogno di M. per “salvare” Bormann. M. è pregato di dire cosa può fare per aiutarlo. Il 21 febbraio 1947, il messaggio 64-330-237-1137 indicava che “la riunione con Martin è rimandata e seguiranno dettagli”. Il lettore interessato potrà verificare sui seguenti testi: Marco Dolcetta, Gli spettri del quarto Reich, Rizzoli 2007; Fabrizio Calvi, I nazisti che hanno vinto, Piemme 2007, pag. 286. Ovviamente non sappiamo chi potesse essere il misteriosissimo e impronunciabile M. in questione. Ma certi possibilmente distratti e probabilmente molto frettolosi autori sulla “scomparsa” di Majorana, che hanno preteso di accreditare ipotesi irrazionali, assurde, non dimostrate, contro i fatti già accertati o accertabili, farebbero dunque meglio a riflettere, anziché rifugiarsi nella loro sicumera, con pretese di scientificità inesistente, e persino denigrando o sminuendo ipotesi molto più sensate e peraltro documentabili. Gli elementi in oggetto furono partecipati dagli inglesi ai servizi segreti americani: Memorandum from DM Lad to the Director Fbi, Top segret, 15 maggio 1948 RG 65, E A1 – 136P B 38 Records of Fbi Classification Espionage vol. I.
6 Ettore e Quirino Majorana tra fisica teorica e sperimentale, a cura di G. Dragoni, Bologna 2008, sotto il patrocinio del Consiglio Nazionale delle Ricerche e della Società Italiana di Fisica.
7 Alla c.d. sindrome di Asperger ha fatto ricorso Stefano Roncoroni, nel suo corposo saggio: Ettore Majorana, lo scomparso – e la decisione irrevocabile, Editori Riuniti, marzo 2013. Scrittore e già soggettista televisivo, Roncoroni è partito da una lettera del 22 settembre 1939 di un gesuita che rispondeva alla famiglia a proposito dell’istituzione di una pia borsa di studio di 20 mila lire a nome dello scomparso, certo padre Ettore Caselli, in cui si parlava di caro estinto. Nel 2012, pubblicando nella sezione Opinioni della rivista ufficiale della Società Italiana di Fisica, Il Nuovo Saggiatore, il Prof. Francesco Guerra de La Sapienza di Roma, pubblicando tale lettera per primo, sosteneva che Majorana era deceduto in territorio posto al di fuori della giurisdizione italiana, prima del settembre del 1939, ma molti mesi dopo la sparizione. L’assurdità di tali soluzioni è palese: infatti non esiste alcun certificato di morte, nessuno sa indicare la tomba contenente le spoglie datate. Quindi è chiaro che si é trattato di un tentativo di ‘depistaggio’.
8 Ciò nonostante, e con pretese scientifiche del tutto infondate, il Prof. Francesco Guerra sparava a zero sul preteso “elevatissimo grado di probabilità” circa l’identificazione con Ettore Majorana, affacciando i nomi alternativi, ma assolutamente improponibili già a priori, di Gustav Wagner (un gigante biondo) e di Alois Brunner (che non andò mai in Argentina). A una “bufala” di Repubblica si riferiva invece sul web il Prof. Umberto Bartocci. Simili ‘stroncature’ gratuite evidenziano due aspetti: le critiche devono corrispondere a basi oggettive; le rispettive ipotesi del “caro estinto” del 1939 e dell’assassinio politico del 1938, del resto tra loro inconciliabili, sono in realtà destituite di fondamento, com’è facilissimo dimostrare.
9 Basta questa sola osservazione testuale della richiesta anticipata di denaro per far naufragare miseramente l’ipotesi assurda e ingiustificata di un complotto improvviso ai danni di Majorana, che avendo fiutato il pericolo, avrebbe cercato di eclissarsi pro tempore, per aver salva la vita, mentre sarebbe stupidamente finito in mano ai suoi esecutori.
10 Lo scrivente è stato l’unico soggetto esterno che sia stato capace di spiegarlo alla perfezione: si vedano gli altri pezzi su Majorana presenti nel sito.
11 Trasmissione televisiva “Chi l’ha visto”, nel 2008 (intervista presente su Internet).
12 Il Tempo di Roma ne riportava la notizia in data 11 dicembre 2013.
13 Con Erasmo Recami ho avuto nel 2009 un rapido e concentrato scambio di mail, con l’invio in omaggio di copia aggiornata del noto saggio, più volte premiato. Recami esclude in radice ogni qualsiasi militanza di Ettore in favore del nazionalsocialismo. Tuttavia è noto che nell’anno della terza liceo Ettore era un rappresentante studentesco dell’estremismo di destra (camicie azzurre). Lo storico della scienza Federico Di Trocchio era invece di opinione opposta. Alcuni passi delle lettere da Lipsia, pubblicate nel saggio di Recami, sono stati ‘censurati’. Recami ha riportato nelle edizioni successive alcune notizie circa la fuga segreta in Germania, senza indicarne la fonte. La fonte di tali notizie è una lettera risalente al 2000, inviata da un certo docente universitario al suo collega romano Prof. Francesco Guerra, che quest’ultimo però non ha mai inteso rendere pubblica (per cui rimane ignoto il nome del mittente).
14 Op. cit., Mondadoroi 1971: cfr. pag. 137 e seguenti. Per un lavoro di fantasia su un Majorana redivivo, vedi Mario Farneti, Attacco a Occidente, Tea, 2002. Al genere romanzo appartiene anche il capitolo 8 de L’Albero del Mondo. Weimar 1942, di Mauro Mazza, Fazi editore, 2011, presentato a parte in Nuova Storia Contemporanea, Anno XVI, Numero 1, Gennaio-Febbraio 2012. Mazza, direttore di rete Rai, ha immaginato Majorana a Lipsia, nel 1942. Giame Pintor, affiliato al Soe inglese, ne avrebbe avuto notizia (naturalmente nel romanzo suddetto).
