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Ancora su Majorana

 

 

 

Ettore Majorana di profilo

Lettera aperta a un Autore su Majorana

Caro Francesco, 

 

Ti sto dando del Tu, ma rispettosamente: nessuno di noi vorrebbe mai andare all’inferno per bugie o per aver diabolicamente perseverato nell’errore. Occorre partire dalla buona fede e darsi reciprocamente atto che la discussione deve essere leale, aperta alla verità, come vuol essere questa lettera.

Dialetticamente la provocatio dicendi si fonda sull’argomento morale homo ad hominem ponendo in primo luogo la questione della sincerità. Nessuna strumentalizzazione o secondi fini. Neanche per esigenze altruistiche. Soltanto la più schietta visione personale, ma possibilmente sorretta da argomenti solidi e coerenti. E il vivo desiderio dell’acquisizione del vero, che non sempre è possibile soddisfare, anzi, spesso si rimane senza risposte, però è questo l’unico atteggiamento che può accomunare scrupolo e ricerca. 

C’eravamo dati un tema. Non importa a quali rispettivi livelli. Tu sei un noto studioso, oltre che un fisico di massimo livello. Il tema che ci eravamo dati riguardava l’indagine sulla scomparsa di Ettore Majorana, argomento da Te esplicitamente escluso nel bel saggio del 2008, ma poi preso in esame, e, del resto, tornato d’attualità. Ad esempio: è lui l’uomo della fotografia del 1950?

Perché mai Erasmo Recami (non solo lui: e poi quando) l’avrebbe ‘spedito’ in Argentina? La questione del passaporto non è secondaria, nemmeno nel caso del caro estinto del 1939.

Si negherà il passaporto, si escluderanno anche i soldi. Si negherà tutto. E le prove?

Ti sei messo nei panni scarlatti del Censore, affermando che l’uomo del 1950 non era Majorana, ma potevano esserlo, invece, un Gustav Wagner o un Alois Brunner, che mai andarono in Argentina, e che nel 1950 non potevano trovarsi a bordo di quella nave salpata da Genova.

Perché hai fatto dei nomi completamente fuor di luogo senza risolvere il problema dell’identità alternativa? Alquanto singolare, mi pare di poter dire, il caso di non essere in grado di poter riconoscere ufficialmente il terzo passeggero della nave, a differenza degli altri due, a cosi tanti anni di distanza.

I tuoi due articoli del 2011 e del 2012 non mi sono sembrati aderenti. L’atteggiamento mi è parso aprioristico e non corretto. E non era neanche coerente. Obietterai che c’era già stato un riscontro negativo, eseguito al computer, secondo certi parametri. A mia volta replicherò che il confronto non è stato correttamente eseguito, non avendo utilizzando un campione migliore, sicuramente disponibile, ma non nel mio caso.

Hai criticato su una rivista ufficiale, a me interdetta, il riconoscimento di Majorana in quell’imbarazzante fotografia. La verifica al computer, da te non menzionata, confermerebbe l’errore. L’uomo della fotografia non è Ettore Majorana. Questa la conclusione. Perché, allora, due nomi fuori posto come Wagner e Brunner, palesemente estranei?

Il thema decidendum aveva – in primis – a oggetto la “scomparsa” in fieri, perché scomparire in quella maniera, e la sparizione in factum esse, vale a dire il poi, il dopo, ciò esulando dall’esame critico di una sparizione per lettera.

Il prima è cosa diverso dal dopo. La fotografia appartiene a un non impossibile dopo ma è questione diversa.

Che cosa spinse Majorana ad agire apparentemente in quella maniera, senza telefonare da Palermo, quando invece proprio così avrebbe dovuto fare (dato e non concesso che a Palermo ci sia andato veramente, con l’intenzione iniziale di uccidersi, durante il viaggio notturno di andata in nave, ma ripensandoci durante la traversata)?

Il dopo, secondo Te, consiste nella morte prematura dello “scomparso” che sarebbe avvenuta nel 1939, e non si sa bene perché, per tanti mesi, Ettore abbia voluto giocare a nascondino con i suoi cari.

