1

In che giorno Majorana giunse a Napoli?

 

Pianta di Napoli, 1938

IN CHE GIORNO ETTORE MAJORANA GIUNSE DA ROMA A NAPOLI?

***

Presentazione

E’ un problema importante, che esiste oggettivamente. Non era stato mai indagato. Lo facciamo per la prima volta, mostrandone l’importanza. La misteriosa scomparsa da Napoli, venerdì 25 marzo 1938, verso le ore 17, abbandonando definitivamente l’albergo Bologna, in via Depretis n. 72, dove Majorana si era sistemato da mercoledì 23 febbraio, qui avendo preso la anche residenza anagrafica, non era improvvisa, bensì sofferta e meditata.

***

1* Nel 1937l’Università di Palermo, dove dal 1936 Emilio Segrè insegnava fisica sperimentale, promosse un concorso nazionale a cattedre per fisica teorica, bandito con decreto ministeriale. Erano dieci anni che un concorso del genere mancava: nel 1926, primo concorso, Enrico Fermi aveva vinto la cattedra a Roma, Aldo Pontremoli a Milano, ed Enrico Persico era andato a Firenze. “Fisica teorica” significava tout court “fisica nucleare”, nuova scienza di frontiera.

Pontremoli era morto due anni dopo, il 25 maggio 1928, nel disastro sul pack polare del dirigibile “Italia” di Umberto Nobile (mare di Barents). La cattedra di fisica teorica all’università di Milano, rimasta vacante, non fu più assegnata.

Majorana non fu preso in considerazione neppure per un incarico provvisorio, e le sue documentate istanze per l’insegnamento in corsi di libera docenza presso l’Università di Roma furono regolarmente respinte negli anni 1934-1937, evidentemente perché Fermi si era opposto (non si potrebbe spiegare altrimenti).

Finalmente, nel 1937, arrivò il concorso tanto atteso, promosso da Fermi e da Segrè (la verità è questa), contando sul fatto che Ettore Majorana, ormai isolatosi a casa sua (ma in realtà si spostava liberamente), non vi avrebbe partecipato. La terna dei vincitori era stata già stabilita a tavolino: il primo sarebbe stato Giancarlo Wick (figlio di una nota antifascista torinese, Barbara Allason), secondo Giulio Racah (un ‘ebreo’), e terzo Giovannino Gentile (figlio del senatore e filosofo fascista Giovanni Gentile e dal 1928 intimo amico di Majorana).

L’improvvisa e inattesa partecipazione di Majorana al concorso a cattedre (questa la verità) scombussolò i piani. A rischiare sarebbe stato Giovannino Gentile, perché era impensabile che Ettore non fosse il vincitore.

Veramente, era anche impensabile che come vincitore Ettore fosse poi andato a Palermo, accanto a Segrè, che aveva bisogno di un bravo fisico teorico a sua disposizione. E quali fossero gli ambiti specifici delle ricerche sperimentali di Segrè a Palermo, accanto a quelle di Fermi a Roma, è facilmente immaginabile, sebbene sia un tabù parlarne: Segrè e Fermi si ritroveranno in America, all’inizio del 1939, e parteciperanno in seguito al Progetto Manhattan. Di fatto la fissione del nucleo dell’uranio bombardato con neutroni lenti fu scoperta a Roma alla fine della 1934, se n’era accorta la chimica tedesca Ida Tacke Noddack, e il fisico ungherese Leo Szilard aveva ipotizzato la reazione a catena con neutroni di risulta. I principi teorici della boma atomica era quelli.

I rapporti tra Majorana e Segrè erano gelidi. Nel 1933 da Lipsia Ettore gli aveva scritto una pesante lettera sulla “questione ebraica” (Segré era ebreo come la moglie di Fermi, Laura Capon), e quando Segrè si sposò a Roma con una ragazza ebrea tedesca, Elfriede Spiro, Ettore non fu invitato e non fu presente alla cerimonia di rito ebraico.

2* Perevitare l’esclusione di Gentile,che era un ottimo fisico teorico, si fece ricorso a un’abile scappatoia. Lo stesso Ministro Giuseppe Bottai, che il 2 novembre 1937 adotterà il decreto di nomina speciale “per l’alta fama disingolare perizia”, nel 1930 aveva usufruito di quella stessa singolare procedura extra ordinem per la sua nomina all’università statale di Pisa per la cattedra di diritto costituzionale ed economia corporativa.