15 Il nostro articolo risale al 2002. All’elenco bibliografico esemplificativo riportato nel testo vanno aggiunti i seguenti lavori: Gli scienziati di Hitler di J.Cornwell, Garzanti 2006, e La bomba di Hitler di R. Karlsch, Lindau 2005. Secondo quest’ultimo autore, con conferma di J. P. Farrell, La bomba atomica di Hitler, Roma 2005, e bibliografia ivi citata, alla fine del 1944 e agli inizi del 1945 sarebbero stati effettuati in Germania i due primi test nucleari della storia. L’esperimento nucleare alternativo dell’ottobre del 1944, sul Baltico, trova conferma nella testimonianza diretta dell’inviato speciale di Mussolini, Luigi Romersa: Le armi segrete di Hitler, Mursia 2005, pagg. 48 segg., capitolo L’atomica tedesca. Romano Mussolini, figlio del dittatore italiano che pochi giorni prima del 25 aprile 1945 aveva rilasciato in tal senso un’intervista a Giancarlo Cabella, confermava l’evento: cfr. Mussolini, ultimo atto, Rizzoli 2005. Notizie conformi sono incidentalmente riportate nelle biografie del Rettore dell’Università di Bologna, il filologo classico Goffredo Coppola, rispettivamente Il papiro di Dongo di Luciano Canfora (Adelphi 2005, pagg. 496 ss.) e Goffredo Coppola di Andrea Jelardi, Mursia 2005. Ciò in contrasto con la storiografia ufficiale (soprattutto di parte americana) e con le stesse “memorie” del ministro tedesco degli armamenti, Albert Speer, smentite dai verbali del Processo di Norimberga, da cui emerge traccia di un episodio rilevante.
16 Bartocci, senza spiegare nulla, ha formulato il teorema (purtroppo illogico) della scomparsa di Majorana, dovuta all’opera delittuoso di un qualche servizio segreto avversario, probabilmente i Servizi inglesi, se non l’Irgun. Al contrario, la mancanza del cadavere dello ‘scomparso’, è semplicemente dipesa da una fuga dolosa. Nel formulare ipotesi, non solo occorre rimanere aderenti ai fatti complessivi, senza ritagli arbitrari, ma è anche necessario fornire indizi “gravi, precisi e concordanti”. Il che non avviene quando si scada in presunzioni “a cascata”, il c.d. praesumptum de praesumpto, che è un procedimento illegittimo, non ammesso in sede di prova logica.
17 I memoriali pubblicati nel dopoguerra sull’impresa nucleare tedesca dai protagonisti della missione segreta americana “Alsos” (S. Goudsmit, il generale Groves, il colonello Pasch) appaiono riduttivi e fuorvianti. La strana vicenda del sommergibile tedesco U-234 li smentisce. Ovviamente, i tedeschi non disponevano – e non potevano disporre – di bombe atomiche tipo Los Alamos (che del resto non sarebbero state sufficienti in un solo paio di esemplari); invece, com’era logico, avevano puntato su armi nucleari di tipo tattico, a basso potenziale, ma veicolabili a migliaia con i nuovi razzi. Il progetto, pericolosissimo, rimase allo stadio sperimentale iniziale.
18 Vano aggiunti J. Cornwell, Gli scienziati di Hitler, Garzanti 2003 e le Memorie del terzo Reich di Albert Speer, Mondadori 1995. Singolari notizie ne I figli dell’Aquila di Giampaolo Pansa, 2002.
19 Nel 2055 è intervenuto il saggio di Rainer Karlsch, La bomba di Hitler, che ha dato ragione a quanto l’osservatore italiano Luigi Romersa avrebbe visto con i suoi occhi nell’ottobre del 1944 in un poligono militare sul mar Baltico. Questo test nucleare, di tipo alternativo, sarebbe stato il primo della storia.
20 Jorge Volpi, menzionando nel suo romanzo la Sicilia, non può non aver pensato a Majorana, nato a Catania nell’agosto del 1906. Anche il fisico teorico Giovannino Gentile, morto nel 1942 a Milano per una banale setticemia dentaria, era di origini siciliane, sebbene nato a Napoli. Ettore e Giovanino erano coetanei e intimi amici.
21 Così Emilio Segrè, premio Nobel per la fisica nel 1959, nella sua “autobiografia” pubblicata postuma (Zanichelli, 1995). Segrè, compagno di sudi di Majorana, era ebreo. Quando in Italia furono adottate, nella tarda estate del 1938, le leggi razziste di Norimberga, Segrè si trovava già al riparo negli Stati Uniti, mentre Fermi, la cui moglie era ebrea, riuscì a scappare soltanto a dicembre, approfittando della consegna del premio Nobel a Stoccolma. Fermi e Segrè furono poi tra i principali protagonisti dell’impresa nucleare americana.
22 Lo scrittore messicano, che somiglia vagamente a Majorana, non poteva sapere ciò che Gilberto Bernardini aveva rivelato a Giorgio Dragoni nel 1974 (Dragoni tenne tutto per sé per decenni), ma forse poteva aver saputo ciò che Bruno Pontecorvo, altro fisico ‘ebreo’ del gruppo romano di Fermi, poi sparito da Roma nel 1950, durante una vacanza, per fuggire segretamente in Unione Sovietica, aveva rivelato a Firenze, il 17 marzo del 1990, al Teatro dell’Oriuolo, presente sul palco anche Gilberto Bernardini. Alla domanda che fine avrebbe fatto Majorana, Pontecorvo rispose: E’ finito all’Ovest! (vedi sul punto Pietro Batignani, La scomparsa di Ettore Majorana – C’è qualcuno che sa, Firenze 20 settembre 2010, pagina 134). Quindi, prima di ‘denigrare’ quelli che dispongono di solidi elementi sulle ragioni e sulla sorte dello “scomparso” (che Recami ha continuato a dare in Argentina), bisognerebbe riflettere seriamente smettendo di girovagare e di fare confusione (sul web è dato leggere storpiature e fraintesi, senza riportare correttamente fatti e opinioni, mentre altri recenti autori hanno cercato di sottrarre materia a loro fini, all’oggettività sicura dei fatti accertati, cercando di far passare per falsi documenti fondamentali, invece autentici, e inventando una morte precoce nel 1939, senza fornire alcuna prova).
23 Nel campo di lavoro coatto di Dora morirono, di stenti, privazioni e disumana fatica, decine di migliaia di persone. Eistono testimonianze di deportati che accennano anche all’esistenza di piccole bombe atomiche. Speer, a Norimberga, fu interrogato dall’accusatore americano Jackson su un oscuro episodio, consistente in un test nucleare con molte cavie umane rimaste uccise. Il fatto sembra confermato dalle recenti ricerche di Rainer Karlsch (test nucleare alternativo che sarebbe avvenuto ai primi di marzo del 1945 in un poligono militare della Turingia).
24 Nel 2002, quando scrissi l’articolo, disponevo già di alcuni importanti elementi, di cui però preferii non spogliarmi. L’ho spiegato già nella Premessa. Sapevo, ad esempio, che l’uomo fotografato a bordo della nave Giovanna C. diretta nell’estate del 1950 a Buenos Aires somigliava molto allo scomparso del 1938. E avevo presenti gli evidenti limiti delle ipotesi correnti.