Aveva con sé i soldi e il passaporto, oppure no?. Sapeva o no nuotare?

E perché agì in quella maniera?

Il dopo eventuale dell’Argentina non è il dopo del caro estinto nel 1939.

Sarebbe morto all’estero, oppure no? Non c’è alcun certificato di morte. Sai dunque dove sarebbe stato sepolto?

Il caro estinto, da Te definito un punto fermo, era noto a Edoardo Amaldi, che nel 1966 però lo scartò: << Non si è saputo è più nulla >>.

Se permetti, forse i Lincei contano un po’ più de Il Nuovo Saggiatore, e, com’è chiaro, anche della rubrica Opinioni, di cui ti sei servito. Le opinioni non impegnano troppo la verità scientifica. Rimanendo tali, perché sarebbero un punto fermo?

Ai primi di aprile del 2011 la Procura della Repubblica di Roma aprì una indagine penale conoscitiva, che ancora non si sarebbe chiusa con un nulla di fatto.

Non si tengono aperte indagini costose e complesse per un caso di morte avvenuta nel 1939 con la rassegnazione e il silenzio impnetrabile della famiglia. Qualcosa non quadra, non si sa a chi prestar fede al momento. Con la stranezza che un certo signor “Bini” – fotografia per nulla rassomigliante – avrebbe invece presentato una somiglianza col padre dello scomparso, se non fosse stato che la rassomiglianza potesse forse avere un altro termine di relazione, confermando quell’altra fotografia un articolo pubblicato sul Corriere della Sera alcuni mesi dopo in maniera soft. Non ci si raccapezza.

La domanda ad hominem sarebbe questa: se, infatti, c’era un solido “punto fermo” perché tu, caro Francesco, non lo comunicasti subito agli Inquirenti?

Risponderai che soltanto dopo ci si è imbattuti in quel documento del Padre Ettore Caselli, datato 22 settembre del 1939. Era ormai tardi, e inutile.

Cosicché pubblicavi un secondo articolo, nel 2012, con le stesse modalità del primo, spiegando – adesso – che quella lettera del Padre Caselli giaceva presso l’archivio storico de “La Sapienza” a Roma, alias l’archivio Amaldi, oppure cambierai versione? Perché se è così, allora Amaldi scartò il tio punto fermo nel 1966, e riproporlo nel 2012 sembra assurdo.

E’ poi scientifico’ agire a puntate, rivelando la ‘verità’ un po’alla volta?

Nel primo articolo non hai dimostrato nulla. Nel secondo dichiari di conoscere la verità, senza prove dirette. E come poter avere la certezza che la copia della lettera del Padre Caselli, da Te esibita, è autentica? Infine, dove si troverebbe l’originale?

Sarebbe invece ‘scientifico’ censurare chi dissente. Ed è poi ‘scientifico’ far passare ai pregiati Lettori certi messaggi, come: 1) le ragioni criticamente indagabili della scomparsa ‘per lettera’, si trasformano adesso in un gioco a nascondino; 2) un documento fotografico non palesemente affetto da limiti dirimenti e preclusivi rappresenterebbe invece un’altra persona, la cui identità è però improponibile, almeno stando ai tuoi suggerimenti, oppure rimarrebbe del tutto ignota.

La provocatio dicendi come argumentum ad hominem è servente rispetto alla serietà e completezza del discorso ‘critico’. Il prima è stato trascurato, il dopo è dato per certo, come “punto fermo”.

Obietterai che il Tuo “punto fermo” non concerne la scomparsa in sé, ma attiene soltanto al dopo. La raggiunta ‘certezza’ della morte precoce nel 1939, diversi mesi dopo la scomparsa e prima di una data certa, risolve la questione. Il resto non conta.