Il 16 novembre 1937 Majorana sarà nominato per Napoli, dove era contento di andare. L’atto di nomina gli partecipato circa due mesi dopo.

Una nota ministeriale, dattiloscritta e recante la data dell’8 novembre 1937, inviata per conoscenza a Fermi che era stato il presidente della commissione d’esame con Antonio Carrelli in funzione di segretario, recava la correzione a penna per Napoli, in luogo di Bologna, che era l’università in cui insegnava fisica sperimentale lo zio di Ettore, Quirino Majorana, che era e rimarrà anche un importante consulente militare. La correzione a penna sulla nota ufficiale dattiloscritta non dipendeva da un banale errore di copiatura dell’impiegato esecutivo. All’epoca simili sviste erano impensabili. Del resto le poche righe potevano essere battute di nuovo. No: la correzione a penna rimasta nella copia protocollare, identica all’originale di invio a Fermi, era un mutamento di destinazione.

La destinazione iniziale di Majorana doveva essere Bologna, ma fu cambiata all’ultimo momento, e d’autorità, cosicché il decreto generico del 2 novembre diverrà l’atto di nomina specifica in data 16 novembre 1937, questa volta per l’Università di Napoli. Qui Ettore era contento di andare. Napoli era una città di mare.

Adesso si può comprendere meglio perché Majorana, a Napoli, dopo aver cambiato alcuni alberghi, senza mai andare a stare in una pensione familiare, deciderà dal 23 febbraio di prendere alloggio – in una data stanza – all’albergo Bologna, in via Depretis n. 72, fino a quando sparirà misteriosamente, senza mai più ricomparire.

Lo zio Quirino insegnava all’università di Bologna, mentre il nonno, Salvatore Majorana Calatabiano, era stato per due volte ministro in gabinetti Depretis.

Mai e poi mai Ettore sarebbe andato a insegnare fisica teorica a Palermo, a stretto contatto con Segrè, eppure volle la cattedra e l’ottenne; ma tre mesi dopo sparì.

Prima di sparire, il giorno stesso, consegnò il testo delle sue lezioni alla bella allieva Gilda Senatore. In questo manoscritto usava la notazione chimica alla tedesca. Le lezioni e le stesse lettere scritte da Napoli nel 1938 contengono diversi rinvii al “dopo”. Strano, per un suicida a tempo, che il 18 gennaio diceva a un altro fisico, Giuseppe Occhialini, giunto a Napoli dal Brasile, che se avesse tardato ad arrivare, fra qualche settimana non l’avrebbe piùtrovato.

E che combinazione. Dobbiamo registrare infatti uno zio Giuseppe Majorana, ex Rettore a Catania; un professore alluso da Ettore (ma non nominato), Giuseppe Imbò, che insegnava fisica terrestre a Napoli; un ministro Giuseppe Bottai; il fisico Giuseppe Occhialini, sbarcato a Napoli di ritorno dal Brasile; Giuseppe Bottai, il Ministro dell’Educazione nazionale; e poi una lettera del 19 marzo 1938, festa nazionale religiosa di San Giuseppe.

A Napoli, in via Tari 3, riferendosi all’Istituto di fisica sperimentale di Antonio Carrelli, così scrisse Ettore martedì 11 gennaio 1938: Vi è anche professore di fisica terrestre difficile a scoprire. Appunto, Giuseppe Imbò.

3* Ettore scrisse la sua prima lettera da Napoli in data 11 gennaio, che era martedì.Il corso incomincerà giovedì 13 alle nove.Questa lettera è l’unica in cui manca l’annotazione dell’anno XVI dell’era.

Scriverà poi il 22 gennaio, che era sabato, chiedendo soldi a casa (la sua parte liquida dell’eredità paterna), in costanza di pagamento di stipendi già maturati; dirà di voler andare a stare in una pensione familiare, ma non ci andrà mai, preferendo gli alberghi: gli indirizzi per pensioni glieli aveva dati un’infermiera (Ettore a Roma non ne aveva mai avuta una), che resterà innominata.