Dopo la divulgazione su Repubblica della foto del 1950 e le dichiarazioni di Giorgio Dragoni, si è verificata una serie di reazioni a catena, che hanno condotto all’apertura di un’indagine penale conoscitiva, ancora in corso. Sapevo anche che le lettere del 1938 contenevano racchiusa nel proprio seno la chiave autentica del giallo. Nel proseguo delle mie ricerche, è emersa la conferma oggettiva della soluzione autentica della scomparsa, che presenterò dettagliatamente in altri lavori, sempre sul sito web < misteridiassisi.it >. Per far comprendere il percorso da me compiuto era però necessario partire da questo primo articolo del 2002.
25 Sorprendentemente questa futile traccia è stata ripresa, senza citarne la fonte, nel sito di Roberto Giacobbo. Ne sono rimasto sorpreso, anche perché la vera traccia è altra. Si tratta della parola chiave “sole”, indicata nell’ultima lettera da Palermo, sabato 26 marzo 1938.
26 Nel sito web < Episteme Forum > c’è una sezione dedicata a Majorana. Le critiche all’ipotesi Klingsor sono infondate, mentre osservazioni salienti, in cui il mio nome è stato omesso, sono mie. Per tale ragione ho chiesto e ottenuto che figurasse una mia formale dichiarazione su quanto avrei in seguito rivelato (cosa che sto facendo ora sul mio sito).
27 L’ipotesi fu presa in considerazione anche da Francesco Guerra, che non è stato mai in grado di escluderla. Le obiezioni di Recami e di Bartocci valgono nel limite stesso della non segretezza: il “dopo” sarebbe stato ancor più ermetico. Figuriamoci dunque il dopo del dopo (l’eventuale riparo in Argentina). Che di Majorana in Germania non si sia saputo più nulla, non è propriamente vero. L’unica cosa che sappiamo è che non lo ‘sappiamo’. Dal silenzio non si può trarre un argomento esclusivo. In ogni caso, dimostreremo che la versione autentica dello scomparso non può andare oltre la data del 26 marzo 1938. Dopo di che tutto potrebbe essere stato possibile. Ciò che, invece, appare certo è il fatto evidente che il caso estremo del complotto è assurdo, già escluso a priori, e che l’ipotesi asserita del “caro estinto” del 1939 non è stata dimostrata (anzi, appare evidente l’esatto contrario). Majorana potrebbe essere stato in Germania negli anni della guerra, e potrebbe essere finito in Argentina; ma potrebbe anche darsi che sia stato eliminato nel corso della sua fuga, come pure durante il soggiorno tedesco. La corretta logica indiziaria non può essere alterata da obiezioni mal concepite.
28 Supposizione assurda, del resto smentita in atti. L’uomo cane di Mazara del Vallo era veramente Tommaso Lipari. Certi equivoci, che si fondano su malintesi (ad es. il dossier Tunisi), riemergono a caso oppure sono frutto deliberato di depistaggio.
29 Nel settembre del 1989 Sciascia aveva scritto una lettera a Recami facendogli sapere che dopo la pubblicazione del suo saggio gli erano arrivate “certe lettere”, “una che riguardava l’Argentina”.
30 Tale rilevantissimo contributo scientifico, pubblicato sotto l’egida dell’Accademia dei Lincei, fissava un paradigma, che però lo storico Roberto Finzi non ha esitato a respingere (2002), mentre l’ultimo paragrafo dedicato alla “scomparsa” è irrimediabilmente affetto da gravissimi errori e da contraddizioni interne.
31 Il saggio di Bruno Russo, autore di un’inchiesta in Argentina, che però non dette esiti, preceduto da una presentazione di Maria Majorana, sorella dello ‘scomparso’, che negli anni precedenti aveva partecipato alle ricerche di Recami direttamente in prima persona, dunque nessun caro estinto del 1939, argomentava per il suicidio in mare durante il viaggio di ritorno da Palermo a Napoli. Orbene, non solo non c’è alcuna prova indubitabilmente certa della presenza fugace di Majorana a Palermo, ma esiste la prova testuale dell’insostenibilità razionale del suicidio.
32 Ad Arcetri, nel 1935, negli ambienti scientifici accademici si parlava già dello sfruttamento potenziale dell’energia nucleare, come appunto rivelato da una fonte indiscutibile (Publio Magini, L’uomo che volò a Tokio, libro di memorie, Mursia 2009, pagina 55).
33 Nel 2008 è intervento un saggio in inglese di Francesco Guerra e di Nadia Robotti. Nel 2010 è comparso il saggio del brillante fisico portoghese Jao Magueijo dedicato invece alla “scomparsa” (e ai neutrini di Majorana).
34 La data del presunto viaggio di ritorno a Napoli e le circostanze dello stesso sono un altro serio enigma. Lo è anche la presenza effettiva a Palermo. Recami ha cambiato versione da un’edizione all’altra, senza una riga di spiegazione. E c’è stato pure qualche autore secondario, che senza alcuna capacità critica, ne ha ripreso supinamente le prime affermazioni, per dedurne eventi fittizi e irrazionali.
35 Ameno che non si proceda come io ho fatto, secondo la via assolutamente corretta dell’indagine critica interna, in un “caso” di “scomparsa”per lettera. Il ‘quid novi’, in un “caso differente”, cioè da risolvere direttamente a tavolino, deriva da questa fondamentale considerazione, apparentemente sfuggita a tutti gli autori (ma non è da credere che ciò sia sfuggito alla famiglia).
36 La recentissima ipotesi della morte prematura nel 1939, diversi mesi dopo la scomparsa, non solo non è fornita di prova, giacché la morte si prova col cadavere, ma è aberrante e illusoria, alla luce del modo di sparizione, che la contraddice irrimediabilmente. Ciò vale ugualmente per il caso opposto dell’attentato politico.
37 L’ipotesi di Sciascia non regge, mentre la teoria del complotto è affetta tra l’altro da assurdità sostanziale e da ‘ucronia’ generalizzata. La consapevolezza scientifica della possibilità realizzatrice della ‘bomba atomica’ poteva rientrare benissimo nel genio anticipatore di Majorana, ma non era sicuramente alla portata di un qualsiasi servizio segreto, sebbene Leo Szilard avesse depositato nel 1934, in Inghilterra, un brevetto sulla reazione a catena, subito ‘secretato’ dalla Marina inglese. Ettore era un fisico teorico, ed è assurdo pensare a lui come a Fermi, che era anche un eccellente fisico sperimentale. Ma esistono seri indizi che un genio come Majorana avesse compreso cos’era avvenuto a Roma, alla fine del 1934, con gli esperimenti di Fermi con i neutroni lenti. Quindi non esistono ostacoli o pregiudiziali dirimenti in ordine alla possibilità di una fuga segreta in Germania, in contrapposizione a quanto avverrà nove mesi dopo con Fermi, fuggito in America.