Ma la contraddizione fatale di quest’argomento – cioè il caro estinto, il compianto Ettore Majorana – sta nel fatto che il padre gesuita Ettore Caselli non poteva certamente disporre d’un certificato di morte per quelle sue affermazioni, ancorché rivolte alla Famiglia del presunto scomparso, semplicemente perché non c’è mai stato un certificato di morte.

Il certificato manca in modo obiettivo e seguitano a mancare la tomba, le spoglie databili, e anche la memoria e la pietà funebre. Insomma, manca sempre il cadavere. Cioè, manca tutto. Siamo sempre d’accapo. Manca persino il passaporto come documento d’identità nel caso di riconoscimento della salma.

Ettore morto chissà come e in un luogo imprecisato, ma al di fuori della giurisdizione territoriale dello Stato italiano dell’epoca: questo hai scritto.

Quelle affermazioni, rimbalzate sulla Famiglia, da parte del Padre Caselli, considerate da Te ed altri come “punto fermo”, cosa proverebbero, di fatto, non essendo stata esibita nemmeno la lettera di richiesta ai Gesuiti della Provincia di Venezia da parte di Salvatore, il fratello maggiore dello scomparso?

Senza considerare la stridente contraddizione di un geloso e tremendo segreto di famiglia, mantenuto a costo di occultamento o soppressione di cadavere, però reso di pubblico dominio proprio dalla Rivista Missioni che allo scomparso si riferiva. Si rimane sconcertati.

E chi avrebbe giocato sui doppi sensi? La domanda è legittima. Scomparso caro estinto. Oormai, dopo 33 mesi si rischia la confusione. Nel 1940 lo zio Giuseppe Majorana non parlava di un morto o caro estinto del 1939. Cosa ne dovremmo pensare?

Tu, cosa risponderesti? Ettore scomparve per farsi cercare da tutti, fu poi ritrovato per caso, vivo o morto, chissà. Comunque egli si spense nel 1939, chissà come e chissà dove; e fu sepolto in tutta segretezza, dopo averne recuperato le spoglie, che si trovavano in un luogo misterioso, sicuramente al di fuori della giurisdizione italiana (San Marino, Città del Vaticano ecc.: ma non in un convento di religiosi dopo i Patti Lateranensi del 1929), per cui finalmente la Famiglia ne rivelò il decesso al Padre Ettore Caselli per quella fondazione pia in memoriam.

Poi, nel 1965, la Famiglia del compianto Ettore trasmise a Edoardo Amaldi una copia del documento, che era autentico? O risponderai aggiustando il tiro, a puntate, affinché non ti si possa rivolgere alcuna obiezione ?  

C’è una verità in fieri, evidentemente non ancora conseguita (“altri articoli successivi“). E più che lecito domandarselo: quale sarebbe il preteso Punto Fermo? Era forse un “punto mobile”?

Se il caro estinto fosse dirimente, con ciò sarebbe stato soddisfatto l’onere della prova?

Onus probandi incumbit eo qui dicit. Quindi, l’onere della prova del contrario spetterebbe ora a chi asserisca fatti ostativi o modificativi? 

La morte si prova col cadavere o per equivalente (potrebbe essere anche l’esibizione del passaporto: per provare almeno che lo scomparso fu rintracciato vivo o morto).

Invece manca tutto, manca anche il certificato di morte. E poiché il Padre Caselli – da Te chiamato in causa, ma a suo tempo ignorato da Amaldi – non poteva disporre del certificato di morte, che difatti manca, allora non poteva nemmeno parlare in termini oggettivi e certi di caro estinto.

Dunque, non hai fornito alcun punto fermo. Ti sei invece contraddetto, hai inserito una trama invisibile, surrettizia ma non dichiarata, e hai scambiato un’espressione verbale per un fatto reale.

E poi, quale prova ci sarebbe stata sulla autenticità di quella lettera da te riportata non in originale? 

La rivista mensile Missioni, nel pubblicare quella stessa notizia, il documento qui è certo, parlava di scomparso: per cui il vero “punto fermo” consiste  in ciò che sapevamo già dall’inizio. Cioè che Ettore Majorana è “scomparso”. Il suo cadavere, infatti, non si trova. Non indichi la tomba.