Ecco il testo della prima lettera da Napoli:

Cara mamma,

Ho annunziato l’inizio del corso per giovedì 13 alle nove. Ma non è stato possibile verificare se vi sono sovrapposizioni d’orario, così che è possibile che gli studenti non vengano e che si debba rimandare. Ho visto il Preside (Pierantoni – n.d.r.) con cui ho concordato di evitare ogni carattere ufficiale all’apertura del corso, e anche per questo non vi consiglierei di venire.

Carrelli è stato molto gentile e oggi abbiamo comprato i mobili per la mia stanza graziosamente offerti dalla Facoltà. Praticamente l’Istituto si riduce alla persona di Carrelli, del vecchio Maione e del giovane assistente Caccemo. Vi è anche un professore di fisica terrestre difficile a scoprire.

Ho trovato giacente da ben due mesi una lettera del Rettore (Salvi – n.d.r.) in cui mi annunziava la mia nomina “per l’alta fama di singolare perizia”. Non avendolo trovato, gli ho risposto con una lettera altrettanto elevata.

Carrelli prepara le lezioni di meccanica con molti giochetti. L’occupazione dominante è quella degli esercizi, almeno per Carrelli e assistenti. L’Istituto è molto pulito e in ordine, benché poco attrezzato.

L’albergo “Napoli” è discreto, con prezzi ragionevoli, così è probabile che vi rimarrò per qualche tempo. Napoli, almeno nella parte centrale, ha un aspetto molto decoroso, benché sia strana la scarsità di veicoli. Vi scriverò giovedì sulle vicende della prima lezione. Saluti affettuosi – Ettore

I familiari, sebbene sconsigliati da Ettore furono presenti all’inaugurazione del corso di fisica teorica giovedì 13 alle 9. La lettera, in data 11 gennaio, fu imbucata verso sera. Sembrano far difetto i necessari tempi postali.

4* La prima lettera da Napoli indica che Ettoreprese alloggio all’albergo “Napoli”, in via Umberto I, n. 55, nel centro storico. La lettera è stata scritta nel tardo pomeriggio, cioè a fine di giornata. Farà in tempo ad arrivare a Roma, per essere recapitata ai suoi familiari, che abitavano in Viale Regina Margherita, affinché essi potessero essere presenti a Napoli, la mattina di giovedì 13 alle ore 9? E quando giunse Ettore a Napoli, partendo in treno da Roma?

Non si tratta di domande banali, anche perché la prima lettera da Napoli è piuttosto strana, nelle sue quasi dimesse apparenze, persino banali e scontate, tuttavia venata da ‘segnali’ e percorsa da un filo di sottile, ma graffiante umorismo. Carrelli è stato molto gentile, quando il povero senatore Gentile fu costretto per tutelare il figlio a raccomandarsi a destra e a sinistra, cercando anche un contatto con Antonio Carrelli, segretario e membro della commissione, fedelissimo a Fermi.

Con protocollo d’uscita in data 10 gennaio 1938, cadente di lunedì (erano terminate da poco le vacanze di Natale a cavallo d’anno fino all’Epifania), al domicilio di Majorana era giunta finalmente la formale partecipazione della sua nomina, dopo il visto della Corte dei Conti:

Si comunica alla S.V. che, in applicazione dell’art.8 del R.D.L. 20 giugno 1935 XIII, N. 1071 (ex legge Casati – n.d.r.), si è disposta la nomina della S.V., indipendentemente dalla normale procedura di concorso, a ordinario di fisica teorica presso la Facoltà di scienze della Regia Università di Napoli, perl’alta fama di singolare perizia a cui Ella è pervenuta nel campo degli studi riguardanti la detta disciplina, con decorrenza dal 16 Novembre 1937 XVI.

Il Ministro Bottai

La nomina gli pervenne la mattina del 10 gennaio, e subito Majorana partì per Napoli col primo treno?