38 Questo episodio è stato raccontato da Giuseppe Occhialini a Bruno Russo alla fine degli anni ‘90.
39 La logica stretta porta a scorgere che il thema decidendum della scomparsa, a danno dei suoi cari, era stato rigidamente prefissato dallo scomparente. Chi non se ne renda conto sarà libero di inventare contro ragione e contro il vero significato delle lettere del 1938 qualsiasi altra ipotesi: la congiura o il “caro estinto” ritardato, facendo di Majorana uno stupido o un folle. Ed è quanto è successo a chi inventando o costruendo soluzioni spurie, non si è reso conto di tale vincolo.
40 Recenti autori hanno preteso di negare tali evidenze, appellandosi – come si suole dire – a scuse e a vuoti giri di parole: negare il passaporto, negare il denaro portato con sé, negare la lettera d’addio alla famiglia lasciata nella camera dell’albergo Bologna. Con analoghi sistemi lo si faceva buttare a mare con tanto di cappello marrone. Ma Ettore era un genio, e le sue lettere del 1938 restano quelle di un genio: con tanti segnali, precisi e convergenti (primo livello); seguiti da un teorema logico, indefettibile e costringente (secondo livello testuale); e infine tanti aggiuntivi “dettagli” – come quando dove e perché – ricostruibili con anagrammi guidati. Chi vuole rimanere cieco davanti a queste ‘evidenze’ è pienamente libero di inventare cose che non sono. Il thema decidendum era stato già predeterminato rigidamente da un genio consapevole, che nulla aveva lasciato al caso. Chi non ci credesse potrà scorrere i lavori che produrrò a seguire su questo stesso sito. Non dovrà fare null’altro che seguire attentamente il testo delle lettere del 1938, nove in tutto, anche se c’è un periodo vuoto di un mese, tra il 23 gennaio e il 22 febbraio. Qui si potrà scoprire un “mare” di cose, direttamente sui testi.
41 Non esiste alcuna prova della effettiva presenza a bordo di Majorana e dell’arrivo a Palermo. La presenza a Palermo poteva essere provata dal cartellino alberghiero (all’epoca erano stati aboliti i registri di firma), ma ciò non risultò espressamente dalle indagini. Insomma Majorana non prese alloggio al Grand Hotel Sole – Palermo, neppure per poche ore, mentre da Palermo giunsero a Napoli due telegrammi urgenti, e una lettera ‘espresso’ indubbiamente autografa. Il che fece ritenere, anche in base ai biglietti di viaggio, che Palermo ci fosse andato, e che poi fosse ritornato a Napoli. Da Palermo avrebbe fatto meglio a telefonare (il foglio di carta intestata portava in evidenza due numeri di telefono, e i telefoni di Stato erano inglobati nell’ufficio postale centrale di Palermo, posto nei pressi dell’Hotel Sole), ma non ‘telefonando’, bensì ‘scrivendo’, Ettore provocò lo scandalo clamoroso. Nessuno poteva aver attentato alla sua vita. Allora, perché si comportò in questa maniera?
42 Il testo esatto di questo telegramma fu riportato da Carrelli nella lettera riservata al Rettore Salvi resai necessaria perché Ettore non era ricomparso all’albergo Bologna dove risiedeva.
43 Dato e non concesso che così sia stato. Se altri avessero agito in nome e per conto di Ettore, con testi già predisposti ad hoc, l’inganno sarebbe stato perfetto.
44 Come e dove avrà trascorso quelle cinque ore che mancavano alla partenza?
45 Queste espressioni contengono un avviso all’interno delle parole impiegate.
46 Gli anagrammi guidati costituiscono il terzo e ultimo livello dei risvolti segreti delle lettere di Majorana, legittimato da alcuni esempi, giustificato dall’ultima lettera da Palermo, e provato in altri modi (in maniera estrinseca ed intrinseca).
47 La lettera è autentica, per quanto recenti autori abbiano cercato in modo strumentale di insinuare dubbi di falso. La dicitura Alla mia famiglia pare fosse presente sulla busta. Non si sa se la busta fosse stata appena richiusa oppure incollata al bordo. Fu lasciata in stanza, insieme agli altri effetti personali e ai libri.
48 Quirino Majorana era avversario dichiarato della teoria della relatività di Einstein. La nomina per Napoli fu corretta a penna all’ultimo momento, in una comunicazione ufficiale per Fermi che era stato il presidente di commissione e Carrelli il segretario della stessa. La destinazione era Bologna. L’albergo Bologna, sempre nominato nell’ultimo mese, è il punto di riferimento della “scomparsa”.
49 La lettera del 23 febbraio alla madre è il primo anello di un sillogismo testuale costringente che è stato immesso nella corrispondenza per indicare il dato essenziale delle ragioni segrete della scomparsa. In visita il 5 maggio 1938 per una grande parata militare nelle acque del golfo di Napoli, il corteo di Hitler non sfilerà per la centralissima via Depretis. La lettera contiene un rinvio temporale, contraddetto da quanto il fisico Giuseppe Occhialini si sentì dire da Ettore: “qualche settimana”.
50 Senza un solo granello di egoismo – ho un solo desiderio evocano la parola sole. Non è un caso.
51 Le ultime lettere seguitano nella serie convergente e univoca dei ‘segnali’ precedenti (primo livello testuale), con due “dopo” e il riferimento del ricordo piuttosto che il perdono. Il “se potete” nasconde un’altra indicazione o avviso.
52 Spero è anagramma di Ho preso (una decisione che era ormai inevitabile). Nell’espresso diceva domani, nel telegramma per l’albergo Bologna diceva lunedì. Domenica è il giorno del “sole”. 27 è il rovescino di 72 (numero civico del Bologna).
53 Il poi – Poi ne parleremo, poi ne parleremo – ripetuto due volte all’allieva Gilda Senatore la mattina del 25 marzo, consegnandole una cartella di manoscritti (Ettore disse “parleremo” e non riparleremo), è un altro rinvio temporale (dunque, nessun vero proposito di suicidio). Chi ha male copiato gli errori di date di Recami, non si è reso conto di nulla, seguitando nello sbaglio.
54 Chi si rifà a soluzioni assurde e del resto mai definite in termini concreti, ovviamente non riesce a comprendere che è essenziale la questione di quando Majorana iniziò a mentire. Che lo abbia fatto è provato in re ipsa del mancato volontario ritorno all’albergo Bologna.