Ma ho fiducia in Te e penso che saprai presto chiarire tutto e fugare ogni dubbio, sebbene per ora si debba registrare il vuoto, e con ciò anche una trama implicita, purtroppo coinvolta, ma chiaramente assurda: sia pure che i propositi di suicidio fossero reali, o al contrario che fossero insinceri.

Nel primo caso Ettore avrebbe dovuto telefonare da Palermo, tutto appianando; nel secondo caso, avrebbe ‘giocato a nascondino’.Dov’è la razionalità? Possiamo forse farne a meno?

La logica è la grande assente nel preteso “punto fermo”. Forse, è successo a ragion del fatto che ti sei persino scordato delle lettere del 1938?

Contano o no queste lettere, rispetto a quella del Padre Caselli di cui non fornisci la prova di autenticità e il necessario antecedente epistolare?

I miei dubbi formano un muro di diffidenza. Le lettere del 1938, inviate dallo scomparso, qualcuno dotato di raziocinio è riuscito a spiegarle? 

Queste lettere sono caratterizzate da due livelli testuali: al primo livello c’è una serie convergente di segnali anticipatori del dopo, mentre al secondo livello, in stretta relazione con i segnali, si colloca abilmente un sillogismo o teorema logico costringente, che dimostra – in modo autentico – che il lutto era impossibile ex ante, dichiarando – ex post – le ragioni nascoste di una scomparsa dolosa di scopo, avvenuta a esclusivo danno dei propri familiari. Al terzo livello, altrettanto riconnesso, si ponevano ulteriori dettagli rimasti a disposizione (ultime parole dello scomparso).  

La pretesa – da Te non provata – di sostituire la verità autentica del protagonista con le affermazioni fatte di rimbalzo alla Famiglia, da parte di un estraneo, insomma il caro estinto, il compianto Ettore Majorana cui la fondazione o pia borsa di studio era stata intestata (ma indifferentemente: se vivente o defunto), t’imporrebbe – a stretto rigore termine – la prova tangibile del cadavere, che prima o poi saprai offrire, a puntate.

 

Intanto ti ho fornito i principi essenziali per recuperare la verità autentica dello scomparso sulla ‘sua’ scomparsa secondo il rigoroso thema decidendum concepito dall’Autore di se stesso, che seppe ritagliarlo nel suo preciso spazio logico, in modo esaustivo e completo, senza possibilità di equivoci.

 

Ti sarei comunque grato, viceversa, se volessi a tua volta segnalarmi due cose: 1) è vero o falso che Amaldi conosceva già quella lettera del Padre Caselli? 2) risponde forse a verità che la madre dello scomparso, che pagò l’importo della pia fondazione, e la sorella Maria, nulla sapevano di quella morte precoce nel 1939?

Di queste chiare riposte potranno avvantaggiarsi i tutti i Lettori dei tuoi due articoli pubblicati su Il Nuovo Saggiatore, rivista ufficiale della S.i.f.

 

Cordiali saluti, 

Arcangelo                                

 

 

* Ritengo utile e corretto riportare detti articoli, liberamente reperibili sul web, in appendice a questa mia lettera aperta.  

      

Opinioni

 

 

 

INFELICI LUOGHI COMUNI

 