Ettore sapeva bene che la nomina gli sarebbe pervenuta a domicilio. Partì per Napoli la mattina del 10. Martedì 11 ha già sistemato tutto quanto, compresi i mobili per la sua stanza. Mercoledì 12 scriverà al Ministro Bottai: Ricevo comunicazione diretta da S.E. il Ministro per la mia nomina a ordinario di Fisica Teorica presso la Regia Università di Napoli [...]. Nel porgere rispettosamente a S.E. il Ministro l’espressione del mio grato animo per l’alta distinzione concessami, tengo ad affermare che darò ogni mia energia alla scuola e alla scienza italiana, oggi in così fortunata ascesa verso la riconquista dell’antico primato. Ettore Majorana.

 2

5* Nella lettera al Ministro Bottai spedita da Napoli, Ettore, che aveva già accettato la nomina presentandosi in servizio, ne riporta esattamente il dato normativo. In Facoltà giaceva, da ben due mesi, una lettera in cui il Rettore Salvi gli annunziava la nomina (non ancora vistata dalla Corte dei Conti).

Era la prima volta che Ettore metteva piede in Istituto. E’ falso che avesse sostituito Carrelli, tempo prima, per le lezioni di fisica teorica. Ed è quasi certo che la nomina non era ancora arrivata all’indirizzo di Viale Regina Margherita n.37, quando Ettore prese il treno per Roma. Majorana sapeva benissimo ciò che lo riguardava, anche perché abitava nella capitale. Che abbia scritto una lettera, altrettanto elevata, al Rettore Salvi, non risulta dalla documentazione, forse andata distrutta a causa dei bombardamenti nel 1943. Scrisse invece al Ministro Bottai, con frasi non di circostanza, perché non richieste.

E’ falso che il primo albergo di Majorana a Napoli sia stato l’albergo Patria, in via Sanfelice 47.

Questi equivoci, riprodotti da Stefano Roncoroni (2013), derivano dalle false informazioni fornite nel 1965 dal fratello di Ettore, Luciano, a Edoardo Amaldi. L’equivoco si riverbera anche sull’ultimo albergo di Ettore, che dal 23 febbraio era il Bologna, in via Depretis n. 72.

Queste ‘bugie’ rivelano che la famiglia intendeva nascondere certi dati, poi venuti automaticamente a galla, con la pubblicazione stessa delle lettere scritte da Majorana nel 1938, potuta avvenire perché la sorella Maria, rimasta sola poiché ormai erano scomparsi gli altri suoi quattro fratelli (Luciano, Salvatore e Rosina erano deceduti prima del 1973), nel marzo di quell’anno, aveva messo a disposizione di Erasmo Recami l’epistolario di Ettore, poi pubblicato nel 1987 (sebbene censurato in alcuni passi delle lettere da Lipsia in cui si elogiava la rivoluzione nazista in Germania).

Già da questo si comprende che la teoria della morte precoce nel 1939 dello scomparso nel marzo 1938 è falsa.

Le lettere del 1938, pubblicate da Recami nel 1987, sono 9 in tutto. E queste lettere sono tutte quante perfettamente autentiche.

False altresì le insinuazioni, non dimostrate, che ne manchi qualcuna, anche se tra il 22 gennaio e il 23 febbraio c’è effettivamente un buco epistolare (comunque spiegabile), e che l’ultima lettera per la sua famiglia, lasciata nella stanza dell’albergo Bologna, dove Ettore non farà più ritorno, pur avendo scritto il contrario nell’ultima lettera per Carrelli del 26 marzo, spedita da Palermo, sia un falso fabbricato dai fratelli, Salvatore e Luciano, imitandone la calligrafia.

E’ una catena di illazioni infondate, mirate allo scopo di far passare per accettabile, addirittura alla stregua di un punto fermo, l‘assurda ipotesi della morte precoce nel 1939, sulla base delle dichiarazioni di un terzo, una lettera del 22 settembre 1939 di un padre della Provincia dei Gesuiti del Veneto, certo Ettore Caselli (vedi altri nostri pezzi al riguardo).

L’aver tirato fuori, ma soltanto nel 2012, documenti del genere, sprovvisti di ogni capacità probatoria, è la prova di un tentativo (maldestro) di depistaggio. La lettera del Padre Caselli, che era già nota ad Amaldi nel 1965, fu invece da lui scartata. Dopo la scomparsa, nulla più si seppe di Ettore Majorana. Questa la conclusione di Amaldi nel saggio biografico del 1966. Ma insieme a una catena di errori (paragrafa finale n. 8 del saggio) che dipendevano dalla reticenza della famiglia, equivocata in radice da Stefano Roncoroni nel 2013, un Majorana per linea materna.