55 Il ‘dove’ e il ‘come’ fanno parte della dinamica materiale, il ‘perché’ attiene alle ragioni concrete della “scomparsa”. I fautori del complotto, e della opposta teoria del “caro estinto” del 1939, a queste precise domande, che poi integrano l’essenza dell’indagine, non hanno mai dato una risposta.
Majorana è sparito da Napoli o da Palermo? E quando? Per i fautori del suicidio in mare è sparito dalla nave durante il viaggio di ritorno, buttandosi col cappello. L’irrazionalità di tale soluzione sta anche nel fatto ch così facendo colpiva crudelmente i suoi cari per tre volte di fila, se non in eterno. Il cadavere non è mai affiorato. Ettore aveva con sé denaro e passaporto, sapendo nuotare. L’irrazionalità predomina in tutte le ipotesi divulgate, compreso il ritiro in convento oppure la fuga immediata in Argentina. Scomparve l’individuo in crisi o lo scienziato di eccezionale levatura?
56 L’episodio non si colloca agli inizi di gennaio, prima di partire per Napoli, bensì a gennaio inoltrato, quando il giovane fisico Cocconi era divenuto operativo presso l’Istituto di Fermi. La data probabile è quella di un mercoledì 26 gennaio, che difatti non era giorno di lezione, dopo sabato 22 gennaio. Nella lettera del 22 gennaio compare una strana infermiera, che è un gioco di parole. Ettore, a Roma, non aveva mai avuto un’infermiera che lo assistesse (la dispepsia gastrica non prevedeva sussidi paramedici). L’infermiera di Napoli, rimasta senza nome, lo avrebbe riconosciuto per strada, alcuni giorni dopo la scomparsa, indovinando com’era vestito al momento in cui lasciò per sempre l’albergo Bologna.
57 Un qualche segno di lutto, ma per non più di tre giorni. Il termine stretto dei “tre giorni” completa il teorema logico costringente della stessa “stanza” del Bologna (lettera del 23 febbraio).
58 Ettore impiegò a lungo nella sua corrispondenza la carta listata a lutto.
59 I rapporti con Fermi, tutt’altro che idilliaci, era stati conflittuali, con scontri talvolta molto accesi. Majorana non si fidava di nessuno. Non esiste una sola riga per Fermi e Amaldi. La lettera da Lipsia per Segrè, pubblicata da quest’ultimo nel cinquantennio della scomparsa (1988), è un altro giallo.
60 E’ questo l’unico teorema razionalmente concepibile, che difatti trova piena conferma, come si vedrà in altri interventi, nei tre livelli delle lettere del 1938: due di ordine testuale e il terzo per traslazione. Tutto il resto è semplicemente falso o inventato.
61 Un’indagine di tipo razionale, fondata su concetti e su ricorrenze di vocaboli, porta a ritenere che non si tratta una trilogia, ma di una tetralogia (inglobando la lettera di sabato 19 marzo, festa religiosa nazionale di S. Giuseppe). Ciò significa che sabato 19 Ettore mentiva deliberatamente, lanciando importanti segnali. Infine, se si analizza la fattispecie aggiungendo altre possibili lettere (che non ci furono) e / o togliendo, una a una, quelle effettive, si perviene a rigorose conclusioni di ordine logico, per cui la quadrilogia fa parte di un disegno voluto e necessario. Carrelli è stato il tramite necessario, e non occasionale, di cui Majorana si è servito per la messinscena.
62 Il grande filosofo tedesco era una delle letture preferite da Hitler.
63 Il mare mi ha rifiutato, se sembra evocare “La Donna del Mare” che è un famoso dramma di Erik Ibsen, riporterebbe anche a Conrad: ma il caso è differente. Dunque, il mare mi ha rifiutato, è un’espressione insincera, che contiene un messaggio fondamentale per i familiari.
64 L’articolo del 2002 si arrestava all’analisi dei dati formali, senza penetrarli, limitandosi a osservazioni ‘a latere’ di ordine logico-indiziario. In realtà esiste una parte nascosta, che abbiamo rilevato in seguito.
65 Negli anni ‘80 ho frequentato la Scuola Superiore di Polizia a Roma.
66 Quest’affermazione, riportata da alcuni autori, anche di recente, non è stata mai smentita: una scusa, invece, affermare che Dorina Corso, la madre di Ettore, sia deceduta “ab intestato”. In un documento notarile del 1993 (il decesso di Dorina avvenne nel 1965), si continuava a parlare di “scomparsa” di Ettore, e non di morte. Gli autori che sostengono che la morte sarebbe avvenuta nel 1939 non sono in grado nemmeno di indicarne il giorno, il luogo di sepoltura, e il certificato di morte. Maria Majorana prese parte diretta e attiva nelle ricerche di Recami in Argentina. Questi i fatti.
67 Su questo fatto c’era la testimonianza, se pur in modo‘condizionale’, del prof. Salvatore Strazzeri, che quella stessa notte aveva viaggiato da Palermo a Napoli nella cabina n. 37, occupata in base ai biglietti da Ettore Majorana e da un ‘inglese’, certo “Carlo Price”, che però parlava in italiano con accento del sud. Da questa cabina saranno in due scomparire: Majorana e Price. Il cugino Claudio Majorana, nel 1972, rilasciò la seguente dichiarazione: Mi risulta, come del resto è noto, che Ettore era andato a Palermo per incontrarsi con Emilio Segrè. Del suo viaggio in Sicilia ci aveva informato per lettera scusandosi per il fatto che, con l’esiguo tempo a disposizione, non avrebbe potuto fare un salto a Catania. Sui motivi della visita all’illustre scienziato non ci aveva detto nulla. L’incontro non ci fu perché Segré era fuori sede e mio cugino ripartì alla volta di Napoli. Le dichiarazioni di Claudio Majorana sono palesemente false, nel 1972 le lettere di Ettore erano ignote, e se ne deve perciò ricavare il desiderio di coprire e di nascondere gli eventi. Ciò significa che la famiglia aveva uno ‘scheletro’ nell’armadio, ma non è il caso del preteso “caro estinto” del 1939. La trama di fantasia del complotto ancora una volta è fuori gioco. La lettera lasciata in camera è autentica. Non esistono morti del 1938 o del 1939. Fu una fuga segreta per causa di forza maggiore.
68 Le lettere del 1938 contengono oggettivamente la soluzione del caso. Negli interventi successivi ne forniremo la piena dimostrazione, ovviamente valida per le intenzioni, ma non per i risultati.