Caro Direttore,qualche giorno fa, nel corso della trasmissione Prima Pagina su Radio3, nel commentare i problemi che affliggono l’università italiana, il conduttore G. Riotta sosteneva che i corsi di laurea in Fisica, disciplina nella quale in passato il nostro paese si è distinto con altissimi contributi, sarebbero oggi in crisi come dimostrato da aule tristemente deserte. Avendo presieduto per anni il Consiglio d’Area Didattica in Fisica del mio ateneo, ho ritenuto doveroso replicare a queste affermazioni, che non rispondono alla realtà dei fatti, anche per difendere l’impegno col quale la comunità dei fisici italiani ha lavorato negli ultimi anni per recuperare l’interesse dei giovani studenti per la Fisica e per le altre materie scientifiche ed arginare la “crisi delle vocazioni” per le lauree scientifiche manifestatasi negli anni Novanta. Come dimostra il grafico sotto riportato, pubblicato dal Consorzio AlmaLaurea di Bologna, dopo un minimo toccato nel 2000, gli immatricolati ai corsi di laurea in Fisica, Chimica e Matematica sono in lenta ma costante ripresa. Alla Sapienza, Università di Roma, nel presente anno accademico (2010/2011) ci sono oltre 300 immatricolati nella classe Fisica, contro i 179 del 2000/2001. Non si può evitare di notare che il 2001 sia l’anno di entrata in vigore della riforma del 3+2, additata da molti come la causa principale di tutti i mali dell’università. Questo dimostra di nuovo come i media preferiscano spesso i luoghi comuni ad una analisi dettagliata di un sistema complesso, ma decisivo per il futuro del paese, come quello dell’università. Per citare altri esempi di scarsa attenzione, mentre da un lato i media si focalizzano continuamente sulle classifiche generali come quella del QS World University Ranking, nella quale le università italiane faticano a entrare nelle prime 200, dall’altro omettono sistematicamente di citare altre graduatorie, come ad esempio quella suddivisa per facoltà della stessa QS, nella quale la Facoltà di Scienze Matematiche Fisiche e Naturali della Sapienza si colloca al 30° posto nel mondo, o le classifiche che analizzano l’eccellenza scientifica, come quella tedesca del CHE Ranking per la Fisica, nella quale tra i 70 dipartimenti di Fisica europei definiti “eccellenti” compaiono ben otto dipartimenti italiani. Questo non vuol dire che il futuro sia roseo o privo di elementi di preoccupazione: l’eccellente livello didattico e scientifico della Fisica, comune a molti dipartimenti italiani, è messo seriamente in pericolo dai tagli lineari applicati indiscriminatamente alla spesa per l’Università. Per fare un esempio, a causa dei pensionamenti e del blocco del turnover, già nel prossimo anno accademico a Roma non saremo in grado di coprire gli insegnamenti fondamentali di ben 3 indirizzi su 7 della nostra laurea magistrale. Nei prossimi anni saremo costretti inoltre a ridurre il numero di canali paralleli nei primi anni della laurea triennale, col risultato di avere aule sovraffollate (e non certo deserte), a scapito di una didattica capillare basata su un rapporto diretto tra docenti ed allievi, che è parte del successo riscontrato dai nostri corsi in questi ultimi anni. Concludevo invitando il conduttore, anche in qualità di direttore di un grande giornale nazionale, ad approfondire questi temi, ma ho ricevuto solo, in privato, una risposta superficiale e liquidatoria. Sappiamo come sia difficile ottenere dai mezzi di informazione attenzione su problemi complessi, difficilmente traducibili in titoli ad effetto. Dobbiamo però anche avere coscienza del ruolo dei media nell’orientare l’opinione pubblica e l’agenda politica su argomenti decisivi per lo sviluppo scientifico e tecnologico del nostro paese. È quindi una nostra precisa responsabilità non rinunciare a farci sentire.

Egidio Longo Dipartimento di Fisica Sapienza Università di Roma

 

OPINIONI Online First 5 novembre 2010 

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ETTORE MAjORANA SUL PIROSCAFO