Dove si trova l’originale della lettera del Padre Caselli, che comunque non è in grado di provare nulla? Neppure questo è stato rivelato, per cui siamo sempre costretti a indovinare. Ed è poi verissimo che non si può risolvere un caso enigmatico, moltiplicando gli interrogativi.

Quale sarebbe il grado di credibilità e autorevolezza, di chi fa affermazioni palesemente assurde, e non provate, come quelle, tuttavia inconciliabili, della morte nel 1938 (suicidio oppure omicidio), e della morte precoce nel 1939, dopo aver ‘giocato a nascondino’ per più di un anno, senza accorgersi che la prima lettera da Napoli è già piena di segnali, come anche tutte le altre lettere a seguire? La scomparsa di Majorana fu una sparizione per lettera, in cui l’ipotesi stessa del suicidio giustificava più messaggi. Non si può dire nulla del caso differente, così Ettore lo definiva, se non si analizzano a fondo quelle lettere, nei limiti del thema decidendum da lui imposto e prefissato. Il resto è vaniloquio. E difatti sono uscite fuori ipotesi aberranti e contraddittorie. Ettore apparentemente mentì a suoi cari. Perché lo fece, e quando iniziò a mentire?

Chi pretende di risolvere il caso Majorana ignorando questi precisi vincoli, è destinato a inventare e a girovagare a vuoto, forzando ogni volta la logica.

6* Majorana pubblicò il suo ultimo e giustamente famoso articolo sui neutrini nel 1937, in occasione del concorso a cattedre, su Il Nuovo Cimento, rivista di alto livello, di cui lo zio Quirino era condirettore. L’articolo uscì nel numero di aprile.

A maggio la stessa rivista pubblicava un articolo sull’effetto Raman, di cui erano autori congiunti il prof. Antonio Carrelli e il suo giovane assistente Francesco Cennamo (che era nato nel 1910). Cennamo, in seguito, si sposerà con Gilda Senatore, la bella e bionda allieva di Majorana, a Napoli.

All’allieva, il 25 marzo mattina, Ettore aveva consegnato a mano, prima di sparire per sempre, una cartella contenente il testo delle lezioni (compresa quella di sabato 26 marzo, che non si tenne per via dell’improvvisa scomparsa: testo poi sparito nel nulla), dicendole: << Poi ne parleremo, poi ne parleremo >> (parole, queste, in cui risuonava già ‘Palermo’).

Ettore, aggiornatissimo, non poteva ignorare il cognome di Cennamo, e storpiarlo in Caccemo, come fece per lettera, è un segnale, che appunto serviva a mettere in maggior evidenza la frase seguente: Vi è anche un professore di fisica terrestre difficile a scoprire. (Vedi lettera dell’11 gennaio 1938). Intendendo anche che a “Napoli” sarebbe rimasto qualche tempo. Non nell’albergo Napoli, ma proprio a Napoli città.

Recami corresse arbitrariamente in Cennamo, riproducendo il testo della prima lettera di Majorana da Napoli (vedi E. Recami, Il caso Majorana, pag. 196, IV, 2002). Il prof. F.Guerra (2011,Perugia, intervento audio registrato) voleva far passare la storpiatura per “Caccamo” (città della Sicilia), ma Ettore scrisse Caccemo.

E’ un esempio delle tante sottigliezze contenute nelle lettere di Majorana del 1938, del tutto trascurate da Autori che preferiscono invece presentare ipotesi assurde e contraddittorie. La prima lettera da Napoli inaugurava una serie di segnali destinati esclusivamente ai suoi familiari. Nessuno ha voluto segnalarli, e, di recente, sapendo che lo scrivente li aveva correttamente interpretati e portati a conclusione, qualcuno ha tentato di negarlo. Invano, perché questi segnali esistono veramente, sono tutti testuali, e appartengono a una serie significante, assolutamente precisa e convergente.