69 La scomparsa sembra improntata al verdetto ambiguo della Pizia: ibis-redibis-morieris-non, senza poter stabilire dove mettere la fatidica virgola. In termini di fisica quantistica si è parlato di uno stato di sovrapposizione, vivo / morto, a meno di un vero atto d’osservazione.
70 I sei personaggi in cerca d’autore sarebbero stati i componenti stretti della famiglia, escluso ogni estraneo. Carrelli non aveva alcuno strumento per arrivare a comprendere il suo stesso ruolo.
71 Il punto è delicato, ed è un giallo nel giallo. Ma esiste la soluzione testuale anche di tale inghippo.
72 Sarebbe il caso del suicidio ritardato. Buttandosi in mare con tutto il cappello? Ma ci sono poi alcune strane apparizioni a Napoli nei giorni successivi, che escludono il complotto. Si trattava forse di ricatto morale? Accanto alla follia lucida, sono state ventilate le ipotesi della sifilide e della omosessualità. Quest’ultimo caso spiegherebbe molte cose, se non fosse che le lettere del 1938 pullulano di segnali o avvisi coerenti e convergenti, di oggettiva esistenza, cui non si è mai voluto far caso non si sa bene se per superficialità o intenzionalmente, dopo la pubblicazione delle lettere da parte di Recami nel 1989.
73 Recami si rivela un pessimo investigatore oppure ho preferito evitare. Era facile comprendere che i contatti della famiglia con Strazzzeri furono molteplici. La prima cosa che gli si doveva chiedere era come fosse vestito il terzo passeggero, che non era possibile confondere con Price, come male opinava Sciascia. Strazzeri si recava spesso in Germania dove viveva una figlia sposata a un medico tedesco. Anche la sorella maggiore di Ettore, Rosina, era sposta con un tedesco.
74 Tali apparizioni a Napoli erano un depistaggio, ma servivano a far sapere alla famiglia che egli era vivo. I fautori dell’ipotesi del “caro estinto” del 1939 non si rendono conto dell’assurdità di un simile comportamento, realizzabile a prescindere, evitando di pronunciarsi sulla sincerità del proposito di suicidio, di cui esiste invece la prova certa per la messinscena: il passaporto, il denaro, il saper nuotare. I fautori del complotto sosterranno che il depistaggio fu realizzato dagli assassini. Invece si deve dire fu realizzato dai complici di Majorana, oppure da lui stesso, se la sua fu una fuga ritardata, rimanendo nascosto e protetto, a Napoli, per diversi giorni, fino all’imbarco notturno su una nave tedesca.
75 Vale lo stesso per i fautori del “caro estinto”. La trama modale della “scomparsa” li smentisce categoricamente. C’erano mille altre maniere piane e indolori per ottenere un risultato di sottrazione totale al consorzio civile. Le ipotesi irrazionali oppure non corroborate da indizi gravi, precisi e concordanti, non sono ‘ipotesi’, bensì vuote elucubrazioni. Non esistono mezze verità fluttuanti.
76 La missione segreta Alsos, alla fine del 1943, dopo lo sbarco in Italia, svolse assidue ricerche a Napoli e a Taranto.
77 Almeno nel senso che il terzo passeggero della cabina a tre letti fosse una specie di commerciante siciliano fatto viaggiare col biglietto di Ettore.
78 Che non l’abbia fatto, scomparendo da venerdì 25 marzo, ma portando con sé una rilevante somma di denaro, come soltanto i familiari potevano sapere, è già un indizio.
79 La scomparsa senza cadavere impediva il lutto. Il lutto stretto di soli tre giorni, non più di tre, è un altro argomento testuale che da solo mette in ridicolo le assurdità del presunto complotto.
80 I quali farebbero meglio a leggere le osservazioni di L. Bonolis (op. cit. 2002, pag. 102 e ss.), anziché inventare assurdità gratuite, ricamando sul nulla, con presunzioni a cascata.
81 Vincenzo Sole era il proprietario del Grand Hotel Sole – Palermo, dove non risultò la presenza di Majorana. Le iniziali sono identiche a quelle di Vittorio Strazzeri: V.S. Non è un caso, ma è un segnale. Uno della serie. I fautori del complotto no si renderebbero conto nemmeno della possibilità che Strazzeri sia stato puntato come unico testimone, dopo essere stato ingannato e confuso. Strazzeri viaggiò nella notte tra sabato 26 e domenica 27, giungendo a Napoli, all’alba, alle 5.45, che era già “chiarissimo”. La lettera “espresso” viaggiò col postale quella stessa notte. Ettore avrebbe preceduto di alcune ore il recapito materiale della missiva a Carrelli, dotato di apparecchio telefonico domestico. Il foglio o carta intestata della lettera recava un sole all’alba e due numeri di telefono in bella mostra. Chi scrive a caso, ovviamente, non si è mai dato carico di analizzare i fatti.
82 Nel caso di fuga segreta in Germania (secondo G. Bernardini e B. Pontecorvo), Majorana era ugualmente in grado di usufruire tranquillamente di alcuni giorni liberi. Il problema del ‘come’, del ‘dove’ e del ‘quando’ più sicuri, poteva essere risolto imbarcandosi la sera stessa del 25 marzo, a Napoli, su nave battente bandiera tedesca (il Castellon, con prima tappa di sosta a Catania).
83 L’ipotesi formulata da Sciascia che Strazzeri abbia scambiato l’un passeggero per l’altro (con Ettore che avendo ceduto il suo biglietto era rimasto a Palermo), non solo cozza con le dichiarazioni del testimone, ma è anche irrazionale. Sciascia fa comunque ritornare Ettore a Napoli. Da quella cabina spariranno nel nulla due passeggeri su tre. Non risulta che la polizia abbia rintracciato Price. Mancò dunque il riscontro di un secondo testimone. Il solo biglietto non prova che Ettore fosse a bordo. Il biglietto di viaggio fu riconsegnato allo sbarco.
84 Non si può scrivere in modo sensato su Charles Price – Zedick (un ebreo russo naturalizzato a Glasgow ma deceduto nel febbraio del 1937), se non si tiene conto che Majorana sapeva bene ciò che stava facendo e che poi un certo “Giusto” (=Zedick), nel 1943 era a capo di una rete di spionaggio in Italia completamente in mano alle forze dell’Asse. Il resto sono fandonie, fantasie, oppure cose fuori luogo. Il dossier segretissimo inglese su CP-Zedick fu immediatamente ‘desecretato’ subito dopo l’avvio delle indagini romane su “Majorana-Bini”. La fotografia di Bini non ha nulla a che vedere con l’aspetto fisico di Ettore Majorana. Altre presunte foto di Majorana, a Gusen, in Austria, nel 1943, non lo riguardano. Si tratta di un altro individuo.