Caro Direttore,il quotidiano nazionale la Repubblica, nella sua edizione di domenica 17 ottobre, ha pubblicato con grande rilievo un articolo, secondo cui il noto fisico teorico Ettore Majorana, al momento della sua scomparsa nel 1938, si sarebbe trasferito in Germania per lavorare con gli scienziati tedeschi alle armi segrete del terzo Reich, e successivamente, nel 1950, sarebbe stato fotografato insieme con il criminale nazista Adolf Eichmann, in fuga dall’Europa su una nave in rotta verso l’Argentina. Nei giorni successivi Repubblica ha ospitato una lettera del Presidente della Società Italiana di Fisica, in cui si sollevavano critiche sostanziali sulla fondatezza di queste ipotesi. Prima di intervenire sull’argomento, abbiamo atteso alcuni giorni, certi che si sarebbe arrivati a una smentita delle presunte rivelazioni su Majorana. Questo non è avvenuto, per cui riteniamo opportuno fornire alla comunità dei fisici alcune considerazioni di fatto, che mostrano che il contenuto dell’articolo di Repubblica è completamente destituito di ogni fondamento. Qui ci limitiamo a una breve sintesi. Una presentazione più estesa e dettagliata si può trovare nella sezione Online First de Il Nuovo SaggIatore alla URL: http://www.sif.it/SIF/ resources/public/files/ opinioni/op_1011_guerra_ robotti.pdf Il contenuto dell’articolo di Repubblica è basato su presunte rivelazioni fornite dal Prof. Giorgio Dragoni dell’Università di Bologna. Il riconoscimento fotografico riguarda una immagine, che è stata pubblicata nel libro di Simon Wiesenthal dal titolo Giustizia, non vendetta, la cui prima edizione in italiano, presso Le Scie, risale al 1989. Riportiamo la foto nella fig. 1, in una versione facilmente rintracciabile su internet. L’articolo è corredato da uno schema identificativo, riportato in fig. 2, in cui il volto dello sconosciuto, alla destra di Eichmann, è paragonato con il volto di Ettore Majorana, nella scala verticale opportuna, seguendo i riferimenti delle linee vol26 / no5-6 / anno2010 > 103