7* Albergo “Napoli”, e non albergo “Patria”. Il primo albergo scelto da Ettore fu il Napoli. La differenza è fondamentale. Anche se poi risulterà che a metà febbraio, prima di stabilizzarsi definitivamente al Bologna, Ettore per un breve periodo stette anche all’albergo Patria, dove lo ritroverà il cugino Francesco Majorana, figlio dello zio Giuseppe (già Rettore dell’Università di Catania), che si era portato a Napoli per superare degli esami professionali di Stato, portandogli da Roma i cambi della biancheria. La correzione del Napoli con il Patria fu imposta da Salvatore Majorana ad Amaldi, nel 1965. Eppure Amaldi conosceva il testo di questa prima lettera del 1938, perché nel famoso saggio biografico (paragrafo n. 8), ne riporta correttamente alcuni passi.

Raccomando agli interessati al caso Majorana la lettura del recente saggio di Stefano Roncoroni, pagine 400, Editori Internazionali Riuniti, Roma, marzo 2013. Lettura veramente importante per i nuovi documenti pubblicati, del tutto sconosciuti. [Il libro tuttavia non è in grado di offrire novità rilevanti sulla fine di Majorana, mentre contiene considerazioni estreme, prive di fondamento: vedi pezzo a parte).

Salvatore Majorana, con una lettera inviata a Edoardo Amaldi il 21 giugno 1965, gi imponeva la correzione dell’albergo “Napoli” di Napoli in “Patria”. Luciano Majorana, in una lettera precedente ad Amaldi (il 18 giugno 1965), così gli scriveva: << Hai reso benissimo la sensazione di Ettore che tutto fosse da rifare. Egli adoperava da maestro le armi che si possedevano nella guerra contro l’ignoto, ma la sua mente era rivolta alla ricerca di un’arma nuova, che tutto sconvolgesse semplificandolo. Era questa sensazione che lo portava alla sua acuta critica che poteva sembrare spietata, ma che era rivolta alle opere e mai agli autori >>.

Il paragrafo n. 8, che chiudeva il saggio biografico di Amaldi su Majorana, pubblicato sotto il patrocinio dell’Accademia dei Lincei (Amaldi, detto “il Cucciolo”, o “Adone”, era stato uno dei famosi ragazzi di via Panisperna), è palesemente sbagliato, ed è persino inficiato da contraddizioni testuali, su aspetti essenziali della “scomparsa”. Come mai? Perché tanta reticenza da parte della famiglia, durata fino a quando Maria Majorana decise di mettere l’epistolario di Ettore in mano di Erasmo Recami, che peraltro le era stato raccomandato da Leonardo Sciascia?

La spiegazione sta nella prima lettera da Napoli, in cui Ettore aveva inventato Caccemo (Vi è anche un professore di fisica terrestre difficile a scoprire), e nella successiva lettera da Napoli del 22 gennaio 1938 (sabato): << [...] Sono ancora al Terminus, ma andrò prossimamente in una pensione. Carrelli è tuttora a Roma.Il tempo si è rimesso al bello. Nel corso della prossima settimana sarò a corto di denaro, perciò potresti pregare Luciano di ritirare la mia parte del conto alla banca e magari di mandarmela tutta, tenuto conto delle mille lire che mi ha dato ultimamente. Ho buoni indirizzi per pensioni datimi dall’infermiera[...] >>. Non un raffreddore o un’influenza per Ettore, di salute precaria. Il 9 marzo scherzava: Come va con lo sport invernale?Qui c’è un tempo bellissimo, ideale per navigare nel golfo. “Et-scìii” era quello sport invernale degli stranuti.

Da Palermo, domenica 27 marzo mattina, arriverà ad Antonio Carrelli un sole all’alba, su quello stesso foglio di carta intestata del Grand Hotel Sole -Palermo, con due numeri di telefono in evidenza. In tedesco e in inglese, “domenica” significa il “giorno del sole”. Ettore invece scomparve. Non è però difficile capire che nessuno eliminò Majorana e che non morì nemmeno nel 1939 come da ultimo si è cercato di far credere ricorrendo a un equivoco verbale.

(avv. Arcangelo Papi, 10 febbraio 2014)

 

Lascia un commento

Devi essere connesso per inviare un commento.