85 Va detto a onor del vero che nessuno ha saputo afferrare la specialissima valenza o sottinteso di questa espressione, legata a un evidente “non sequitur”. Tale mancanza di lucidità critica ha determinato una lunga serie di equivoci e di fraintesi.
86 Nel 1988, in occasione del cinquantenario della scomparsa: il che sembra un atto di accusa. Il finale di questa lettera contiene per implicito una rivelazione, sfuggita a quanti se ne sono interessati (ma di sicuro non a Segrè).
87 Va chiarito che per Majorana l’ideologia razziale era una sciocchezza, ma anche che a suo avviso la questione ebraica una operazione chirurgica nell’ambito della rivoluzione nazional-socialista.
88 Ciò significa, in ipotesi, che Majorana era ‘filonazista’, in ogni caso pienamente consapevole dello scontro globale e inevitabile fra i massimi sistemi politici, come appunto risulta altrimenti, ma non che fosse antisemita. Non bisogna confondere il quadro ideologico con quello criminale.
89 Edoardo Amaldi, saggio biografico (i calcoli sulle flotte sono conservati a Pisa).
90 In tal senso anche il fratello Luciano, scrivendo ad Amaldi.
91 Non importano i complessi dettagli matematici, ma il fatto che fu Ettore a ‘fare’ gli ‘esami’ a Fermi, e non viceversa.
92 C.i.f – cioè dotato di formidabile intuito. Fermi era un grandissimo fisico, sperimentale e teorico. I metodi teorici di Majorana erano agli antipodi. Il primo aveva soggezione del secondo, sebbene volesse sempre primeggiare. Non c’è una sola riga tra i due.
93 Tornato da Lipsia, dove nel 1933 era stato ammirato e lodato da Werner Heisenberg, ruppe improvvisamente col gruppo, proseguendo da solo nei suoi studi, cercando invano di ottenere un incarico di libera docenza in fisica teorica che non gli fu mai concesso per tre anni di fila. Dati parlanti.
94 Ovviamente, non in senso banale: ma la sua seria collaborazione scientifica con lo zio Quirino, antirelativista, e le stesse lezioni di Napoli, non lasciando intendere un particolare entusiasmo per la teoria della relatività (ristretta e generale).
95 Majorana era un genio precorritore. Non è impossibile e non è nemmeno inverosimile che avesse mantenuto dei contatti segreti. Le rivelazioni della Tebalducci lo lascerebbero intendere. Ettore doveva aver compreso il vero significato scientifico degli esperimenti di Fermi con i neutroni lenti.
96 Di ciò è traccia in una lettera a Giovannino Gentile nel 1937, nella quale l’interesse dichiarato per l’astronomia sembra includere lo studio delle stelle di neutroni (ad esempio la binaria Sirio).
97 Quest’affermazione deriva da un preciso ricordo della sorella Maria, con la quale Leonardo Sciascia aveva avuto stretti contatti.
98 La vicenda della cartella è inquietante. La Senatore la rivelò molti anni dopo, sostenendo che in quella cartella c’era anche il testo della lezione di sabato 26 marzo, che non si tenne perché Ettore scomparve. Questa lezione non è stata mai recuperata.
99 Da chi e perché, dal momento che riuscì ad andarsene, ugualmente, anche perché sua moglie, Laura Capon, figlia di un ammiraglio, era ‘ebrea’?
100 Annullando se stesso, Ettore teneva al riparo la famiglia. Tra Italia e Germania vigeva dal 1936 il Patto dell’Asse Roma-Berlino, ma non ancora il Patto d’Acciaio. In Italia c’era la Monarchia. Non v’era alcuna garanzia di un’alleanza incondizionata con la Germania di Hitler. Nella lettera del 23 febbraio, riferendosi a tre mesi dopo, Majorana citava Hitler (visita del 5 maggio 1938 a Napoli).
101 Studiosi di fama internazionale hanno negato che Hitler si fosse reso conto dell’arma nucleare. Ciò è falso. Il progetto tedesco sfuggiva persino a Heisenberg, che comunque nelle sue memorie è assai laconico. Esistono molteplici indizi per ritenere che ci fosse un centro di supervisione occulto, senza scadere in fantasie. I tedeschi erano a conoscenza del progetto americano.
102 Non bisogna confondere tra intenzioni di fuga e risultato conseguito. Insomma, tra il ‘prima’ e il ‘dopo’. Se neanche Heisenberg sapeva appena qualcosa sulle armi nucleari in Germania, come mai i tedeschi realizzarono, per primi, due test sperimentali? A che servivano i missili, che si rivelarono tradivi, del tutto inutili, e costosissimi?
103 Non ci riferisce a ‘bombe sporche’, oppure a bombe ‘ad aria liquida’, ma ad armi nucleari, sebbene di altra concezione (piccole testate tattiche).
104 Filippo Anfuso era nato a Catania, come Majorana. Non poteva non conoscerlo almeno di nome. Il contatto di Anfuso non è stato diretto, ma è passato attraverso gli organi militari tedeschi. Non poteva trattarsi dell’ing. Belluzzo, effettivamente presente in Germania, che nel 1925 era stato ministro di Mussolini. Un italiano, però nato in Germania (è evidente la schermatura). Un elemento sicuro e affidabile (cioè al dentro di questioni segretissime). Chi, se non Majorana? Il contatto avvenne telefonicamente. Parlando in italiano. Ed è questa l’unica traccia di una possibile presenza di Majorana in Germania. Il Consorzio Junker si occupava di progetti militari segreti. E’ da ritenere che l’indicazione non sia stata precisa, ma soltanto indicativa. Le carte originali sarebbero andate perdute (se non sequestrate dai servizi segreti alleati). Bruno Spampanato era però assai informato.
105 Probabilmente è vero, ma dipende anche dalla misura. Von Braun interessava averlo, mentre gli addetti tedeschi all’arma nucleare erano stati superati, di gran lunga, a Los Alamos. La Germania non ebbe mai vere bombe atomiche, per mancanza di uranio fissile e di plutonio; ma questo non significa che i tedeschi ci avessero rinunciato: avevano puntato su testate tattiche, del tipo fissione – fusione stimolata. Il progetto, che avrebbe dovuto armare i missili, rimase allo stadio sperimentale a terra. Romersa assistette a un esperimento del genere, di raggio non superiore a mezzo chilometro.