orizzontali allineate all’estremo superiore delle orecchie, agli occhi, alla base del naso, alle labbra e al mento. L’estremo inferiore delle orecchie non viene considerato. La seconda dimensione utilizzabile dell’immagine fotografica, quella trasversale, viene trascurata. Agli effetti di questo riconoscimento Dragoni si sarebbe rivolto alla più prestigiosa istituzione italiana in fatto di indagini scientifico-forensi. Quale sia questa prestigiosa istituzione non viene detto. L’esistenza di un rapporto dettagliato firmato non viene assicurata, né vengono citati i nomi di chi abbia disposto l’indagine e di chi ne sia il responsabile. In realtà, senza nessuna indagine forense, chiunque si accorge del fatto che l’uomo alla destra di Adolf Eichmann ed Ettore Majorana sono due persone completamente diverse. Innanzitutto, lo sconosciuto chiaramente non è siciliano (ricordiamo che l’aspetto di Majorana è stato qualificato come “saraceno”). La foto di Majorana è stata opportunamente riscalata in modo da poter paragonare le linee orizzontali. In questo modo però non si ha corrispondenza con le dimensioni trasversali. Si noti di quanto più larga sia la parte superiore della testa dello sconosciuto, rispetto a quella di Majorana. Se si riscala l’immagine secondo le dimensioni trasversali, in modo che si abbia congruenza tra i due crani, allora si perde completamente la corrispondenza delle linee orizzontali tracciate sui due volti. Rilevante è inoltre la differenza marcata delle orecchie, e l’andamento generale delle spalle. D’altra parte, dalle ricostruzioni storiche della fuga di Eichmann in Argentina, avvenuta nel giugno-luglio 1950 con il piroscafo Giovanna C in partenza da Genova, sappiamo che Eichmann era accompagnato da due SS, una delle quali era lo Sturmführer Herbert Kuhlmann, che potrebbe essere identificato con lo sconosciuto alla sua sinistra nella foto. Per quanto riguarda l’individuo alla destra di Eichmann, egli non è certamente un “saraceno”, ma ha un aspetto nordico. Volendo azzardare un “riconoscimento’’, date le circostanze della foto, si potrebbe pensare ad uno dei tanti ufficiali SS collaboratori e sodali di Eichmann, come per esempio Gustav Wagner, oppure Alois Brunner. Nella versione Online First abbiamo riportato foto di Kuhlmann, Wagner, e Brunner. Queste considerazioni, relative all’insensatezza dell’idea che la persona alla destra di Eichmann sia Majorana, valgono indipendentemente dall’esistenza di una presunta perizia firmata da parte della prestigiosa istituzione. Uno dei nodi centrali dell’articolo è costituito dalla scoperta che lo sconosciuto è Majorana. Questo riconoscimento, come abbiamo visto, è completamente infondato. Risulta poi sconcertante l’uso fatto da Dragoni di una lettera scritta da Gilberto Bernardini a Giovanni Gentile jr, conservata nel fondo archivistico “Giovanni Gentile jr’’, depositato a cura della Famiglia Gentile presso il Dipartimento di Fisica dell’Università di Roma “La Sapienza’’, che è stata pubblicata per la prima volta in una nostra monografia del 2008, dedicata all’attività scientifica e accademica di Ettore Majorana, edita dalle Edizioni della Scuola Normale Superiore di Pisa. La parte più significativa della lettera, di cui forniamo la prima pagina nella sezione Online First, è costituita dalle frasi iniziali: ”Caro Giovanni, come puoi immaginare la notizia di Majorana mi ha dato una vera gioia. Non è molto bello forse, ma in compenso non è una cosa così tragica come si pensava e ci se ne può rallegrare’’. Anche se la lettera è senza data, dai contenuti scientifici in essa riportati abbiamo potuto concludere che è stata scritta verso Aprile-Maggio 1938, ed è quindi posteriore alla scomparsa di Majorana. Dragoni afferma che nel 1974 avrebbe intervistato Gilberto Bernardini, all’epoca Direttore della Scuola Normale Superiore di Pisa, mostrandogli la lettera, e chiedendo “un chiarimento su quelle righe enigmatiche”. Gilberto Bernardini avrebbe risposto: “Lei sa che io conosco la scelta fatta da Majorana? Non è una scelta che le farà piacere. Ettore si trasferì in Germania per collaborare alle armi del terzo Reich”. Ma nel 1974 Dragoni di certo non conosceva ancora la lettera, in quanto, come da lui stesso ammesso in un suo libro recentemente pubblicato nel 2009, ne era venuto a conoscenza solo tramite la nostra monografia. D’altra parte, è impossibile che Bernardini potesse sapere di un presunto coinvolgimento di Majorana sulle armi del terzo Reich, assolutamente ignoto ai servizi segreti degli Alleati, che durante i combattimenti nel 1944 e 1945, e dopo la resa, avevano accuratamente setacciato l’intera Germania alla ricerca di informazioni relative alle ricerche tedesche sulle armi. Gli interi archivi furono sequestrati. In particolare la Missione Alsos si occupò delle ricerche nucleari. Inoltre tutti i maggiori scienziati tedeschi coinvolti nella ricerca nucleare furono trattenuti a Farm Hall per sei mesi, nel 1945, allo scopo di ottenere tutte le possibili informazioni, anche tramite l’uso di microfoni nascosti. Rinviando alla versione più completa su Online First, possiamo concludere che il riconoscimento fotografico è inimmaginabile e che le presunte rivelazioni di Bernardini sono completamente infondate, per cui il contenuto dell’articolo di Repubblica è totalmente destituito di ogni fondamento. Solo le future ricerche storiche, sulla base di inoppugnabili documenti, potranno risolvere il problema del destino di Majorana. La Storia della Fisica è una disciplina seria, e va condotta con le necessarie norme di rigore scientifico e correttezza deontologica.

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Fig. 1 Eichmann è al centro accompagnato da due passeggeri anonimi.

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Fig. 2 Il presunto riconoscimento di Majorana nel volto dello sconosciuto alla destra di Eichmann.

 

 

 

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Francesco Guerra e Nadia Robotti

 

 

Dipartimento di Fisica, Sapienza Università di Roma,

Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, Sezione di Roma 1,

e Dipartimento di Fisica, Università di Genova

 

OPINIONI Online First

15 novembre 2010

 

 

 

 

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