106 Ci fu anche una seconda lettera di Einstein, mentre nella prima si citavano, nell’ordine, prima Fermi (cioè la fissione), e poi Szilard (cioè la reazione a catena). E’ inutile ripercorrere la storia del Progetto Manhattan, bastando osservare che subito dopo l’attacco giapponese alla base navale delle isole Hawaii, l’America entrò nel conflitto (7 dicembre 1941). Nel 1938 era prevedibile, almeno in teoria, che a medio o a lungo periodo si sarebbe potuto raggiungere un’arma atomica (possono essere letti in questo senso alcuni accenni contenuti nella lezione inaugurale a Napoli di Majorana). Carrelli lo vedeva costantemente immerso in studi di cui non intendeva parlare. Non è questo il modo di fare di uno che mediti il suicidio. La parola infermiera coglieva nel segno.
107 Si trattava del reattore di Heisenberg e non di mini testate nucleari in fase sperimentale.
108 Il lettore si ricordi dei due radio messaggi del febbraio 1947 in codice Enigma, captati e decifrati dai servizi segreti inglesi, poi partecipati ai servizi segreti americani.
109 Esistevano percorsi sotterranei, attraverso una serie di bunker (vedi Marco Dolcetta, op. cit.).
110 Hugh Thomas, I giorni del bunker – La vera storia della fine di Hitler (1997), nega nel modo più assoluto il ritrovamento dei resti di Bormann, morto a Berlino nel 1945. La vera vicenda fu un’altra. Bormann morì molti anni dopo, in America Latina. Ed è questa la tesi oggi corrente (M. Dolcetta, F. Calvi, ecc.).
111 Si veda meglio Oltremare Sud, di J. Solinas e C. De Napoli, 2007, sulla misteriosa vicenda dei sottomarini tedeschi, giunti in Argentina alla fine della guerra.
112 Questa ipotesi è contraddetta sia dai Records Fbi già richiamati, che dalla presunta fotografia di Majorana a bordo della nave “Giovanna C.” diretta nel 1950 a Buenos Aires.
113 L’ipotesi romanzata dell’articolo del 2002 era un primo tentativo di spiegazione dell’eventuale presenza in Argentina di Majorana, negli anni ’50, secondo la traccia di Erasmo Recami (che in realtà è molto più densa, articolata, complessa e sfrangiata di quanto l’autore in parola non abbia raccontato o potuto ricostruire).
114 La condanna in contumacia di Bormann al Processo di Norimberga era inevitabile. Ma si trattava di una misura formale.
115 Non è leggenda che Fermi, a Los Alamos, davanti a grosse difficoltà di calcolo, abbia più volte esclamato che ci sarebbe voluto “Majorana” (riportato da storici e da testimoni).
116 E’ utile chiarire che la bomba all’uranio 235 (55 kg. per la massa critica) fu prodotta in un solo esemplare: la sua costruzione era dispendiosissima. Tutte le altre bombe A erano al plutonio, ricavato dai reattori. Il problema difficilissimo del plutonio riguardava i calcoli matematici per l’implosione simultanea. Le mini testate tedesche si basavano sui medesimi calcoli e su una spoletta speciale.
117 L’edizione italiana dell’opera di Liddell Hart riporta le date come da noi trascritte. Il che non è certo un dettaglio, a meno di errore.
118 Bombe sporche, non vere bombe atomiche.
119 La convinzione di Mussolini nell’arma decisiva fu ripetuta in una intervista rilasciata pochi giorni prima del 25 aprile 1945 al giornalista comasco Giancarlo Cabella ed è stata confermata nel 2005 da Romano Mussolini.
120 Su che basi Himmler intavolò trattative segrete con gli alleati, tramite il conte Bernadotte, assassinato alcuni anni dopo (1948), a Gerusalemme?
121 Sembra però che ai comandi dell’Arado ci fosse un vero asso dell’aviazione, e non la Reitsch. Secondo alcuni autori alternativi sarebbero state le prove per una fuga di Hitler da Berlino.
122 Hugs Thomas ritiene di aver provato che fu una messinscena. Non esistono i resti di Hitler e di Eva Braun. Furono eliminati dai Russi. E’ dunque impossibile la prova del dna. La positura innaturale del cadavere col braccio sinistro levato in alto di Goebbels rivelerebbe un assassinio a colpi di pistola e con un lanciafiamme mentre era ancora in vita. La Storia è sempre alquanto ‘oscura’.
123 Come Recami, va detto anche noi abbiamo avuto l’impressione di un lavoro di fantasia.
124 E’ cosa certa che Fermi fosse massone, introdotto dal suo mentore Corbino, già ministro del primo governo Mussolini. Pochi sanno che Fermi scrisse un paio di articoli per la rivista fascista “Gerarchia”, nel 1938, poco prima di fuggire in America, recensendo favorevolmente un libro di Pietro Ubaldi, “La grande sintesi”. Ubaldi, negli anni ’30, insegnò anche ad Assisi.
125 La versione non provata del “caro estinto” nel 1939, sembra un pretesto d’allontanamento di ogni sospetto. Invitiamo comunque a leggere attentamente il ricco e corposo saggio di Stefano Roncoroni pubblicato nel marzo del 2013. Lo stesso autore dichiara candidamente di non disporre (ancora) di prove. Allora, perché tanta fatica?
126 Nella stessa pagina conclusiva del saggio Sciascia, che lo dà per morto (siamo nel 1975): nere croci, è comparso un monaco “olandese”.
127 Umberto Bartocci, 2002. Che il ritardo ci sia stato, è dipeso dalla famiglia. Oppure da parte chi quelle lettere ha preferito non capirle.
128 L’articolo fu ospitato nel 2002 sulla rivista Episteme del prof. Umberto Bartocci. Modifiche e note esplicative aggiunte si sono rese necessarie sia per ragioni di sostanza e sia pure di forma. La soluzione autentica del caso è contenuta nelle stesse lettere. Il primo livello di informazione è dato da una serie convergente e univoca di allusioni al futuro, come ad esempio: Qui c’è un tempo bellissimo, ideale per navigare nelle acque del golfo (lettera del 9 marzo). Chi vuole rimanere cieco, negando la luce del sole, è libero di farlo. Però le lettere parlano chiaro. Contengono un teorema logico costringente, e, infine, rivelano – in dettaglio – come dove quando e perché. Possono essere aperte come quando si dissigilla una lettera. Tutto ciò si può spiegare in una sola maniera, e del resto si tratta di un percorso suggerito e obbligato. Lo dimostrerò puntualmente in prossimi interventi.
129 E’ la fotografia pubblicata da “Repubblica” il 17 ottobre 2010. Quale la sua ‘storia’?